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9/10

Quattro Notti Con Anna regia di Jerzy Skolimowski

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

Leon Okrasa è stato testimone di un abuso su una giovane infermiera. Condannato ingiustamente per aver commesso il fatto e scontata la pena, riprende la sua vita ma la memoria della donna e l'amore che è cresciuto in lui lo spingono a violare la legge e a introdursi di notte in casa sua per osservarla da vicino..l'amore però non è ricambiato...

Il ritorno alla regia di Jerzy Skolimowski non poteva essere più significativo. Questo ritorno è anche un rientro in patria dopo l’esilio volontario  nei tardi anni ’60, dovuto alla censura usata dal regime comunista nei confronti delle sue opere.

Il regista polacco affronta una storia difficile, mettendo  in immagini le vicende di  Leon Okrasa , piccolo operaio di un ospedale di campagna, addetto all’inceneritore. Leon, da testimone di una brutale violenza sulla giovane infermiera Anna, è stato dichiarato colpevole di tale violenza, mancando altri indagati.

La sua è una vita di povertà, come risulta chiaramente dalle immagini, povertà non solo materiale, ma anche di affetti. Vive con la vecchia nonna, che per lui è stata anche madre, ma oramai la sua vita è una vita di solitudine fatta di piccole soddisfazioni come la pesca che pratica nel vicino fiume.

La mancanza di una presenza femminile nella sua vita lo porta ad interessarsi alla vita della giovane Anna, una volta entratone in contatto.

In questo Skolimowski si avvicina con la sua opera ad una pietra miliare del cinema polacco, ossia a quella Breve film sull’amore di K. Kieslowski in cui l’autore polacco si occupava dell’amore non corrisposto di un giovane impiegato delle poste per una donna dirimpettaia di casa.

C’è una tendenza voyeuristica come costante di queste storie. Entrambi i protagonisti amano  e spiano donne che abitano vicino a loro ed entrambi cercano di entrare in contatto con loro, ma con modalità diverse. Leon, ad esempio, decide di mettere del sonnifero nel barattolo dello zucchero di Anna, affinché lei si addormenti profondamente e lui possa violarne il domicilio e passare le sue notti (ben quattro da cui il titolo del film) con lei. Possa così conoscerla attraverso la sua casa, gli oggetti che la arredano e attraverso il  respiro profondo e i mormorii subitanei che caratterizzano il sonno della giovane. Potrà persino festeggiare con lei il compleanno e regalarle un anello diamantato per questa ricorrenza, ma tutto ciò nella notte silenziosa e incosciente che trova la propria fine con la luce del nuovo giorno.

Leon non commette violenza su Anna, ne è solo affascinato, innamorato. Ama osservarla, esserne accanto, sentirne la presenza e la fisicità. Questo amore lo porta a mettere in discussione la legge e il comune senso del pudore. In qualche modo la stessa Anna, quando scoprirà la verità sarà affascinata da quest’uomo pur condannandone il comportamento.

C’è una scena nel parlatorio del carcere dove l’uomo sta scontando la propria pena, nella quale Anna riporta l’anello a Leon, rifiutandolo, ma allo stesso modo riconoscendo il valore di quanto fatto da Leon,  pur non accettandolo moralmente. Anna è conscia di quello che Leon prova per lei e dice di sapere che non è stato lui a commettere su di lei violenza in passato. Questo confronto ci ricorda per certi versi il finale de L’enfant dei fratelli Dardenne; manca tuttavia quella redenzione che caratterizzava la pellicola dei registi belgi.  A differenza di quella pellicola nel film di Skolimowski rimane la disperazione di un uomo solo al mondo che vede infranta l’ultima speranza di amore che dava un senso alla propria vita.

Per passare ad un commento tecnico,  la fotografia è molto ricercata. Ci colpiscono alcune scene iniziali nelle quali la camera accompagna passo passo in carrellata gli spostamenti di Leon.  L’incipit è volutamente equivoco e sembra porci davanti ad un uomo colpevole di qualche grave reato, anche se possiamo solo immaginarlo.

Giustamente Skolimowski parla del suo cinema come di un cinema che mostra anche ciò che può sembrare insignificante a livello dello svolgimento della storia, ma questo ostendere dà verità alla pellicola e ci mette in contatto diretto con i protagonisti facendoci tastare con mano la loro realtà. Anche se mostrare non significa mostrare tutto, ma lasciare talvolta un’ombra che rende misterioso e ambiguo quanto raccontato per immagini, lasciando allo spettatore facoltà interpretativa.

Emerge unna forte fisicità dalle immagini che tuttavia non significa una mancanza di spiritualità, di amore magari rivelati anche solo dal dialogo con i morti o dalle lacrime per la nonna defunta.

Ci colpisce la quasi assenza di dialoghi, riservati solo ai momenti cruciali della pellicola e anche la colonna sonora lascia ampio spazio ai rumori pur non mancando musiche che sottolineino gli stati d’animo dei protagonisti.

Registicamente da segnalare l’uso di flash-backs che palesano allo spettatore il passato di Leon e la sua vicenda terrena.  Flash-backs in cui non mancano scene cruente come la violenza sessuale di Anna o l’interrogatorio di Leon. Questi ritorni al passato sono subitanei, introdotti e chiusi da dissolvenze in nero altalenanti, indecise e per questo tanto più significative.

L’ambientazione è perlopiù notturna e l’illuminazione tende a sottolineare  colori caldi, con immagini pastose che mettono in rilievo i protagonisti.

Un rientro di prim’ordine per un regista dalle sorti alterne,  tuttavia in grado di regalarci momenti toccanti, non da ultimo con il recente Essential Killing, presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia.

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