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7/10

L'Amore Buio regia di Antonio Capuano

Drammatico
recensione di Alessandro Pascale

A Napoli Irene, una ragazza adolescente, rimane vittima di uno stupro da parte di un gruppo di ragazzi minorenni. L'evento creerà uno shock nella giovane, che solo a fatica riuscirà a recuperare una dimensione di vita "normale". Le conseguenze saranno molteplici anche per Ciro, 16enne che dopo aver partecipato allo stupro di gruppo sconta la pena in un carcere minorile dove inizierà una riabilitazione tormentata fatta di rimorsi e una difficoltà psicologica a rimuovere il rapporto con Irene...

L'amore buio parte come un normale telegiornale nostrano di minzoliniana memoria: gioventù sconsiderata che fa la bella vita lasciandosi andare a furtarelli e scorribande più o meno clamorose. Talvolta però si supera il segno, e si arriva a violentare una liceale reduce da una serata con il suo ragazzo.

Siamo nel napoletano, e regna la camorra. Per questo non va giù a nessuno il fatto che Ciro, uno dei quattro violentatori, si penta e il giorno dopo confessi tutto alla polizia, beccandosi le accuse di spia, traditore e quant'altro, mentre la sua famiglia vede i suoi furgoncini bruciati dai parenti degli altri ragazzi e la propria credibilità sociale distrutta. E' il mondo alla rovescia, dove però la camorra entra a sanare i conflitti svolgendo la propria parte di giudice e arbitro super-partes, garantendo così il quieto vivere a tutti. E' questa la realtà drammatica in cui si trovano a vivere questi ragazzi, cresciuti da genitori incoscienti e codardi che in gran parte rifiutano la ribellione e applaudono solo ipocritamente alle parole di Don Luigi Merola, prete che vive con la scorta per sfuggire alle minacce di “spegnimento” dei clan.

Ma alla base di tutto ciò ci sono anche le condizioni materiali, e il paradosso che in carcere i ragazzi siano seguiti con maggiore attenzione e godano di una maggiore libertà creativa e materiale che nella vita urbana abituale. E' questo il motivo per cui uno dei passaggi più simbolici è quello in cui il padre di Ciro afferma che il vero carcere è quello “là fuori”, e non la sede minorile sita su un'isola dove i ragazzi possono giocare a calcetto, prendere i contributi per la pensione, stare in spiaggia a godersi il sole, imparare attività artigianali e suonare la batteria! “Tutto questo perchè non ce l'avete dato quando eravamo liberi?” E' questo l'atto d'accusa di Ciro, rivolto a istituzioni, psicologi e soprattutto politici.

Questa tematica di denuncia politico-sociale è solo una parte dell'opera L'amore buio, dramma che si pone in continuità con la scuola napoletana (Garrone, Sorrentino, Martone, ecc.) e con quella neorealista, secondo un filone che sopravvive in maniera neanche troppo sotterranea nel cinema italiano dai tempi immemori di Rossellini e De Sica.

A chiudere il cerchio c'è però da segnalare l'attenzione per le problematiche psicologiche che riguardano i due personaggi principali, Ciro e Irene, a loro modo diversissimi eppure legati dalla condivisione di un evento decisivo della loro vita, per quanto brutale e infimo possa essere stato.

E' questo legame che emerge nel simbolico scambio di sguardi finale tra i due, vissuto più spiritualmente che realmente, dopo che per un certo periodo di tempo l'unico contatto concreto è consistito in uno scambio epistolare.

Una nota di elogio per Capuano che non rinuncia, nonostante la sceneggiatura poco pirotecnica, a rinforzare la scena con una regia vivace e massiccia, in cui grande ruolo giocano primi piani di forte intensità accompagnati da lunghi silenzi. Giochetti tipici del cinema italiano che però stavolta non risultano sterili ma colpiscono nel segno, anche grazie all'espressività degli attori (soprattutto Gabriele Agrio, ma anche Irene De Angelis fa il suo nonostante una staticità a tratti eccessiva).

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