R Recensione

8/10

Alaska regia di Claudio Cupellini

Drammatico
recensione di Davide Figliolini

Fausto è italiano, ma vive a Parigi, lavorando come cameriere in un grande albergo. Nadine invece è una giovane francese, e possiede la bellezza commovente dei suoi venti anni. Si conoscono per caso, sul tetto di un albergo a Parigi, e già a partire da questo primo incontro si riconoscono: fragili, soli e ossessionati da un'idea di felicità che sembra destinata a perdersi. Quello che resta è un futuro incerto, rabbioso, commovente e inconsapevolmente irraggiungibile. 

 

 

A cinque anni dal suo ultimo lavoro Claudio Cupellini torna nelle sale con un film che dividerà. Alaska narra la storia di due ragazzi: Fausto (Elio Germano) vive a Parigi e lavora come cameriere, ma con la voglia matta di crescere, di fare il salto di qualità, di mettersi alla prova. Nadine (Astrid Bergès-Frisbey) è un'ammaliante ragazza francese. Ed è sua la prima scena del lungometraggio. Si presenta ad un provino per modelle, ma con un senso di distacco. I due ragazzi si incontrano sul terrazzo del medesimo albergo e i dialoghi impostati dagli sceneggiatori mostrano immediatamente l'efficacia del racconto. Diretto, ma non banale, improbabile, ma verosimile. Il senso è quello malinconico di due persone che sembrano non essere felici delle loro attuali vite. Da qui in poi il film inizierà a raccontare le avventure, o meglio le disavventure dei due ragazzi. Fausto per conquistare la dolce ragazza le promette un "giro" nella suite dell'albergo, la più bella. É il film stesso che rende evidente un sentimento lancinante tra i due ragazzi: lui è un sognatore, vorrebbe viverla quella stanza da cliente in conseguenza di grandi sacrifici, grandi capacità. Lei più morbida, sorridente, ma mai scontrosa. Il primo ostacolo è scontato, ma lo spettatore è già in sintonia con il film. Torna il cliente della suite e tenta di denunciare il cameriere per il sopruso subito. Lei lo difende, ma il tutto finisce in colluttazione. A pagarne le conseguenze è Fausto che dovrà scontare due anni in una prigione francese. Inizia un altro film. Ma è la parte paradossalmente meno interessante quella del protagonista che vive i cliché di una prigionia "inevitabile". L'amore tra i due è forse esagerato per quanto veloce. Ma l'atmosfera è quella che riesce ad incollare allo schermo, volente o nolente, lo spettatore. Identificandosi non tanto con i protagonisti, ma col sentimento che scaturiscono. Un amore viscerale, pulito, inarrivabile. Passati i due anni i protagonisti si riconteranno, e anche le scene che susseguono la prigionia sono forse frettolose, ma riuscite nel loro intento. Il filo di seta che lega il film è di fatto questa tensione accompagnata da un'ottima colonna sonora. Nadine riappare solo alla fine della "convalescenza" forzata di lui. Il loro rapporto appare sfilacciato dal tempo, ma legato da una forza più grande, che forse è l'amore. Uno dei messaggi è sicuramente questo. Le musiche riescono perché coerenti con il contesto. Emoziona è questo è un "di più".

Il film vero e proprio inizia nel momento in cui la coppia si trasferisce a Milano. Lei lavora come modella. Lui fa lavori saltuari, ma sente un disagio interno, il non sentirsi adeguato e soddisfatto del proprio lavoro, del proprio posto nel mondo. Minacciato da una vita che gli ha sottratto un grande sogno. E questo disagio di felicità porterà al culmine del racconto. Aprire l'Alaska, una discoteca affascinante a Milano, insieme a Sandro (Valerio Binasco), un amico conosciuto ad una festa, il quale presto diverrà il suo migliore amico. Aprire una attività e farlo contro tutti: contro le proprie possibilità, le proprie paure, ma soprattutto mettendosi contro il suo più grande amore, Nadine. Una storia che d'amore che viaggiava fino a quel momento in oceani privi di aridità, con sorrisi e voglia d'amare. La felicità era lì, bastava quello, ma l'ostacolo è proprio ricorrente nella voglia di poter dare di più, di non essere solo un burattino, ma un uomo con sogni, voleri e misteri da incorniciare come vittorie. L'Alaska è solo una metafora della vita. Della voglia di arrivare. Forse quello che giunge è un arrivismo sbagliato. Una menzione negativa al titolo del film. Non funziona, appare lontano, concilia solo con chi ha avuto modo di vedere il film ovviamente. Ma al di fuori porta fuori strada.

La vicenda continua con ripetuti colpi di scena, forzati o non forzati non importa. Quello che conta è che nel suo insieme funziona. Il film non vuole avere una struttura predefinita in partenza. I due ragazzi si perderanno, si ritroveranno, abbandoneranno sorrisi, pianti, spasmi di sofferenza, malinconie. Il regime dei movimenti di macchina predilige i primi piani intensi e tormentati, la voglia di evadere, la voglia di riperdersi per continuare ad amare. Chiedere scusa, urlare le proprie colpe, soffiare con le proprie carezze. Amarsi e scontrarsi. Vivere una felicità al limite della gioia, della paura, del senso di appartenenza. Il maledetto futuro, che appare come un "regalo" della società consumistica, divora le scelte e le conseguenze. In balia tra passione e mestiere, tra libertà sospirata e quella obbligatoria.

Elio Germano dimostra ancora una volta di fare del proprio mestiere una vita nuova. Superbo nelle sofferenze, nelle nostalgie, nei movimenti inconsulti del corpo e negli abbracci spontanei. Alcune sue performance lasceranno scorrere qualche lacrima ai cuori sensibili. Il vero motore del film. Oltre al sentimento Amore, forse un altro protagonista del film.

Astrid Bergès-Frisbey appare perfetta nel ruolo. Delicata, struggente nella sua bellezza scolpita in sguardi languidi, a volte innamorati, a volte increduli di rabbia.

Quello che si vuole premiare è qui la voglia di fare un film italiano diverso. L'aria francese fa bene alla sceneggiatura, concede attimi di freschezza. Di novità. Colpisce poi la capacità di non voler giudicare nessuno dei protagonisti. Come se ci fosse un narratore epico che viaggia nella modernità sussultoria dei giorni nostri. Quello che succede è figlio degli eventi, degli stati d'animo. Ed è questa forse la sua maggiore forza. Ciò che in molti film risulterebbe melenso e privo di necessità scrittoria, qui viene elevato, portato in alto. Raggiungendo vette difficilmente raggiungibili nel nostro paese in questo contesto storico. Una profondità di classe insomma. Non mancano i difetti come abbiamo scritto. Una voglia di stupire eccessivamente lo spettatore, una struttura che a volte risulta forzata fino al limite. Quel limite non è stato superato per nostra fortuna.

Un film d'amore che riesce nel suo intento: emozionare lo spettatore rendendolo partecipe. Un distacco registico che tuttavia si trasforma in qualcosa di affascinante. L'amore mostrato nella sua incontrastata voracità. Un sogno ad occhi aperti e un incubo continuo. Un film drammatico con leggere tinte noir. Lo stupore dei sensi, la voglia di evadere. Il finale non sorprenderà lo spettatore, ma lo renderà inerme dinnanzi all'universale fragilità dell'uomo.

 

V Voti

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alexmn 7/10

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