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10/10

Deep End regia di Jerzy Skolimowski

Romantico
recensione di Francesco Carabelli

Il giovane Mike, lasciati gli studi trova lavoro come inseriente in un bagno pubblico e sopre l'amore verso una ragazza molto più grande di lui.. mostra spoiler

iniziato cme un gioco la relazione raggiungerà il suo climax concludendosi con un tragico finale...

E' un cinema che ti affascina sin dalla prima inquadratura quello di Jerzy Skolimowski. Immagini che non si scordano per la loro originalità, ma anche per la ricchezza e la purezza dello sguardo. Puro cinema, che guarda negli occhi alla realtà e ce la descrive , al di là di ogni pudore; che ama alternare alla realtà nella sua intensità, uno sguardo immaginifico che la supera e la interroga, lasciando ampio spazio ai simboli.

Purtroppo la filmografia di questo regista polacco (ma operante in Europa Occidentale, soprattutto in Inghilterra) è ai più sconosciuta e la diffusione delle sue opere è ristretta. Alcuni suoi film sono disponibili in DVD prodotti da case francesi o inglesi, ma tutto ciò è ancora molto poco e questo maestro meriterebbe una conoscenza più approfondita. Deep End è la storia di un giovane, Mike, che,  lasciati gli studi, si impiega come inserviente di un bagno pubblico. Qui incontra una collega molto più grande di lui, Susan, (interpretata dalla compagna di Paul McCartney, Jane Asher) di cui si innamora.

Sembra il classico amore adolescenziale, che vive dell'impossibilità dell'ottenere l'oggetto (soggetto?!) desiderato. Susan ha una relazione con un suo coetaneo, Chris, ma, contemporaneamente è l'amante di un professore di educazione fisica, molto più anziano di lei. Susan è tuttavia attratta da Mike. Vede in lui l'innocenza , che ormai lei ha perso e allo stesso tempo vorrebbe essere lei l'iniziatrice di Mike al mondo degli adulti. La storia di Mike è una storia di iniziazione; allo stesso tempo il regista, narrando questa storia, ci dà uno spaccato della società inglese dei tardi anni '60, mettendone in luce le ipocrisie e le contraddizioni, senza cadere però in facili generalizzazioni, ma vivendo e mostrando in profondità il sentire comune di quell'epoca.

Lo spettatore non mancherà di notare l'uso simbolico del colore. I colori tenui iniziali, il verde e il bianco  dei bagni si trasformeranno alla fine nel colore rosso. L'innocenza perduta di Mike, il suo cammino verso la perdita della verginità viene simboleggiato dall'apparire di quando in quando del colore rosso  (vedi l'imbianchino che ripittura le pareti dei bagni). Colore rosso che è già nei titoli iniziali e che ricompare poi sotto forma di vernice e di sangue al termine della pellicola. Il regista inserisce poi provocatoriamente, nella minuziosa descrizione della realtà, degli inserti immaginifici, che si riveleranno  coincidere con la realtà dei fatti così come ricomposta al termine della pellicola.

Proprio il finale è pregno di una poeticità che ricorre in altre scene del film, soprattutto nelle scene ambientate sottacqua. La precarietà, il ritrovarsi dei due giovani nella piscina che si sta riempiendo di nuovo dopo la chiusura domenicale, l'eccezionalità della situazione, quella complicità che si è sviluppata tra i due a seguito della ricerca comune di una soluzione al problema della perdita del brillante dell'anello di fidanzamento di lei, rendono tutto nuovo e insperato. L'amore di Mike  si è realizzato, ma ora lui vorrebbe che questo sentimento di pienezza non fuggisse. Il gesto folle di lui, non trova Susan impreparata. Lei diventa ora cosciente del suo amore, e, lo accetta perché a differenza di chi le impone degli ordini e non la comprende, finalmente si  trova compresa ed è così pronta a regalare la propria vita, realizzando ultimamente l'utopia di Mike (che ora non lo è più!).

Certamente questo finale ha una valenza molto rilevante, se lo si legge nella realtà in cui il lungometraggio nasce, non mancando affatto di un significato politico. Si potrebbe infatti interpretare il film come una domanda sul significato della violenza e della componente utopica che muove chi la compie. Il regista sembra proporci che solo l'uso della violenza (simboleggiata qui dal colore rosso, che assume così un valore polisemico) è in grado di permettere la realizzazione delle utopie o dei desideri più reconditi.

Certo la denuncia di ciò è velata dalla compassione che il regista prova per il giovane Mike e per la gioventù in genere, per l'amore(?) folle che la muove.  

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