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R Recensione

8/10

La Pointe-Courte regia di Agnès Varda

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

Due coniugi si reincontrano dopo cinque anni e scoprono di amarsi, di un amore diverso  che ha lasciato la passione selvaggia della giovinezza, per trovare la passione della conoscenza profonda reciproca.  Sullo sfondo le vicende di un villaggio di pescatori del sud della Francia in cui lui vive attualmente e dove è nato.

Agnes Varda con quest’opera pone le basi della Nouvelle Vague, per l’impianto tecnico-stilistico utilizzato, ma soprattutto per le tematiche utilizzate. Forte è l’influsso del neorealismo italiano, in quanto una parte delle vicende raccontate riguardano la vita di tutti i giorni di un villaggio di pescatori, che dà appunto il titolo al film. Gli attori sono quindi attori non professionisti, gente del popolo che si presta a recitare sulla pellicola la propria vita.

Il taglio non è quello documentaristico in quanto ci sono degli evidenti elementi di finzione, ma la vita di questi pescatori viene raccontata e mostrata nella sua integrità nei piaceri e nelle difficoltà che debbono affrontare. Si pongono le basi di un lavoro particolare del quale le riprese in esterni, in ambienti reali accompagnate da un uso sapiente della camera a mano si propongono come elementi cardine a livello stilistico.

Ma ciò che marca questa pellicola è l’intreccio della vita dei pescatori, con la vita di due coniugi(interpretati da un giovane Philippe Noiret e da Silvia Monfort), da lungo tempo separati, che si ritrovano e cercano di riannodare un discorso e un rapporto mai veramente concluso. I loro discorsi, le loro passeggiate amoroso-riflessive ci colpiscono per il livello di intensità che raggiungono.

Il discorso sull’amore, sulle vicende amorose, sui rapporti tra amanti risulta essere uno degli elementi cardine del nuovo cinema francese; si pensi qui ad esempio ai tanti film di Louis Malle (Gli amanti, Ascensore per il patibolo…) o di Alain Resnais (Hiroshima mon amour, L’anno scorso a Marienbad…) in cui questo amore viene tematizzato e viene trasposto in immagini poetiche che enfatizzano il rapporto uomo-donna, idealizzandolo.

La Varda getta in questo modo le basi per un cinema nuovo su entrambi i registri, quello stilistico e quello contenutistico, confezionando una pellicola di modeste intenzioni, ma pregna di significato per la storia del cinema. Poesia e realtà formano così un unicum che segnerà in modo indelebile il cinema francese degli anni a venire. Da segnalare il montaggio effettuato dall’allora sconosciuto Alain Resnais.

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