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7/10

Piccole Bugie tra Amici regia di Guillaume Canet

Drammatico
recensione di Alessandro Giovannini

Un gruppo di amici ultra-trentenni di Parigi ha programmato la solita gita annuale a Cap Ferret (sulla costa atlantica della Francia, a circa 70 Km da Bordeaux), senonchè uno di loro è vittima di un incidente stradale, e si trova in condizioni gravi in ospedale. Dopo essersi consultati un po', i nostri decidono di partire ugualmente, almeno finchè il loro amico non sarà in condizioni favorevoli a permetterne la visita. Durante il soggiorno (la casa è del più facoltoso del gruppo), fatto di sollazzi e gite in barca, al posto del relax emerge una rete di segreti, bugie più o meno grandi, cose dette a metà, nervosismi, manie e malumori reciproci che sveleranno altarini e verità scomode nei rapporti fra ognuno di essi.

E' il regista stesso a dichiarare le sue fonti di ispirazione: Il grande freddo (1983) di Lawrence Kasdan, Mariti (1970) di John Cassavetes, i film di Sautet in generale. Commedie corali, francesi ed americane (di queste ultime in particolare si sente l'influsso) che Canet ha preso a modello per dipingere il suo affresco sul precariato esistenzial-sentimentale della sua generazione nei tempi moderni.

Vite disorganizzate o incasinate, ma sempre entro le soglie della credibilità. Il rischio dei film corali di solito è quello di dar vita a tante macchiette o tanti stereotipi, non approfondendo nessun personaggio con il risultato di produrre automi invece che persone. In Piccole bugie tra amici, complice l'ottimo cast (fra gli altri Francois Cluzet, Marion Cotillard, Jean Dujardin e Benoit Magimel) il rischio è scongiurato: ciascun personaggio ha la sua giusta porzione di spazio, libero di affiorare nelle sue sfaccettature e di delinearsi come personalità a tutto tondo; solo Max (il personaggio interpretato da Cluzet) nella sua pedanteria, ha un che di spiccatamente comico, mentre gli altri si mantengono su un registro più verosimile, e se esagerano è solo per qualche sbavatura occasionale di sceneggiatura.

Quest'ultima riesce comunque a sostenere le due ore e mezza di film senza stancare, sviluppando quasi solo per scene dialogiche un film molto parlato che ha l'acqua della vita proprio nelle micro-situazioni vissute dai vari protagonisti. Stilisticamente la regia fa di tutto per accentuare l'immersione nell'intreccio: la camera è quasi sempre a spalla con qualche eccezione, fra cui un bellissimo piano-sequenza iniziale, probabilmente realizzato in steadycam, e camera fissa nei momenti topici, sempre accompagnati da brani musicali (a volte un po' stucchevoli). Le inquadrature procedono sempre per piani a figura intera o primi piani, senza mai staccarsi dalla figura umana nè lanciandosi in campi lunghi. Si crea così un'atmosfera leggermente soffocante (specie considerando la lunga durata) che permette però di apprezzare l'espressività degli attori.

Il film ha un buon ritmo, pur con qualche momento calante, il finale ad esempio è leggermente strascicante. Il tono è prevalentemente quello da commedia nella parte centrale, con parentesi drammatiche iniziali e finali e qualche guizzo di comicità spruzzato qua e là, con una buona dose di varietà complessiva. Il risultato finale è un film che appare sia molto "sincero" ed immediato (si cerca cioè di restituire la vita vera negli sbalzi di umore, nella confusione delle idee e dei sentimenti, la schiettezza del dialogo amicale) sia molto costruito (molte "scene madri", qualche ricerca di battuta ad effetto, il tentativo ostentato di colpire al cuore lo spettatore), in un'amalgama bilanciata in grado di muovere a sincera commozione il pubblico. Consigliato.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 1 voto.
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