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R Recensione

8/10

Appuntamento a Belleville regia di Sylvain Chomet

Animazione
recensione di Pasquale D'Aiello

 

Nella prima sequenza vengono introdotte le Triplettes (Violette, Blanche e Rose, i cui nomi richiamano i colori della bandiera francese), un trio di cantanti degli anni trenta, nella parodia di uno spettacolo dei loro tempi d'oro, assieme alle caricature diDjango Reinhardt, Josephine Baker e Fred Astaire. Il filmato termina, e la storia ritorna su Madame Souza, una vecchia signora che alleva da sola il nipote Champion.

Nonostante tutti gli sforzi di Madame Souza il piccolo Champion cresce infelice. Ella dapprima gli dona un cucciolo di cane, Bruno, poi un triciclo. Solo questo pare dare gioia a Champion, che, crescendo, si appassiona al ciclismo a tal punto da guadagnarsi la partecipazione al Tour de France.

Durante la gara, Champion viene rapito assieme ad altri due concorrenti e portato oltremare, nella immaginaria città di Belleville (questa è rappresentata come un incrocio tra Parigi, Montreal e New York e gli abitanti stessi appaiono stereotipi caricaturali degli americani degli anni cinquanta). Champion è stato rapito da una banda di gangster, intenzionata a sfruttarlo in un giro di scommesse clandestine, obbligandolo a pedalare su una macchinario che simula una gara ciclistica assieme ai suoi sfortunati colleghi.

Madame Souza insegue i rapitori assieme al cane Bruno con mezzi di fortuna (un pedalò a noleggio) e giunge alfine nella città determinata a ritrovare il nipote. A Belleville incontra le Triplettes, oggi invecchiate e decrepite ma ancora attive e con il loro aiuto riesce a liberare il nipote dalle grinfie della banda. Fuggono tutti con l'intero macchinario, spinto purtroppo da solo due dei ciclisti e una delle "Triplette", e riescono a sgominare i cattivi che li inseguono, e finalmente a lasciare la città.

 

Film d’animazione presentato al Festival di Cannes nel 2003. È la storia di un bambino che soffre di tristezza e che solo la bicicletta riesce a strappare alla sua apatia. La tristezza e’ il sentimento dominante di questo film. I toni sono costantemente attenuati. Si commettono omicidi, ci sono sparatorie, si mangiano rane vive ma non si alzano mai i toni. Un’atmosfera cupa, grigia, ovattata e invadente copre la storia e avvolge lo spettatore.

La tristezza viene trasformata in malinconia, la ripetitivita’ in consuetudine, i silenzi in musica. I personaggi non parlano quasi mai e quanto piu’ sono centrali nella storia tanto piu’ sono silenti. Il bambino che crescendo diviene uomo, pronuncia una sola frase in tutta la storia che assume uno sviluppo circolare. Tutte le cose sono disegnate con cura realista, tranne gli esseri viventi che sono deformati per esprimere attraverso il corpo i loro sentimenti e il loro carattere.

È un cartone animato ma forse non e’ indirizzato ai bambini che hanno, attraverso le immmagini, ormai cognizione di ogni truculenza e torbidità; ma per fortuna ancora non hanno una cosi’ forte conoscenza della malinconia.

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