R Recensione

8/10

Incontri A Parigi regia di Eric Rohmer

Romantico
recensione di Francesco Carabelli

Incontri fortuiti, caso, destino guidano gli eventi che accadono nei tre episodi di questa pellicola. Coppie e triangoli amorosi che si formano e si sciolgono, amore ed arte  caratterizzano questa matura opera del regista transalpino. Cosa rimarrà alla fine degli eventi?

Rohmer sembra presentarci una summa del suo cinema con questo piccolo gioiello uscite dalle sue abili mani e assurto ad icona del suo cinema (vedi critiche dei Cahiers du cinema). L’ambientazione come si capisce dal titolo è quella parigina. Su questo sfondo avvengono incontri casuali o meno e si intrecciano le storie di giovani innamorati ed amanti: Esther viene a sapere da un amico che il suo ragazzo si vede con un’altra. Il caso la farà incontrare con questa donna ed insieme andranno ad incontrare il proprio uomo, mettendo fine a questo triangolo amoroso; una giovane matematica è innamorata di un professore di lettere, ma nel frattempo convive con un altro uomo. I due si incontrano in segreto nei parchi cittadini e si scambiano effusioni in pubblico. Quando decidono di sfruttare un viaggio del fidanzato di lei per passare una notte assieme, scoprono che questi la sta tradendo con un’altra e alloggia nello stesso hotel in cui loro avevano deciso di soggiornare come turisti a Parigi. Da ultimo il segmento dedicato alla pittura: un giovane pittore viene visitato da una conoscente di origine svedese, ma la trova poco interessante e cerca di scaricarla. Sulla sua strada però incontra una ragazza ginevrina che lo affascina non poco. Accompagnatala al Museo Picasso reincontra la giovane svedese che aveva lasciato poco prima, ma dopo poco, riesce a scaricarla di nuovo e seguendo le tracce della ginevrina, riesce ad avere un incontro con questa e ad invitarla nel proprio atelier dove avrà luogo una discussione sull’arte e le donne. Storie intricate, forse sicuramente ben congeniate in modo da costruire sul caso il destino delle coppie coinvolte: incontri fortuiti, casualità, destino. Questi tre elementi caratterizzano queste vicende e rendono amabile nel suo insieme quest’opera leggera e spumeggiante. Come leggera è la costruzione che privilegia come sempre in Rohmer gli ambienti naturali e la luce tenue. Come già in altri film, penso in particolare a Racconto d’estate vi è un uso delle carrellate molto ben studiato. Come afferma Rohmer queste carrellate, ottenute nel maggior parte dei casi grazie ad una camera a mano posta su una sedia a rotelle, non sono solo laterali o con movimento ad indietreggiare, ma alternano questi due movimenti dando una direzione circolare al movimento, come ben si vede nella sequenza in cui il pittore e la giovane ginevrina si spostano dal Museo Picasso all’atelier. In questo modo visione frontale e visione di profilo si completano dandoci l’integrità dei protagonisti. Il film è girato in 16 mm con attori allora non professionisti, studenti di una scuola di cinema, ma i risultati sono ottimi per la capacità degli stessi di dare verosimiglianza e spessore ai personaggi . Belli gli intermezzi tra un episodio e l’altro sottolineati dall’utilizzo di canti tradizionali eseguiti con fisarmonica a voce per le vie di Parigi. Sono una costante che da legame agli episodi rendendo meno brusco il cambiamento di situazioni. Questa pellicola, soprattutto l’ultimo episodio lascia spazio ad una riflessione sull’arte , comunque ben presente in tutto il film con opere d’arte che costellano lo spazio filmico (stampe d’autore, giardini con statue, fontane, architetture contemporanee). L’arte diventa soggetto di discussione nel segmento dedicato al pittore dove emergono riflessioni estetiche generali ed analisi delle opere di Picasso che ne mettono in luce le qualità e i limiti. La riflessione sull’arte va di pari passo con la riflessione che traspare sull’amore, un amore che in Rohmer risulta un amore mai del tutto compiuto, che trova sempre sulla propria strada degli ostacoli che pongono fine ad un percorso che si sta svolgendo in modo travagliato. Potremmo parlare di un’incompiutezza dell’amore che caratterizza in qualche modo l’opera di Rohmer e la rende in qualche modo unica ed inavvicinabile.

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