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8/10

La Nobildonna E Il Duca regia di Eric Rohmer

Storico
recensione di Francesco Carabelli

La nobildonna inglese Grace Elliott amante del duca d'Orléans, si vede protagonista degli eventi legati alla Rivoluzione Francese alla fine del XVIII secolo. Nonostante tutto rimane fedele ai suoi ideali monarchici e dovrà confrontarsi con la realtà del terrore giacobino...

A 80 anni compiuti il francese Eric Rohmer ha saputo reinventarsi e donarci un gioiellino grazie alle tecniche digitali. L’idea è quella di far rivivere la Parigi della Rivoluzione francese grazie a dei tableaux vivants. Una tecnica originalissima che sfrutta più di 30 tavole dipinte da un’artista contemporaneo a partire dallo studio di opere d’epoca, costruendo delle scene verosimili rese possibili dall’uso dello schermo verde. Mentre per gli esterni  la scena viene ripresa in studio senza scenografia, per gli interni si è ricorso a delle scenografie trompe- l’oeil che ricostruiscono con dovizia di particolari le case parigine del ‘700.

Vi è inoltre una cura approfondita nei costumi ricostruiti a partire da illustrazioni dell’epoca. La storia raccontata da Rohmer si basa sulle memorie della nobildonna inglese Grace Elliott, favorita del duca d’Orléans, la quale si trovò, suo malgrado, testimone degli avvenimenti legati alla Rivoluzione francese e dovette subire pure un processo e la relativa detenzione fino alla scarcerazione una volta calmate le acque, dopo che il regime giacobino ebbe fatto piazza pulita della vecchia nobiltà attraverso l’uso indiscriminato della ghigliottina. Un film storico che si rifà ad opere degli anni ’70 dello stesso Rohmer e si inserisce nel filone di Perceval le Gallois e La marchesa Von, ma che, al contempo, se ne differenzia per le novità introdotte dall’uso delle tecniche digitali, le quali permettono al maestro francese di ridurre i costi legati alla ricostruzione fedele e artigianale degli ambienti dell’epoca.

Un film in qualche modo politico anche se Rohmer non si fa portavoce della reazione,  ma riporta fedelmente lo spirito di una donna che vede in quel momento storico cadere un mondo costruito secondo i valori tradizionali della nobiltà e l’instaurarsi di una società del terrore in nome della fraternità ed uguaglianza degli individui. Gli occhi di questa donna, che compare in ogni singola scena del film quale protagonista e punto di vista unico, ci permettono e permettono a Rohmer di guardare in modo critico alle conquiste della Rivoluzione ottenute a prezzo di un uso indisciplinato della violenza e di darci così una voce fuori dal coro delle celebrazioni di questo evento storico. Proprio a causa di questa interpretazione degli eventi Rohmer non ricevette alcun contributo statale e il suo film non ebbe l’onore di essere presentato a Cannes, ma dovette ripiegare sulla presentazione alla Mostra del cinema di Venezia del 2001, ottenendo plausi e consensi oltre al Leone d’oro alla carriera.

Con quest’opera Rohmer apre un nuovo ciclo di film di carattere storico che lo accompagnerà fino alla sua dipartita, affidandosi ad un cast di attori d’eccellenza (da segnalare l’inglese Lucy Russell nella parte di Grace Elliott e Jean-Claude Dreyfus nelle vesti del duca di Orléans). Non all’altezza purtroppo il doppiaggio italiano, penso soprattutto alla doppiatrice che si fa carico di interpretare la nobildonna inglese che, in alcuni punti, ricorre ad una recitazione affettata al limite del credibile. Peccato per un film di buona fattura che convince l’amante del cinema di Rohmer e che apre prospettive nuove per il film di carattere storico.

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lorenzof.berra alle 18:52 del 11 febbraio 2014 ha scritto:

Oserei dire un affresco ,un grande affresco cinematografico,quando andai a vederlo per la prima volta fu nel 2002,appena uscito,una produzione francese estremamente curata nei minimi particolari ,estremamente tesa a mettere in moto attraverso una politica di derealizzazione estetica,quella teatralita' filmologica dove amore sentimento ,e storia si intrecciano in una sorta di paura e malessere tipiche di un'esistenza minata all'origine da moti fluttuanti di violenza tragica .Rohmer è un regista estremamente colto ,raffinato sia sul piano del montaggio ,sia nella componente filmologica,oserei dire che chi si avvicina al gusto del regista francese fu il celebre "documentarista italiano"Roberto Rossellini, per la sua capacita' storico-fotografica,mentre Luchino Visconti per la capacita' di fare dllo spazio una componente protesico empatica dell'io .La protagonista è una nobildonna ,che non vuole rinunciare alla sua idea monarchica,ritiene che far deporre un re ,e una monarchia ,sia un fatto orribile ,quasi INUMANO! Giorgina Eliott ,vive un forte dissidio interiore ,mentre il mondo rivoluzionario sperimenta le dinamiche "illuministe"direi anche Lockiane,la nostra Nobildonna vive ancora nello stato di non accettazione della rivoluzione come elemento catarticamente necessario,perchè il popolo chiedeva al re una cosa :pane e democrazia!ma non è cosi' ,la monarchia sembra chiudersi in se stessa e con essa le Giorgina la quale non accetta che i moti empatici del genere umano possano sprigionarsi...bella la scana ,tutta svolta nei teatri di posa,dove lei sta piangendo e in lontananza c'è la bella Parigi che fuma ,GRIDA DI DOLORE alla Guenica di Picasso si elevano da lontano ,il sangue riempie le strade ,le guardie svizzere muoiono come mosche,tutto è un terrore,è un climax in totale ascendenza,e lo spettatore vive tale dramma attraverso questa figura femminile incapace di ravvisare in maniera dinamica tali cambiamenti sociali.