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8/10

La tete la premiere regia di Amélie van Elmbt

Commedia romantica
recensione di Francesco Carabelli

Adrien e Zoé si incontrano facendo autostop. Iniziano un viaggio assieme tra Francia e Belgio sulle tracce di uno scrittore che vive vicino a Lisieux.

E' l'inizio di una storia d'amore fatta di avvicinamenti e allontanamenti e che troverà il suo compimento solo nel finale....

C’è il meglio del cinema francofono di oggi in questa produzione belga. Una commedia romantica che per i toni ricorda molto da vicino il cinema di Rohmer, anche se indubbiamente osa di più in alcuni punti e non ha quello spessore intellettuale dei dialoghi del compianto regista francese.

Ma vi sono quei riferimenti alla letteratura e alla religione cristiana, che sono stati una costante dell’opera di Rohmer e che ne hanno caratterizzato l’impianto.

La storia può sembrare banale: due ragazzi si conoscono per caso facendo autostop. Il ragazzo dovrebbe andare a Bruxelles dalla sua ragazza, ma affascinato dal brio dell’autostoppista decide di seguirla nel suo viaggio, del quale scoprirà “nel corso del tempo” (i richiami a Wenders sono involontari) la destinazione ultima. L’intreccio è costruito sugli allontanamenti e i ritorni di questa coppia, sulle indecisioni, su quel desiderio di appartenenza reciproca che contrasta con la volontà di mantenere il rapporto su un piano amicale. I riferimenti d’obbligo sono il Racconto d’estate di Rohmer, ove un ragazzo si trovava a dover scegliere del suo futuro affascinato da diverse ragazze, ma anche altri film del regista francese influiscono sull’opera della belga Amélie van Elmbt in primis l’ultima opera Gli amori di Astrea e Celadon , ma anche, per l’impianto filmico, Incontri a Parigi e ancora Le notti della luna piena. Il tema del triangolo amoroso proposto nella doppia veste di triangolo due donne/ un uomo e due uomini/ una donna, è un tema affrontato più volte dalla cinematografia francofona e il cui esempio più forte è senza dubbio nelle opere di Truffaut, Jules e JimLe due inglesi e il continente, ma anche, più recentemente,   in opere contemporanee come Les amours imaginaires di Xavier Dolan. Ma vi è anche il tema della ricerca di un senso alla propria vita, ricerca che in gioventù è ancora più forte e totalizzante, mossa da ideali e speranze. Gli attori protagonisti (David Murgia e Alice de Lencquesaing)  interpretano con passione i loro personaggi (Zoé e Adrien) e riescono ad essere molto veritieri, dandoci, uno squarcio della gioventù contemporanea disinibita, ma ancora capace di amare e di cercare nell’amore il completamento reciproco e la crescita personale nel dono e nell’affidamento all’altro, pur consapevole di vivere in un mondo in cui tutto avviene rapidamente e che può rapidamente mettere in discussione anche delle relazioni consolidate. Cinematograficamente ci colpiscono questi paesaggi estivi francesi e belgi, che la regista riesce a carpire con equilibrio, componendo delle inquadrature quasi pittoriche, in cui vi è grande attenzione al dettaglio e al posizionamento nello spazio dei corpi dei due protagonisti. Ci colpisce la mancanza di una colonna sonora. La musica appare solo alla fine nelle note di Bach e sottolinea il momento di pathos in cui la protagonista  Zoé deve fare un programma sul suo futuro, una volta raggiunta la meta del viaggio, ovvero la casa del poeta e scrittore, interpretato dal regista Jacques Doillon (mentore della van Elmbt, con la quale la regista ha lavorato in passato apprendendo sul campo i segreti della lavorazione di un film e condividendo con lui il procedimento dell’improvvisazione e del lavoro senza una sceneggiatura prestabilita, oltre che l’utilizzo di una troupe leggera e di un budget limitato), con il quale la ragazza desidererebbe vivere, affascinata dai suoi scritti. Comprendiamo qui il titolo del film: certe volte la testa (la tête ) , l’affinità intellettuale non deve essere totalizzante in un rapporto di coppia: vi è bisogno anche dell’appartenenza e della comunanza di esperienze affinché una relazione possa sbocciare e rinsaldarsi e soprattutto durare nel tempo. D’altro canto le sole emozioni non sono sufficienti a costruire una relazione, perché ci rendono insicuri nelle nostre decisioni. In questo caso l’incontro con lo scrittore riesce a sbloccare Zoé, che altrimenti, senza il suo consiglio, non sarebbe riuscita ad accettare l’amore di Adrien. La testa deve quindi “guidarci”, deve aprirci dei nuovi orizzonti, permettendoci di valorizzare quello che siamo senza farci dimenticare tutto ciò che caratterizza la nostra vita e il nostro mondo. Se l’accompagnamento musicale diegetico o extradiegetico è minimo, non così i dialoghi che sono frequenti e appassionati, capaci di stimolare lo spettatore. Un’opera prima di sicuro rispetto che fa ben sperare e che si avvicina per i toni e per la composizione al cinema di un’altra regista contemporanea ,  la francese Mia Hansen-Løve, già autrice di pellicole come Il padre dei mie figli e Un amore di gioventù, che hanno riscosso un discreto successo oltralpe e non. Speriamo che anche la regista belga sappia esportare il suo cinema, raggiungendo la notorietà necessaria per continuare nel suo percorso cinematografico. Il film è stato presentato al Festival di Cannes 2012 nella sezione ACID, permettendo così alla regista belga di presentarsi al grande pubblico e premiando gli sforzi intrapresi per finanziare e produrre la pellicola.

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