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R Recensione

10/10

Elephant regia di Gus Van Sant

Drammatico
recensione di Pasquale D'Aiello

La narrazione si svolge nell'arco di una sola giornata, che sembrerebbe assolutamente normale, passata in un ambiente scolastico (comprensiva di dialoghi tra ragazzi, tra studenti e professori, partecipazioni a lezioni, e così via). La trama percorre la situazione da soggettive differenti.

John è la "guida" che percorrendo la scuola ci mostra la vita scolastica e gli studenti. Michelle, studentessa timida ed emarginata per il suo aspetto fisico e la sua goffaggine nelle attività motorie, si occupa dell'organizzazione della biblioteca. Brittany, Nicole e Jordan sono tre ragazze ossessionate dal proprio corpo e dall'apparire. Per riuscire ad avere un corpo perfetto, conforme agli standard della moda, le tre cadono vittime della bulimia. Elias è un ragazzo solitario e sognatore amante della fotografia.

I personaggi centrali della giornata sono Eric e Alex, due ragazzi con la passione per le armi. Alex è inoltre appassionato di musica ed Eric di videogiochi violenti. Tutto pare normale, fino a quando, a fine giornata, Eric e Alex in tuta mimetica vanno nella scuola, seminando morte e terrore.

 

Opera stra-ordinaria premiata col massimo riconoscimento alla 56-esima edizione del festival di Cannes. Il regista statunitense lavora intensamente sulla sua opera per poter scomparire dietro i suoi personaggi. La prima scomparsa e' etico-morale. La spinta alla narrazione e' evidentemente, di per se' una sottolineautura della rilevanza del tema trattato: la violenza omicida e stragista nelle scuole a stelle e strisce. Tuttavia, il regista non vuole esporre una sua opinione sull'argomento, non vuole ricercare le cause del fenomeno, vuole che i personaggi parlino da se'. Ovviamente cio' e' impossibile ma la sua pellicola e' quanto di piu' vicino possa esserci a tale obiettivo. La realta' e' filtrata direttamente dai personaggi del film: gli adolescenti-studenti. Ognuno di loro ha uno sguardo specifico, unico. Non esiste lo sguardo generazionale. Questa scelta e' evidenziata da riprese con steady cam che si posizionano dietro il soggetto e lo seguono nei suoi movimenti quotidiani, realizzando cosi' la seconda scomparsa: il punto di osservazione del narratore. Spesso viene messo fuori fuoco tutto il resto.

E' un mondo di individui-monadi, capaci di scambiarsi messaggi ma sostanzialmente isolati tra loro. Il massimo della relazione possibile e' il rapporto amicale morboso, cementato dalla patologia psichica: l'anoressia o la follia omicida. Le stesse scene sono ripetute piu' volte, riviste nelle visuali dei diversi soggetti. Scopriamo come le vite siano intrecciate, spesso inconsapevolmente. Come le vite di ognuno siano piene delle vite degli altri. La consapevolezza di essere calati nelle vite dei protagonisti e' racchiusa nelle lunghe scene basate sui piani sequenza in cui seguiamo l'ordinario flusso di vita dei ragazzi impegnati in attivita' apparentemente insignificanti.

Dopo aver scarnificato la narrazione dall'impianto motivazionale, logico-analitico, quello che resta e' la visione della realta' emotiva. Ed e' una realta' di dolore. Anche qui il regista vuole sottrarre al pubblico la sua personale sensazione emozionale, non vuole rimarcare le emozioni, il dolore di questi adolescenti deve penetrare in noi lentamente, gradualmente, senza colpi di scena che spalanchino il nostro cuore, distillandosi in noi freddamente. Questa via di ingresso e' garanzia di maggiore permanenza dentro di noi. Il cavallo di Troia usato e' l'ellissi, la sottrazione, la cesura, il non visto, il non spiegato, il non detto.

Il senso di incredulita' si installera' in noi, facendoci chiedere perche'. La sofferenza mostrata, proprio in quanto mostrata puo' essere quantificata e, dunque, possiamo mettere in moto il nostro lavoro di elaborazione e di superamento, operarndo equiparazioni e confronti. La sofferenza non mostrata e' non misurabile, im-mensurabile, non misurata, im-mensa. Cosi' non vedremo le adolescenti provocarsi il vomito, non vedremo se morira' Elias, ragazzo dolce e sensibile, non vedremo se morira' la coppia di fidanzatini, non vedremo il ragazzino-killer che uccide il suo complice, cancellato il suo gesto, disperso e imprevedibile come il mutare delle nuvole. Chi vuole farci soffrire davvero, non ci parlera' mai piu'. La lontananza e' l'unica vendetta (e l'unico perdono).

 

V Voti

Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 13 voti.

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Marco_Biasio (ha votato 8 questo film) alle 12:25 del 4 agosto 2011 ha scritto:

Recensione centrata. Film bellissimo e straziante. In un suo senso, anche molto poetico. La durata contenuta aiuta ad amplificare il messaggio o, meglio, l'assenza di messaggi palpabili e comunicabili. Van Sant ha tentato di ripetersi in seguito con "Paranoid Park", ma il tentativo non è a mio avviso riuscito.

Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 18:08 del 13 agosto 2011 ha scritto:

a suo tempo non mi convinse tanto proprio per la scelta tecnica, a mio avviso eccessivamente ripetitiva, a tratti noiosa, estenuante. Certo i minuti finali sono da brivido, ma il resto era fin troppo statico. Certo è un'opera forte che merita comunque apprezzamento per la tematica, la volontà di far riflettere (e quanto è attuale sto film, Breivik insegna...) e anche comunque per la scelta coraggiosa della narrazione. Ottima recensione e complimenti a Pasquale

bargeld (ha votato 8 questo film) alle 12:03 del 17 agosto 2011 ha scritto:

Geniale, adoro.

dalvans (ha votato 6 questo film) alle 12:12 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

Sufficiente

Nulla di più

tramblogy (ha votato 9 questo film) alle 20:33 del 14 dicembre 2012 ha scritto:

Stupendo. E attuale....sigh