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R Recensione

7/10

Due Vite Per Caso regia di Alessandro Aronadio

Drammatico
recensione di Alessandro Pascale

Mentre sta accompagnando il suo amico all’ospedale a causa di un innocuo taglietto, Matteo tampona un’auto di poliziotti in borghese. Da quel momento la vita del ragazzo viene influenzata da questo episodio fortuito. Ma cosa sarebbe accaduto se fosse riuscito a frenare in tempo?

Ci ho pensato un bel po' prima di scrivere su Due vite per caso, brillante opera prima dell'esordiente Alessandro Aronadio. Il motivo di tanta titubanza è stato il tentativo di capire quale fosse in definitiva il messaggio finale conclusivo dato dall'autore. Come emerge dal titolo siamo di fronte ad un film che racconta sì due vite, ma della stessa persona. Due vite radicalmente diverse dopo un episodio (un pestaggio gratuito subito da agenti di polizia) dirimente e determinante nel successivo condizionamento psicologico ed emozionale di Matteo (un bravissimo Lorenzo Baldanucci che con un simile talento ci si chiede perchè non sia ancora famoso), ragazzo che in una vita decide di seguire affetti familiari e vita da botanico sottopagato, nell'altra si lancia nella carriera di “tutore delle forze dell'ordine”.

La modalità di racconto scelta da Alessandro Aronadio segue un percorso intrecciato in cui la narrazione si alterna a blocchi giocando sulle diverse dimensioni temporali, superando inizialmente una certa fase di ripetitività per addentrarsi via via sempre più nel profondo di una vita politica e sociale italiana fatta di stenti, precarietà, delinquenza, bullismo, autoritarismo, violenza, ma anche amicizia, amore e famiglia.

Ovvio diventa ricordare la struttura del film Sliding Doors, nel quale la banale perdita di un treno permetteva a Gwyneth Paltrow di salvare o meno la propria relazione amorosa.

Pur essendo anche qui presente una certa tematica sentimental-relazionale questa passa ovviamente in secondo piano di fronte all'aspetto prettamente politico e neorealista dell'opera: il sottofondo è quello dell'Italia precaria e povera, fatta di personaggi forse inizialmente un po' troppo caricaturali, ma sul lungo termine avvincenti per il loro realismo: Matteo nelle sue due vite è infatti un personaggio complesso e particolareggiato: dotato di un'anima sensibile e progressista non va però oltre certe simpatie politiche occasionali, il che lo porta anche a frequentare certi personaggi poco raccomandabili nell'ottica de “il nemico del mio nemico è mio amico”. Il Matteo poliziotto è la ragione per cui prima di lanciare una pietra ad un reparto di forze dell'ordine bisognerebbe pensarci due volte, cercando di capire se per punire il Potere ha senso prendersela con gli ultimi della gerarchia. Da questo punto di vista è ovvia la ripresa di Aronadio del concetto pasoliniano per cui spesso chi va a fare il poliziotto non è un fascista ma solo un proletario bisognoso di uno stipendio decente che altrimenti non gli viene garantito dalla società. Il quadro morale complessivo resta però sospeso nella deleteria logica super partes e politically correct che tanto piace oggi alla bigotta società del pensiero unico: nonostante si percepisca una certa ostilità di fondo nella rappresentazione negativa della polizia, altrettanto si può dire dei circoli “sinistroidi” e dei manifestanti impegnati nel sociale, fatti apparire come responsabili degli scontri finali che sembrano rievocare la Genova del 2001.

Di qui il finale in cui il messaggio sembra essere che non esistono né vincenti né colpevoli, e che in fondo non è il singolo episodio di una singola vita che può cambiare una struttura sociale che in una maniera o nell'altra sembra portare unanimemente alla disfatta collettiva.

Pur senza esigere che tutti facciano gli eroi noi preferiamo stare dalla parte del Matteo che rifiuta la divisa, perchè a volte è meglio fare la fame che svendere la propria dignità e una coscienza politica magari acquisita a forza di botte subite. Speriamo che un po' più di coraggio caratterizzi la prossima opera di Aronadio, che al di là di questa ricerca contenutistica eseguita con il bilancino politico ha mostrato senz'altro ottima tecnica e stile.

ps: mi sento in dovere di segnalare anche la presenza di Rocco Papaleo, che qualcuno ricorderà come il celebre Roberto Muro (e molti altri trailer...)

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