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7/10

Una Notte da Leoni 2 regia di Todd Phillips

Commedia
recensione di Alessandro M. Naboni

Non posso credere che stia capitando di nuovo. Dopo il successo del primo capitolo, ritornano quei simpatici bontemponi di Una Notte da Leoni. Il dentista Stu sta per sposarsi con la sua dolce metà thailandese. Riunisce il 'branco' alla volta della Thailandia per un tranquillo matrimonio nell'esotica Bangkok. Quando però ricompare il ciclone Alan, le cose non andranno esattamente come dovrebbero andare.

Se doveste trovarvi per caso a un addio al celibato in compagnia di un non-più-ragazzotto barbuto e bontempone, fareste meglio a stare attenti a qualsiasi cosa liquida o solida ingeriate. Perché potreste risvegliarvi in una devastata suite super lusso di Las Vegas in compagnia della tigre di Mike Tyson o, se va male, in una squallida camera di un casermone immerso nella babele e nel caldo-torrido della splendida Bangkok.

Niente vademecum per giovani di belle speranze che festeggiano la fine della ‘libertà’ pre-matrimoniale. È il ritorno dell’allegra compagnia di Una notte da Leoni, inaspettato successo planetario di un paio di anni fa. Stesso regista, stessi attori, stessa formula trasferita in un paradiso esotico, ma con quell’entroterra dai possibili-quanto-necessari risvolti narrativi. Bangkok li ha presi ormai.

Questa volta tocca a Stu, il dottore-no-dentista ex marito succube con il vizietto per l’improbabile matrimonio da sbronza. Uno tranquillo col diavolo in corpo. La fidanzata americano-thailandese vuole sposarsi nella sua terra per compiacere il padre severo che non vede di buon occhio il futuro marito-insipido-riso-bianco. Un brunch di addio al celibato con Phil e Doug, anonimo non protagonista e quasi MacGuffin del primo film, per evitare che succeda di nuovo come l’altra volta. Mancherebbe solo Alan, inaspettata anima comica del primo film, ma senza di lui il film non può decollare. Auto-iniezione del vaccino e poi in aeroporto con destinazione Thailandia, in compagnia di Teddy, il fratellino minore della sposa: orgoglio paterno e piccolo-genio-violoncelista con una brillante futura carriera da medico. Non è uno del branco (di Alan).

Un falò sulla spiaggia, un paio di birrette sigillate e dei marshmallow con gli amici. Tranquillo.

Monaci tibetani, spogliarelliste trans e (letterali) retro-scena osè, tatuaggi non voluti alla Mike Tyson, mafia russa, cadaveri nella ghiacciaia, cocaina, il cattivo Paul Giamatti, un quartiere devastato e spericolati inseguimenti in auto. Poi lo squallido appartamento nel centro di Bangkok, una scimmietta fumatrice che non sa usare skype, il falsetto cinese di Mr. Chow, un dito con l’anello di Stanford e il solito after notturno da ricostruire per ritrovare chi manca all’appello. Funziona (un po' meno) anche questa volta, con eccessive/evitabili scivolate nel volgare e relative quanto inutili reiterazioni del suddetto “reato”. Meglio lasciarle all’immaginazione che sa essere così poco politically correct, per fortuna. In tutto questo fa tristezza la dozzinale mediocrità e il cattivo gusto di simili commedie italiane, devastate da una cancerogena Boldi-te e incapaci di lasciare traccia di sé.

Adam Sternbergh del NY Times fa un’interessante considerazione. La saga di Phillips è il trionfo dell’era della jokeless comedy, quella senza gag costruite, senza facce buffo-deformabili, senza vasi o travi che cadono in testa al momento giusto. Solo la realtà nuda e cruda (con edulcorazione yankee), che fa ridere nel suo essere tragicomica, e verosimili personaggi più-o-meno strampalati: quelle tipiche storie pessime da vivere, ma esilaranti se raccontate. Il regista/produttore/sceneggiatore/nerd Judd Apatow, con i suoi ragazzotti vergini a quarant’anni e i geek borderline per natura, è il padre di questa nuova commedia, l’alfiere della vittoria su stupende pallottole spuntate e balle spaziali. Phillips e Apatow come Lenin e Trotsky, Old School (2003) come le Tesi d’Aprile e 40 anni vergine (2005) come la Rivoluzione d’Ottobre. Paragone ardito ma che rende l’idea (‘The Hangover’ and the Age of the Jokeless Comedy, Adam Sternbergh – The New York Times - May 25, 2001).

Il cast, caratteristi compresi, funziona in ogni ruolo, con un’ottima prova tamarro-belloccia di Bradley Cooper/Phil: teniamolo d’occhio, potrebbe far vedere quel potenziale nascosto (vedi Limitless) che tanti avevano sottovalutato all’inizio della carriera di Brad Pitt, un attore per certi versi simile. Ma la vera anima del film è Zach Galifianakis/Alan. Un talento naturale, dirompente e straripante come quello di Jim Carrey. Mattatore e gigione supremo, colpisce sia quando è protagonista della scena, sia con battute sotto-testo che si inseriscono con prepotenza comica nei discorsi altrui. Naif all’estremo, vestiti che piacerebbero a Wes Anderson, figlio di papà fuori tempo massimo, ha dei tempi comici pazzeschi, sincopati come il pianoforte di Pyramid Song dei Radiohead. Il flusso di coscienza dei suoi pensieri ci investe senza alcun filtro, senza che sia possibile resistergli. Ma Galifianakis non è solo questo, le sue doti vanno oltre: la prova in Parto col Folle, sempre di Phillips e in coppia con Robert Downey Jr., regala momenti notevoli che fanno intravedere un attore a tutto tondo con una possibile/potente vena drammatica (su tutte la scena in cui Downey Jr. gli chiede di provare a fare la parte del coach di football americano lasciato al telefono dalla moglie). Il rimanere imprigionato nel personaggio di Alan è un pericolo va assolutamente evitato. Free Zach.

135 milioni di dollari in USA nel weekend lungo del Memorial Day. Nessun film R-Rated ha mai esordito con cifre simili. Un terzo film? Possibile, ma di sicuro la conclusione della trilogia prenderà un’altra direzione, parola di Phillips. Si dice potrebbe essere Amsterdam. Location forse scontata, ma ci saremo! Poi sarà tempo per rimettere assieme i pezzi sparsi della nostra psiche.

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Voto degli utenti: 6,4/10 in media su 8 voti.

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bargeld (ha votato 7 questo film) alle 20:14 del 7 giugno 2011 ha scritto:

La ripetizione dello schema consolidato del primo capitolo mi fa preferire quello a questo, però non c'è nulla da fare, io muoio comunque dal ridere!

alexmn, autore, (ha votato 7 questo film) alle 20:53 del 7 giugno 2011 ha scritto:

concordo, si ride davvero un sacco!! però temo che questo soffrirà più del primo in una seconda/terza visione..

in ogni caso, pollice verso l'alto per phillips!

Marco_Biasio (ha votato 6 questo film) alle 18:54 del 10 luglio 2011 ha scritto:

Sì dai, non è male! Lo schema narrativo è praticamente identico al primo capitolo, con un po' di stanchezza aggiunta e dovuta alla minore freschezza inventiva della sceneggiatura. Però ci sono ancora delle trovate mica da poco, che fanno abbastanza schiantare (il rapimento del monaco, la macchina della polizia data alle fiamme, la spogliarellista che si incula Stu), oltre alla canonica carrellata di foto finali che è quanto di più demenziale uno potrebbe desiderare... 6,5!