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5/10

ACAB - All Cops Are Bastards regia di Stefano Sollima

Drammatico
recensione di Stefano Oddi

Tre agenti antisommossa, Negro, Mazinga e Cobra, amici da una vita, fratelli sul lavoro. Si aggiunge il giovane Spina. Tutti e quattro sfogano sul lavoro, a colpi di manganello, la frustrazione di una vita infelice: Negro è stato lasciato dalla moglie cubana e ha impedimenti nel vedere sua figlia, Mazinga ha un figlio degenere che rifiuta l'autorità e commette piccoli crimini, Cobra ha sulle spalle un'accusa per violenze e Spina vive sulla propria pelle il dolore dello sfratto e l'impossibiltà di sistemare sua madre in una casa popolare, accusata abusivamente.

Dopo il successo riscosso dalla serie Romanzo criminale, una sorta di cult generazionale italiano per il piccolo schermo, il promettente regista Stefano Sollima sbarca al cinema con A.C.A.B.: All Cops Are Bastards, titolo equivoco che mutua la celebre espressione della tifoseria inglese e pretende di rappresentare le vite di uno sparuto gruppo di celerini -nome comune affibbiato ai membri del Reparto Mobile della Polizia di Stato. Una squadriglia d'azione rancorosa, fermamente legata ai primordiali valori di onore e amicizia, un goliardico gruppo di fratelli -così si chiamano tra di loro- schiacciati nel vortice di un paese di cui si vagheggiano i veleni incurabili.

Il problema è che, nel guado dal piccolo al grande schermo, il regista romano sembra non riuscire a sbarazzarsi del peso ingombrante del serial televisivo che l'ha reso noto e finisce per caricare di fumi (banali) da mafia-movie un film che si focalizza sulla rappresentazione della faccia diametralmente opposta della medaglia: quella dei servi della legge. Troppi momenti si colorano di un becero machismo a oltranza, fatto di voci rauche, parolacce, frasi di rito di cui abbiamo le palle piene, risse fraudolente, schizzi di sangue oltre che di una melensa quanto ostentata epica gladiatoria. I poliziotti che tentano di placare i rancori negli stadi, appaiono pervasi da un'indomabile odio a fior di pelle che non si frena nemmeno davanti alle donne, e non esitano a tartassare un mucchio di minorenni per promuovere un'operazione di vendetta che tanto puzza di cosca mafiosa o associazione a delinquere.

Pare quasi che Sollima abbia saccheggiato l'idolatrato corredo di Romanzo Criminale -la serie come l'ottimo film di Placido, da cui ricava anche il protagonista Favino- per applicarlo, senza farsi troppi problemi, al suo film. Come se l'intenzione di creare qualcosa di nuovo sia stata soppiantata di punto in bianco dall'incontenibile necessità di adattare una formula che tanto piace, per irretire un certo strato di pubblico, quello più giovane o forse più vicino al mito del criminal hero di borgata.

Quando non tratta di scontri e risse, la narrazione si muove su binari alternati, tanti quanti sono i protagonisti, e tenta di realizzare un affresco sociale dell'Italia contemporanea. Una linea che probabilmente, trattata in modo continuativo ed esauriente avrebbe fatto guadagnare al film non pochi punti. Scorrendo tra le vicende parallele dei fratelli d'assalto, Sollima delinea il dramma delle occupazioni abusive, tratteggia duramente -ma con coraggio- il problema degli stranieri privi di permessi di soggiorno, accenna ai meccanismi dell'affidamento minorile e si apre alle dinamiche di pensiero di certi gruppi eversivi e conservatori.

Il problema è che un simile tentativo di analisi ha poco spazio di manovra nell'economia del film e questo lo riduce spesso ad un affresco bigotto e carico di stereotipi (specie sugli extracomunitari, catalogati il 90% delle volte come i cattivi) di un'Italia destrorsa, se non fascista, incapace di interrogarsi criticamente su sé stessa e sul proprio passato e pronta a distruggere il diverso, facendo -come comunemente si dice- di tutta l'erba un fascio.

