A The Master, Scientology e l America degli anni 50

The Master, Scientology e l America degli anni 50

 

Paul Thomas Anderson continua nell'opera di raccontare storie esistenziali di uomini confusi, tormentati, spietati o solo apparentemente sicuri di sé. La sua è una narrazione a tutto tondo che prosegue una filmografia ricca e articolata, che mantiene questo trait d'union nella volontà di ripercorrere la strada intrapresa a suo tempo da Balzac con la sua “commedia umana”.

The Master presenta da questo punto di vista un interesse tutto particolare per la scelta di un soggetto che rappresenta non soltanto la crisi interiore di alcuni individui (interpretati magistralmente da Joaquin Phoenix e Philip S. Hoffman) ma quella di un intero popolo. La narrazione Andersoniana, sempre ancorata allo psicologismo, diventa qui analisi di un fenomeno sociale. Il campo di riferimento è l'America post-bellica. Quella di una generazione che esce a pezzi dalla Seconda Guerra Mondiale, nonostante la vittoria finale. La crisi è esistenziale ma è una crisi di massa. Di individui che, sia perchè sconvolti dalle esperienze personali di guerra, sia perchè tormentati dalla crisi di riferimenti culturali positivisti, cercano un qualche appiglio per ridare un senso alla propria presenza sulla Terra.

In questo senso la visione che Anderson dà della nascita di Scientology è qualcosa di profondamente differente dalla visione empirica cui siamo abituati. Studiata nelle università come un caso anomalo di “setta religiosa” il movimento viene qui ricondotto alle sue pulsioni umane più contradditorie: non che manchino i riferimenti al fenomeno economico-commerciale del fenomeno, né alla sua astrusa mancanza di reale scientificità; ma nemmeno ci si limita a ricondurre tutto a queste dimensioni puramente materiali. Anderson riesce invece nel difficile intento di mettere in rilievo i contrasti che lottano tra di loro nel leader fondatore del movimento: erudito, scienziato, filosofo e grande amante della vita e dei suoi piaceri. Eppure un personaggio in fondo poco propenso al dialogo, se questo va a scuotere il nuovo il suo sistema di credenze. È questa incapacità di fondo l'aspetto più tragico della vicenda: il sistema sociale, para-scientifico e filosofico-religioso che nasce per rassicurare l'uomo diventa ben presto una gabbia da cui diventa impossibile sottrarsi senza riprecipitare nell'abisso più profondo. Quello che serviva a ricostruire una ragione di vita e ricomporre una qualche forma di socialità diventa presto l'unica ragione di vita ammissibile, tesa a mantenere unita (ed anzi espandere) quella grande famiglia che ha trovato la sua ragion d'essere in questa avventura.

Anderson ci mette in guardia dall'inquadrare in maniera troppo schematica gli eventi che ci circondano, per quanto li troviamo grotteschi e assurdi. Ci ricorda invece la complessità delle emozioni e dell'animo umano, così fragile e indifeso da essere capace delle peggiori irrazionalità per la propria autodifesa personale.

In questo senso si cala la vicenda di Freddie Sutton (Phoenix), personaggio che dopo essere rimasto racchiuso nelle gabbie della guerra vorrebbe trovare sì un senso alla propria vita, ma non al prezzo di rigettarsi in un'altra “prigione”. Se rimane al fianco di Lancaster Dodd (Hoffman) è perchè trova un appiglio cui aggrapparsi nel suo carisma e nella sua amicizia, non certo nella sua dottrina. Ma quando questa diventa troppo stringente salta fuori il desiderio naturale di Freddie: quello di rimanere fedele alla vita, dapprima cercando di ritrovare nel proprio passato (più nello specifico nell'amore) il proprio destino, poi, vistasi fallire questa possibilità, recuperando quella dimensione erratica di fuga alla ricerca di un mondo privo di sbarre ma capace ugualmente di ridare razionalità a quel che ci circonda. Non siamo così distanti dal vagabondaggio esistenziale raccontato da Kerouac in On The Road.

Nell'America grigia e impastata degli anni '50, ci dice Anderson, questa è la tragica semplicità difficile a farsi che sancisce la nascita di un bivio: o la ricomposizione della vita borghese all'insegna di nuovi valori idealistico-metafisici, o il tuffo nell'individualismo anarchico, confuso e asociale. Sembra una storia ancora attualissima.

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