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7/10

Il Marito Della Parrucchiera regia di Patrice Leconte

Commedia
recensione di Francesco Carabelli

Antoine non riesce a scordare il suo amore adolescenziale per una parrucchiera. Alla ricerca di una donna con cui condividere la propria vita, incontrerà la giovane Mathilde da poco proprietaria di un negozio di parrucchiere. Sarà un amore dolce intenso che caratterizzerà dieci anni di vita della coppia...

Patrice Leconte ci regala un piccolo capolavoro a partire da una storia che a prima vista sembrerebbe inverosimile o comunque poco interessante (egli stesso nonostante l’entusiasmo iniziale ebbe dubbi circa il successo della pellicola durante la lavorazione). È la storia di un uomo, di cui conosciamo il passato, l’infanzia negli anni appena successivi alla seconda guerra mondiale e un amore adolescenziale per la procace parrucchiera, dalla quale si reca spesso per farsi tagliare i capelli, affascinato dalle forme e dagli odori dell’avvenente signora.

Questo amore adolescenziale avrà uno strascico nella vita del protagonista che si prodigherà nella ricerca di una parrucchiera da amare per il resto della sua vita. L’incontro con Mathilde sarà la svolta nella vita di Antoine e l’inizio di una storia tenera di vita assieme nel negozio che i due coniugi gestiranno tra alti e (pochi) bassi spinti da una passione continua e travolgente. Purtroppo però questo amore forte sarà anche la causa della decisione tragica di Mathilde di porre fine ai suoi giorni nel timore che l’amore che vivono abbia una fine prima o poi.

Come nell’amore adolescenziale di Antoine la fine è tragica, ma egli non perde la sua voglia di vivere e continua la sua vita come se non fosse accaduto quel fatto, nella costante attesa del ritorno di Mathilde, così che la vita scorra di nuovo  con regolarità, intervallata dalle danze arabe che sono la passione segreta dell’uomo. Un film che, escluso le scene girate sull’oceano, vive nell’interno di un negozio di parrucchiere è sicuramente una sfida per un direttore della fotografia. Tanto più che il regista decise di ricostruire l’ambiente in studio e così il direttore Eduardo Serra, dovette ricorrere ad un’illuminazione artificiale con tubi fluorescenti, per l’epoca avveniristica (siamo nel 1990). In alcune sequenze sembra ci sia un effetto di sovraimpressione, ma in genere ci si avvicina molto alla luce naturale e lo spettatore non si accorge del complesso meccanismo dietro alla finzione.

Centro e fulcro della storia è questa coppia di marito e moglie amanti e, fotograficamente, questa comunione di spiriti e di corpi è resa con un’insistenza su scene in cui i due compaiono nella stessa inquadratura, ma anche con una contrapposizione di visi e di espressioni che rendono il dialogo profondo che si è instaurato tra di loro. Un’unione solide che vive dell’empatia con i clienti affezionati o saltuari e che è resa possibile dalla recitazione convinta dei due protagonisti, l’italiana Anna Galiena, alla sua vera prima parte da protagonista sulla ribalta internazionale e il francese Jean Rochefort, attore feticcio di Patrice Leconte, che dà qui prova di una grande duttilità riuscendo a dar forma ad un personaggio difficile da rendere sullo schermo per quel suo lato bambino,  ben reso nei momenti di danza. Il film permise a Leconte, dopo i successi francesi di film come Tandem, di raggiungere la notorietà internazionale e di far conoscere il suo cinema dimesso ma passionale con al centro una forte umanità e la sua storia.  

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