In definitiva, cosa cerca questo film ibrido, furbo e ruffiano (per non dire paraculo)? Semplicemente una facile e banale illustrazione della presunta anima sadica delle forze dell'ordine? O per converso, una giustificazione di quella stessa brutalità in virtù della loro natura umana, fragile e sottomessa a una vita di stenti? Un apologo della vera amicizia e dell'assunto per cui “solo sui tuoi fratelli puoi contare”? O una cruda invettiva contro un potere politico marcio (quello italiano) che giunge a seminare odio in ogni dove?

Probabilmente A.C.A.B. è una voluta mistione di tutto questo, arricchita peraltro da interpretazioni di livello (specie quelle di Nigro e Favino). Il guaio è che a furia di mischiare, gli obbiettivi restano confusi e sfocati.

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 6 voti.
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alexmn 8/10

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alexmn (ha votato 8 questo film) alle 14:26 del 3 febbraio 2012 ha scritto:

non sono d'accordo. l'ho trovato un film molto solido (dal punto di vista tecnico-registico) e, per quanto possibile, obiettivo..o melgio disinteressato a giudicare a tutti i costi. sollima mostra, senza attaccare nè difendere. quello sta giustamente a chi guarda. il limite è forse l'anima da serial..le sotto-trame sono tante, al punto che ci sarebbe stata bene una miniserie.

e poi, finalmente, un film italiano che si 'sporca le mani', non il solito filmetto intellettual-furbetto. mi ha ricordato i film di Olivier Marchal, che prima di diventare regista in polizia ci ha lavorato per anni!

di sicuro non l'ho trovato nè furbo, nè ruffiano.

è se non fosse stato un film italiano, il giudizio sarebbe stato lo stesso? mah...

Noodles, autore, (ha votato 5 questo film) alle 15:10 del 3 febbraio 2012 ha scritto:

Dal punto di vista tecnico-registico non ha nulla di nuovo o particolarmente esaltante. Rispecchia la moda tutta italica di pompare i film attraverso uno stile particolarmente apprezzato e in voga (che è ovviamente quello del serial criminale) oltre che attraverso la musica pop e roboante. L'occhio sulla realtà è a mio avviso povero e stereotipato, quando non inverosimile.

Sorvolo sull'influenza che possa avere avuto sul giudizio il fatto che il film sia italiano perchè neanche vale la pena rispondere.

Semplicemente ribadisco che "ACAB" non ha saputo sorprendermi. "Gomorra" mi ha sorpreso. "Sette opere di misericordia" mi ha sorpreso. Due opere con temi affini al film di Sollima, giocate entrambe su un regia muta, livida, silenziosa, sottrattiva. "ACAB" fa tutto il contrario. E mi ha deluso, punto.

alexmn (ha votato 8 questo film) alle 16:29 del 3 febbraio 2012 ha scritto:

il mio era un giudizio personale e tranquilissimo, non una verità insindacabile. quella finale era evidentemente una provocazione..non è che volessi accusare niente e nessuno

sempre per la bellezza del confronto, ti dirò che per me il paragone con gomorra è improponibile..personalmente lo considero uno dei migliori film italiani di sempre...proprio un'altra categoria, altri intenti (autoriali lì, di genere qui). Sollima fa parte di quella tipologia di registi che in Italia quasi non esistono, ma che sono importanti/necessari per la cinematografia di un paese (sempre a mio parere). e romanzo criminale rimane una serie tv davvero ottima.

detto ciò, abbiamo visioni completamente differenti e inconciliabili. questo però non giustifica la perentorietà di giudizio nè la pretesa di assolutezza. l'arte è soggettiva e si predispone a un confronto tra visioni personali..che può anche non esserci, se non ci sono volontà e presupposto.

comunque tranquillo.

