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7/10

Suffragette regia di Sarah Gavron

Storico
recensione di A. Graziosi

Suffragette è il film sugli anni caldi della lotta per l'emancipazione femminile che portò le donne alla conquista del voto nel Regno Unito.

Nelle piazze Emmeline Pankhurst (il Premio Oscar Meryl Streep), attivista e politica britannica, guidava il movimento suffragista femminile del Regno Unito alla vigilia della prima guerra mondiale e infervorava le donne gridando "Noi non siamo contro la legge! Noi vogliamo fare la legge!"; intanto Maud Watts (Carey Mulligan, vincitrice del BAFTA e candidata all'Academy Award per An Education per cui è diventata una delle attrici più acclamate della sua generazione) lavorava in fabbrica per 13 ore al giorno, dall'età di 8 anni. E subire le pesanti avances del padrone era normale e Maud e le sue compagne sono tra le pioniere del lungo percorso verso la conquista della parità dei diritti. Questo si racconta in Suffragette, un film che parla della lotta delle donne, iniziata con l'ottenimento del voto.

Un team di filmmakers prevalentemente al femminile mette abilmente in scena e riporta alla luce un pezzo di storia generalmente poco sottolineato nei libri scolastici, ovvero quello del primo femminismo militante inglese. Di solito viene narrato di donne benestanti e ben vestite che sfilano bianco-vestite, ma Suffragette, diretto da Sarah Gavron (nomination BAFTA Award e BIFA Award per Brick Lane), e sceneggiato da Abi Morgan (The Hours, The Iron Lady, Shame), si pone l'obiettivo di superare questo pregiudizio e di mostrare il culmine della lotta di donne di tutte le età e condizioni sociali per ottenere pari diritti. Una lotta che nel secondo decennio del Novecento (1912) smette di essere pacifica e diviene estremamente pericolosa per chi la intraprende venendo stigmatizzata e ostacolata dal governo al pari di quella anarchica.

Chiave focale del punto di vista di Suffragette è Maud (Carey Mulligan), personaggio fittizio - ispirato da più donne realmente esistite - che si ritrova a vivere fatti realmente accaduti storicamente e a conoscere le principale esponenti del femminismo dell'epoca, in graduale avvicinamento alle sue "milizie". Visto che, pur senza volontà di colpire esseri umani - di vera e propria guerriglia urbana si trattò (taglio delle comunicazioni, violazioni di proprietà privata, etc.), la regista punta molto sulla camera a spalla per dare un tocco maggiore di vividità alle scene di azione, che nel film sono parecchie e fondamentali per il ritmo e il racconto della storia.

Nel mare di period biopic - spesso purtroppo un po' manieristici - che hanno "invaso" le sale negli ultimi anni, la regista Sarah Gavron, con il supporto delle produttrici Faye Ward e Alison Owen, opta per apprezzabile un approccio più moderno che accorci le distanze con il pubblico. Pur basandosi su una suggestiva palette di colori viola e verde (quelli della bandiera femminista), i reparti fotografici, scenografici, costumi e trucco hanno cooperato in un'unica direzione: quella di non abbellire o stilizzare eccessivamente ambienti e attrici, cercando di conferire realismo e contemporaneità al mondo di Suffragette. Donne con forze e debolezze, come quelle di oggi, ma che si ritrovano a vivere nell'esasperato contesto del passato che, soprattutto scendendo nella scala sociale, le vede nel quotidiano subìre perché prive di diritto di voto, di proprietà e di dignità.

Le interpretazioni sono senza dubbio eccellenti e il casting è perfettamente azzeccato: dispiace quasi appunto che non sia stato dato più spazio ad alcune suffragette coprotagoniste. Sotto questo aspetto il film si rivela un po' indeciso se buttarsi sulla coralità o sul canonico protagonista unico, lasciando personaggi interessanti un po' sacrificati sull'altare di una più semplice e tradizionale immedesimazione.

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