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5/10

DE LA GUERRE regia di Bertrand Bonello

Commedia
recensione di Arthur Vianey

 

A seguito di un incidente, Bertrand si ritrova rinchiuso in una bara per tutta la notte.

Al mattino, non è più lo stesso. Riconsiderando la sua vita, decide di seguire un uomo in un luogo isolato dal mondo , Le Royaume, a capo del quale si trova Uma , una misteriosa e carismatica italiana.

Traduzione dal francese di Chiara Poy (chiara_poy@hotmail.it)

Secondo Bertrand Bonello (presente allo spettacolo), il film è stato incompreso alla sua uscita. In effetti, gli spettatori non hanno capito la libertà, l’umorismo e la seconda parte del film. Questo spiega, secondo lui, il suo insuccesso.

Si tratta di un film sul desiderio, sui desideri che abbiamo e di quando siamo lontani dal realizzarli. 

Riguardo al titolo, “De la guerre” fa chiaramente riferimento al trattato di Clausewitz, ma non contiene alcun riferimento diretto al libro, se non il titolo. Bonello ci confessa di non averlo mai letto e di considerarlo poco comprensibile.

Siamo subito chiari, non ho del tutto apprezzato il film.

Sebbene abbia numerose qualità, penso che in durata avrebbe potuto limitarsi al cortometraggio o al massimo al mediometraggio. La maggior parte del film ha scene lunghissime, ed essendo un po’ povero di dialoghi, rischia di immergere lo spettatore medio in una rapida e piacevole insonnia.

Vedendo   nel ruolo di Bertrand (Bonello), ci si chiede se non sia la rappresentazione personale di un regista che ha paura della morte. Ci sono davvero delle belle immagini, che subito colleghiamo all’inconfondibile “impronta” del regista. Gli attori sono tutti molto coinvolti nel progetto. Alcune scene sono veramente interessanti, come l’inizio, in cui l’eroe incontra la persona che lo introdurrà (Guillaume Depardieu) nel bosco isolato. Belle, anche le scene di trance nella foresta, molto poetiche ed interessanti, curate sia sotto l’aspetto del sonoro che della fotografia.

Matthieu Almaric dona anima e corpo al progetto. Fa anche piacere vedere Guillaume Depardieu in uno dei suoi ultimi film. In fondo, questo lungometraggio che ha come tema la crescita personale, la guerra dell’uomo in faccia ai suoi desideri, il suo rapporto con l’altro, è fatto per lo spettatore che si lascia andare, come in un’eroica esperienza di trance. Esso non deve cercare una risposta alle sue domande, e il suo stupore di fronte ad uno scenario tanto esteso dovrebbe portarlo ad una sorta d’introspezione.

Per quanto riguarda i punti negativi, si può dire che si tratta di un film sperimentale, abbiamo un po’ di mancanza di continuità nelle scene. Il contenuto del film è misterioso, ricco di enigmi che dobbiamo decodificare senza riuscire a capirli. Bonello vuole mostrare senza mostrare. Lancia dei messaggi tramite citazioni incomprensibili, del tipo: “Io ho ucciso Dio, sono io Dio”.

Per quanto mi riguarda, sono stato un po’ esasperato da questo aspetto “artistoide” e “bohémien” del film. La filosofia di De la Guerre sembra riassumersi nella frase “bisogna divertirsi senza frenarsi”. Un’ideologia in salsa “hippie” , per nulla interessante e profonda.

Infine, abbiamo difficoltà a tenere alta l’attenzione dello spettatore, la lunghezza delle scene rende il film un vero pasticcio. È stato divertente vedere come le persone in sala cercavano di ridere ad alcune scene, e di come le risa abbiano presto lasciato spazio allo sbadiglio…

In conclusione, trovo questo film, nonostante la qualità del suo casting, un po’ deludente.

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