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7/10

Kidnapped, Il Rapimento regia di Arie Posin

Drammatico
recensione di Alessandro Pascale

Il film è un ritratto amaro e cinico della provincia americana, dove in un quartiere di periferia, dove la vita scorre apparentemente perfetta, vive l'adolescente Dean Stiffle. Dean è un teenager solitario, poco considerato dalla società e poco ascoltato dalla famiglia, composta da un padre che lo usa come "cavia" per i suoi scritti di psicologia, una madre troppo attaccata al senso della famiglia e un fratello più piccolo. Il suo unico amico è Troy, che però si toglie la vita impiccandosi in camera sua, sarà proprio Dean a trovare il corpo dell'amico, ma terrà per se la notizia. Troy era un noto pusher che riforniva droghe alla scuola, così un gruppo di bulli cerca, attraverso Dean, di venire in possesso della scorta di Troy, a tutti i costi, fino al punto di minacciare di rapire ed uccidere il suo fratellino. Ma per loro digrazia il bambino rapito risulta un'altra persona.

Al suo esordio alla regia Arie Posin regala un'opera assai interessante, in grado di sviluppare diverso materiale di prima categoria: innanzitutto è interessante l'aspetto sociale del film, che trasforma una perfetta cittadina di periferia (tutta villette, giardini e ricchezza straripanti in ogni angolo) nel peggior ricettacolo di tensioni, ansie e psicosi nascoste un po' da tutti i personaggi che compaiono nella storia che ruota attorno alla vicenda della morte di Troy, spacciatore preferito della scuola.

Questo ambiente così apparentemente perfettino, in realtà morboso e corrotto fino al midollo, non può non ricordare la serie televisiva Twin Peaks di David Lynch, toccandone in certi casi le stesse punte di umore grottesco (ma tralasciandone gli aspetti più visionari e onirici).

E' il mondo come rappresentazione scenica quotidiana, per dirla alla Goffman, o quello in cui ogni attore indossa la sua maschera che ad un certo momento però diventa asfissiante e deve essere tolta (Pirandello). Kidnapped ci precipita nel momento in cui la goccia ha fatto traboccare il vaso, scatenando il vaso di pandora che manda in frantumi il fragile equilibrio dell'incantevole paesino.

Quasi un film politico di fatto, che come L'Onda e Elephant racconta i problemi di una gioventù annoiata dai soli beni materiali e incapace perciò di trovare un qualsiasi scopo alla propria vita. Di qui anche la denuncia di distopica origine con cui si racconta l'imponente giro di droga tramite pillole farmaceutiche buttate giù come fossero vitamine.

Pillole che molto spesso vengono dati dagli stessi incoscienti genitori, incapaci di educare i propri figli e in balìa degli eventi. La soluzione è quella di far trangugiare ipocritamente le pillole della felicità o “dell'equilibrio”, secondo l'inquietante ricetta che aveva già previsto il buon Aldous Huxley in Brave New World: qualsiasi cosa per essere felici, meglio drogati piuttosto che tristi.

Interessante anche la scelta di lanciare uno sguardo frammentato su un gruppo ampio di personaggi di tutto rispetto (cast in effetti decisamente notevole), raccontandone le vicende con una narrazione corale assai simile alla maniera di Paul Thomas Anderson. Nel complesso però forse non si riesce sempre a tenere le redini degli eventi, e il senso della vicenda sfugge un po' via in molte scene. D'altronde per essere un esordio c'è già abbastanza materiale per essere contenti così.

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