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8/10

Ben X regia di Nic Balthazar

Drammatico
recensione di Alessandro Pascale

Ben è un ragazzo adolescente vittima, suo malgrado, di terribili atti di bullismo che deve subire ogni giorno, nella sua scuola. Per sfuggire a questa crudele realtà, si rifugia in un mondo virtuale quando gioca a un gioco di ruolo online di ambientazione fantasy chiamato Archlord. In questo mondo virtuale, si sente più sicuro di sé e più coraggioso. In più, da un anno ha una sorta di relazione platonica con un'altra utente del gioco, una ragazza che si fa chiamare Scarlite.

Ben X è un film che ti ammazza con una serie di pugni lancinanti allo stomaco. Ti prende alla gola, ti stravolge emotivamente, ti fa scorrere una devastante lacrima in un finale tragico e lancinante (merito anche di una scelta musicale azzeccatissima quale quella dei Sigur Ros), in una parola ti stronca dall’inizio al termine della visione mettendoti di fronte l’immagine irreale e “fantastica” di un disadattato quale Ben, ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger che non riesce a relazionarsi in maniera adeguata nel terribile mondo dell’adolescenza scolastica.

Eppure Ben è un ragazzo in gamba, intelligente, fisicamente ben messo, sensibile e dotato di una grande passione per i videogame. Tutte caratteristiche che se equilibrate in una giusta misura permetterebbero a chiunque di vivere in maniera normale e anzi anche un pochino sopra la media. Ma l’equilibrio purtroppo è l’unica qualità che manca a Ben, assieme alla sicurezza di sé e alla capacità di usare quel coraggio e quella fierezza che contraddistinguono il suo personaggio virtuale nel mondo fantastico del gioco di ruolo Archlord.

Per questo Ben nel mondo reale è un perdente. Uno che le prende dal mondo ogni giorno che passa. Perché i vincenti non sopportano i perdenti e ancor meno li sopportano i perdenti che si credono vincenti. Qui entra in gioco la matrice sociale del film: il bullismo e la sempre maggiore crisi dei valori nel mondo giovanile (ma non solo) che conducono a non provare nessun tipo di compassione o pietà neanche per i portatori di handicap. Ne sappiamo qualcosa nel nostro Belpaese, perciò non ci sconvolge più di tanto sapere che la storia da cui è tratto il film è tristemente vera.

La questione sociale però è un argomento del tutto secondario che riesce solo a rafforzare il vero punto di forza dell’opera di Balthazar (brillante esordiente alla regia), capace di caratterizzare in maniera commovente questo ragazzo incerto, insicuro, sfumato, psicologicamente allo sbando, senza per questo scadere nella ricerca della facile tragicità un po’ troppo costruita. C’è sincerità nel personaggio di Ben, e per questo grande merito va ovviamente anche all’attore esordiente Greg Timmermans. Riuscitissima anche l’alternanza tra immagini di vita reale e di “gioco virtuale”, costante necessaria per rappresentare la dualità psicologica di Ben.

Una dualità che nel finale sfuma sempre più, diventando indistinto e irreale, fino a toccare punte di lirismo sognante come in pochi negli ultimi anni hanno saputo regalarci (penso soprattutto al primo Michael Gondry). Funzionale l’utilizzo delle interviste, anche se queste sono inevitabilmente il punto debole della struttura complessiva, che trova invece il suo punto di forza nella narrazione sciolta e nella focalizzazione sul protagonista. Ultima nota prima della visione: preparate qualche fazzoletto.

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