A Che strano chiamarsi Federico: Ettore Scola presenta il suo nuovo film dedicato a Fellini

Che strano chiamarsi Federico: Ettore Scola presenta il suo nuovo film dedicato a Fellini

Molti sapranno che Ettore Scola aveva espresso, purtroppo e da qualche anno,  la volontà di non girare più film. Per fortuna, alla conferenza stampa del suo nuovo film Che strano chiamarsi Federico, uno dei più grandi registi italiani viventi si ritrova a "scusarsi" per aver trasgredito questa promessa, affermando che, dopotutto, si tratta di un film “che non è un film", in quanto a metà tra documentario e un ritratto dedicato al grande Fellini, in parte costituito da materiale di repertorio d’epoca, in parte da materiale nuovo girato al Teatro 5 di Cinecittà. È qui infatti che ha avuto luogo la conferenza stampa, più precisamente all'interno di un piccolo teatro di avanspettacolo, un set che sarà protagonista di un divertente episodio felliniano, realmente accaduto, di lancio di gatti morti come segnale di non gradimento da parte di un colorito pubblico. Che strano chiamarsi Federico (il titolo è ripreso da un verso di Garcia Lorca) è un sentito omaggio a Federico Fellini a venti anni dalla sua morte, un film fatto di "angolini", ovvero di tanti piccoli angoli di set diversi (il Teatro 5 è il teatro di posa più grande d’Europa) che rispecchiano momenti e ricordi vissuti insieme dai due registi, a cominciare dalla cornice della redazione del giornale satirico Marc’Aurelio dove Scola e Fellini si conobbero negli anni Cinquanta. Federico Fellini, più anziano di Ettore Scola, lavorava alla redazione del giornale come vignettista già dagli anni Quaranta, ovvero dai tempi del Fascismo. All’epoca fascista si ricollegherà anche una scena estremamente significativa in cui Scola bambino legge le vignette satiriche del Marc’Aurelio al nonno cieco, momento cruciale per quella  formazione e per quello stile che lo porterà in seguito a varcare giovanissimo la soglia della redazione di quello stesso giornale e a conoscere di conseguenza Federico Fellini. Un altro dei piccoli set allestiti all’interno del Teatro 5 rappresenta invece una porzione dei bagni pubblici della Casa del passeggero, la stessa che Fellini ci mostra in Intervista come primo luogo di approccio alla città di Roma. Particolare il fatto che, come faceva spesso Fellini con i fondali dipinti, anche gli esterni di Che strano chiamarsi Federico siano stati girati, con l’aiuto anche di qualche green screen, nello storico Teatro 5, un luogo di unione fisica e ideale tra Fellini e Scola, dato che entrambi nel corso della loro carriera vi girarono diverse pellicole, scambiandosi a vicenda visite di piacere sui rispettivi set. Il nuovo film di Ettore Scola non seguirà una narrazione cronologica, ma una narrazione guidata dalla logica delle suggestioni e della devozione provate da Scola nei confronti dell’amico e collega Fellini. Mentre per interpretare i due registi in gioventù sono stati scelti due giovani attori, secondo il criterio della somiglianza (Tommaso Lazotti e Giulio Forges Davanzati),  per quanto riguarda i due registi da anziani è stata fatta la particolare scelta di rappresentarli solamente di spalle, in qualità di vere e proprie “sagome”. Ettore Scola sottolinea a chiare lettere come Che strano chiamarsi Federico, le cui riprese sono state completate e che ora è in fase di montaggio e missaggio, non si ponga affatto l’obiettivo di restituire il celebre lato “visionario” di Federico Fellini, dato che per questo bastano i fotogrammi delle sue pellicole. Il film sarà più un tuffo nella vita vissuta da Fellini, tra un film e l’altro, soprattutto nel contesto delle amicizie comuni tra i due, come quella con Mastroianni, con Sordi e con lo sceneggiatore Maccari. Una vita, quella di Fellini, che somiglia spesso a quella de I Vitelloni, contornata da scorribande notturne in auto, data la sua insonnia e curiosità, sempre alla ricerca di improbabili personaggi “ da raccattare a bordo”, quali battone, zingari, madonnari... personaggi ed episodi assurdi che poi entreranno a far parte di quell’immaginario unico che popola i film di Fellini e che ci colpisce così tanto. Scola ci regala uno scorcio di tutto ciò,  in qualità frammento rappresentativo del rapporto tra i due nel corso degli anni Settanta. Per questa scena sono stati ricostruiti l’esterno e l’interno di un piccolo bar notturno (non particolarmente elegante) di Via Veneto, quella via che era divenuta famosa in tutto il mondo grazie a La Dolce Vita e che Federico Fellini continuava a frequentare di notte, come una volta, come un vitellone nella sua natìa Rimini, nonostante il successo internazionale, nonostante gli Oscar vinti e gli anni passati, come un grande Pinocchio che per fortuna non è mai diventato un “bambino perbene”. Così ci racconta il maestro del cinema italiano Ettore Scola.

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