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10/10

L'Age Atomique regia di Héléna Klotz

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

Due giovani a Parigi di notte. La vita notturna, le delusioni, i litigi, un'amicizia che si rafforza...

Esiste un nuovo cinema francese? È questa la domanda che i Cahiers du Cinema si sono posti in questi ultimi mesi e che ha lasciato spazio a molti reportage sulle nuove generazioni del cinema francese, in particolar modo nel numero di aprile 2013, dove il capo redattore Stéphane Delorme analizza il panorama dei nuovi registi, mettendo in luce come ci troviamo in un momento di cambiamento, che guarda agli anni ’70 e ’80, oltre che alla Nouvelle Vague, alla ricerca di un lirismo che per venti anni è quasi totalmente mancato al cinema francese, che ha guardato alla realtà con intenti sociologici, dimenticandosi l’amore, la poesia e l’innovazione filmica.

Esempio di questo rinnovato lirismo è l’ultima opera (Holy Motors) di un regista che ha trovato successo negli anni ’80, ma che poi ha dovuto scontrarsi con la nuova tendenza sociologica del cinema francese e dopo lo sconforto della lunga e difficoltosa lavorazione de Gli amanti del Pont-neuf ha realizzato solo due lungometraggi e qualche corto nel giro di venti anni. Sto parlando naturalmente di Leos Carax.

Ma, guardando ai giovani, il lungometraggio di Héléna Klotz, figlia del regista Nicolas Klotz, sembra assecondare in pieno questa “nuova onda” raccontando con taglio poetico la nottata di una coppia di amici, Victor e Rainer, che venuti a Parigi  dalla periferia, per ballare in un disco club, si ritrovano a far fronte a una serie di delusioni amorose, da cui usciranno indenni solo grazie alla loro amicizia, che si rinsalderà. La storia in sé potrebbe sembrare banale, ma è il modo in cui la regista la realizza che ci colpisce. La poesia emana dalle immagini e dalle parole dei due giovani, alla ricerca di una storia importante che dia senso (direzione) alla propria vita. La Klotz rinserra l’attenzione sui due, utilizzando molto spesso il controcampo, soprattutto nelle sequenze iniziali, per poi optare per una visione d’assieme dei due amici, con delle inquadrature in piano medio, che hanno un che di pittorico. Splendidamente fotografata è la notte parigina, grazie all’utilizzo della camera digitale, che permette di riprendere anche laddove non ci sia illuminazione aggiuntiva. La coppia di amici è interpretata molto verisimilmente da Eliott Paquet e Dominik Wojcik, che sanno caratterizzare l’amicizia/amore tra i due personaggi, l’emigrato e poeta Rainer e il francese passionale Victor. Vi è in Rainer qualcosa del romanticismo, anche nel suo modo di esprimersi che si rifà ai poeti tedeschi di inizio ottocento, mentre Victor esprime la gioventù contemporanea, ricca di aspettative per il futuro, ma anche spesso delusa dalla realtà. Le attese deluse, lo scontro con la realtà di un amore con l’altro sesso segnato spesso da difficoltà ed incomprensione, le illusioni (gli incontri con Rose e Cécilia), portano i due amici a trovare sostegno nel loro rapporto amicale. L’amicizia che sembra nel finale avvicinarsi ad un amore omosessuale, risulta l’ancora di salvezza per una gioventù alla ricerca di un’identità e di rapporti veri e non fugaci. La regista ha scelto i sue due interpreti principali senza un vero e proprio casting, ma ricercandoli per strada e nei bar che frequentava. Di contorno  a Paquet e Wojcik, ci sono un pugno di giovani promesse attoriali, tra le quali spicca Niels Schneider, già attore per il noto regista canadese Xavier Dolan. Le vicende sono sottolineate dalle musiche di Ulysse Klotz, fratello della regista. La musica diegetica e quella extradiegetica spesso si mescolano e si confondono, con una prevalenza di una musica elettronica molto soft, che non distoglie l’attenzione dagli interessanti dialoghi scritti dalla regista per i suoi interpreti. Le riprese si sono svolte rapidamente, in soli 12 giorni, grazie alla velocità di ripresa della tecnica digitale (sono stati utilizzati degli apparecchi fotografici con funzione video, che hanno dato un aspetto molto particolare al lungometraggio ricordando l’atmosfera dei polizieschi notturni girati in pellicola). La regista si è buttata in questo progetto, al limite del documentario, a partire dalle proprie esperienze notturne a Parigi, dopo un periodo travagliato, in cui era alla ricerca di finanziamenti per un altro film, poi non realizzato. All’inizio e alla fine del film vi sono degli inserti sonori di discorsi di presidenti americani del periodo della Guerra Fredda (età atomica da cui prende il titolo il film), ad indicare il disincanto della gioventù di oggi che è lontana nel tempo per mentalità e comportamenti da questa età seppur così vicina, pur vivendone ancora  le conseguenze. Il film ha partecipato alla sezione Panorama del Festival di Berlino 2012 vincendo il premio Fipresci. La regista ha vinto inoltre il premio Jean Vigo 2012. La Klotz ha intenzione di realizzare, a partire da questo lungometraggio, una trilogia che parli della gioventù contemporanea.

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alexmn 5/10

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