Lezione 21 regia di Alessandro Baricco
Artistico-allegoricoLa vera storia della Nona Sinfonia di Beethoven raccontata dal professore universitario Mondrian Kilroy attraverso la vicenda fiabesca del giovane musicista Hans Peters.
Chi lo conosce lo sa che Baricco è un fottuto genio. Oh si, su questo non c’è dubbio, un vero narratore poetico degno della maggior stima possibile. Uno di quei letterati che per grazia, leggiadria e fantasia è degno di essere accostato a colmare il vuoto lasciato dal grande Italo Calvino.
Ma una cosa ingombra un po’ il nostro scrittore, specie nelle sue ultime opere: il suo enorme ego, una volontà maestosa figlia forse anche del gigantismo wagneriano che lo porta a continui esperimenti e provocazioni talvolta incisivi e accattivanti (vedi il suo capolavoro Oceano Mare), tal altra sterili e un po’ fini a sé stessi (ben visibili in Questa storia). È arrogante il nostro scrittore. Arrogante e presuntuoso. Molto probabilmente perché conscio di essere un genietto pieno di talento e proprio per questo troppo sicuro dei propri mezzi.E questo è il grosso limite che si porta dietro nel suo esordio cinematografico Lezione 21: la presunzione. È questo che ci impedisce di applaudire un autore che per regia e visionarietà non si discosta poi molto da un altro grande folletto quale fu Federico Fellini.
La regia di Lezione 21 è infatti sorprendente: narrazione moderna, a stacchi continui tra interviste immaginarie a personaggi strampalati, scenari incantati e un canovaccio più convenzionale che parte dall’aula universitaria dell’eccentrico professore universitario Mondrian Kilroy (impersonato dal “grande vecchio” John Hurt, che torna nei panni di professore dopo il recente Oxford Murders). Questo è di fatto il vero alter ego di Alessandro Baricco, da buon personaggio capace di uscire dal pensiero massificato per stravolgere ogni schema precostituito, divertendosi a smontare i capolavori più sopravvalutati della storia. Tra questi la celeberrima Nona Sinfonia di Beethoven, distrutta per l’appunto in una “storica” (a detta degli studenti) lezione numero 21 del corso, attraverso la rievocazione della curiosa tragica fine di tale Hans Peters, giovane maestro musicale morto suonando in mezzo a un lago ghiacciato.
Prendendo probabilmente spunto da Borges (che in un racconto creò un intertempo “divino” per cui un condannato a morte riuscì a scrivere mentalmente un intero romanzo in poco più di un attimo “terrestre”), Baricco mette in bocca al suo alter-ego Kilroy una storia fiabesca, fatta di personaggi misteriosi e romantici, tra sublimi scenari naturali e continui colpi di teatro. Intrecciato ad esso il racconto di come realmente andarono le cose alla prima esecuzione della Nona Sinfonia dell’ormai anziano Beethoven: non un trionfo ma un grande fiasco “commerciale”, che andava ad aggiungersi ad una composizione di fatto neanche così mirabile dal punto di vista artistico.
Affermazioni forti che si uniscono ad altrettanto potenti scelte estetiche effettuate dal regista. Eppure il grosso difetto su cui paiono scontrarsi la meravigliosa fotografia e l’originale sceneggiatura è il ritmo. Manca ritmo. È tutto statico, ovatattato, rallentato, sepolto in un torpore autunnale-invernale privo di fragranza, di movimento, di vita! Eccolo allora il grosso difetto immediatamente identificabile di Lezione 21: un abuso spropositato dell’immagine formale e lirica, fortemente debitrice della provenienza letterario-poetica, incapace di adattarsi allo sfuggente e repentino mezzo cinematografico. Un difetto d’altronde che si era già riscontrato in un altro film tratto da un’opera di Baricco (ma non da lui diretto): Seta di Francois Girard.
Se mai Baricco dovesse riuscire ad acquisire un po’ di umiltà e a mutare le sue strutture narrative al fine cinematografico forse ne potrebbe nascere qualcosa di importante. Ma il timore che si possa restare prigionieri di un cinema d’élite europeo (di qui anche la volontà di realizzare il film in lingua inglese) tremendamente piatto è forte…
Tweet