Noodles, autore, (ha votato 5 questo film) alle 17:19 del 3 febbraio 2012 ha scritto:

Non pretendo di certo l'assolutezza, figurati. Anzi sono convintissimo che per un cinefilo il confronto -per quanto i suoi toni possano essere forti- sia importante e necessario quanto la visione.

E in effetti ammetto di aver notato come "ACAB" abbia fortemente diviso critica a pubblico. Questo non può che essere un bene, per quanto (di nuovo) dal mio PERSONALISSIMO punto di vista, il film di Sollima non aggiunge davvero nulla di così esaltante o innovativo nel panorama del cinema nostrano.

D'accordo su "Gomorra", comunque, che come ho già specificato mi ha sorpreso!

Marco_Biasio (ha votato 7 questo film) alle 13:43 del 4 febbraio 2012 ha scritto:

No, non aggiunge nulla di esaltante (bruttino il ritmo da serial, a tal proposito), ma il tuo giudizio è un po' troppo tranchant, a mio avviso. Il film non vuole né mettere in rilievo l'anima sadica dei poliziotti (non solo) né dipingere i loro "nemici" come mostri ingestibili (non solo), che sono invece le "chiavi" su cui si sono parzialmente sprecati i giudizi di parte, a destra come a sinistra. Semplicemente io ci vedo - e ci ho visto - molta filosofia pasoliniana: poveracci che se la pigliano con altri poveracci (tifosi, manifestanti, extracomunitari...) per difendere (inconsciamente? Mazinga, Negro e Cobra sono fascisti, d'altro canto!) uno status quo che li manovra a suo piacimento, come pedine di un brutto gioco di società... I riferimenti di attualità potevano comunque essere meglio sviluppati, sono d'accordo - esemplare il caso della Diaz - e la perenne imparzialità di giudizio ha fatto mugugnare in sala più di qualcuno, che si sarebbe invece aspettato una più netta presa di posizione. 6,5.

Noodles, autore, (ha votato 5 questo film) alle 15:19 del 4 febbraio 2012 ha scritto:

Infatti credo, e l'ho specificato, che il film voglia mescolare un po' di tutto ciò (anime sadiche, sistema marcio che sparge odio). E in questo ho trovato una debolezza.

Peasyfloyd (ha votato 8 questo film) alle 21:17 del 12 aprile 2012 ha scritto:

"l'ho trovato un film molto solido (dal punto di vista tecnico-registico) e, per quanto possibile, obiettivo..o melgio disinteressato a giudicare a tutti i costi. sollima mostra, senza attaccare nè difendere. quello sta giustamente a chi guarda."------> sottoscrivo in pieno questo commento di Alessandro. Ovviamente ha ragione anche Stefano a far notare che non c'è niente di nuovo, però indubbiamente mi sembra che siamo su canoni tecnici e formali di regia medio-alti. Sull'aspetto politico credo sia stato fatto tanto chiasso per quasi nulla. Forse sbaglio io, ma, non avendo visto la serie Romanzo Criminale, non mi aspettavo niente da Sollima. Non ho visto quindi questo difetto, anzi vi dirò, l'impressione che ho avuto è quella di un film pienamente neorealista, che intende cioè andare a investigare in quel mondo delle forze dell'ordine da sempre permeato in buona misura da una cultura di destra e filo-fascista. Lo fa senza retorica ed in maniera sostanzialmente oggettiva. Senza prendere le parti di questo o di quello. Ognuno ne trae i suoi giudizi. Forse qualcuno si può far prendere un po' troppo dal clima di cameratismo e di proto-eroismo quasi spartano che aleggia qua e là (a riguardo, ecco, trovo un po' troppo sbilanciato il finale), ma lo spettatore medio che ha un cervello si rende subito conto dei gravi danneggiamenti che subisce l'immagine della polizia e delle forze dell'ordine nel loro complesso, da un film del genere. Cmq nonostante non condivida la recensione di Stefano gli faccio i complimenti per aver messo in luce aspetti che non avevo minimamente preso in considerazione. Ogni analisi è rispettabile se ben argomentata