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7/10

La parrucchiera regia di Stefano Incerti

Drammatico
recensione di Claudia

In una Napoli dai sapori e colori vivacemente e giustamente mediorentali, la giovane e testarda parrucchiera Rosa non si lascia abbattere da sventure più o meno programmatiche (figli da crescere da sola, avances non richieste, licenziamenti) ed apre una sua attviità con la preziosa collaborazione di amiche e vicinato.

Per un film dal tema così universale (la forza delle donne) tanta, troppa carne a fuoco: sembra strano a dirsi ma La parrucchiera è sprecato per il cinema, sarebbe stato un' ottima miniserie in 4 serie (e rai cinema, che produce con altre, possibile non abbia passato il progetto alla “casa madre”?).

Tutti infatti in La parrucchiera hanno il loro sviluppatissimo plot: non solo la bella e vivace Rosa, ma anche amiche, amici, figli, fidanzatine del figlio, forse-padre del figlio, ex collega di lavoro...paradossalmente il dittico principale (Rosa e Patrizia, le bravissime Pina Turco e Cristina Donadio ) sono le più sfocate (chi sono? Come sono finite così? Si ok, Patrizia considera Rosa “come una figlia”, ma sembra una frase che usa inopinatamente per un po' tutti, anche per il “men che figlio” Antonio alias Kevin, anche lui con il suo bel subplot a lievitazione naturale, talmente efficace che verso il finale diventa un improbabile protagonista.

Un secondo atto un po' a rilento poiché troppo innamorato di scene carine ma francamente appunto più adatte a tv che al cinema (la creazione e costruzione del locale di Rosa e conseguente spiaggio di Patrizia e Kevin, ripetuto allo sfinimento, come si potrebbe fare con un prodotto che necessita di pause pubblicitarie in mezzo).

in un ritmo così alla calma (ben 118 minuti) ovviamente la tensione sessuale tra Rosa e Salvatore ha tutto ma proprio tutto il tempo di crescere e interrompersi innumerevoli volte, il che non è malissimo, ma parrebbe più adatto ad una relazione tra 15 enni forse massimo 20 enni, che trentenni ex fidanzati una addirittura con figlio in prepubertà (anzi, a sentire le maestre in pubertà avanzatissima, per un altra delle innumerevoli linee di trame per fortuna abbandonata, probabilmente anzi dimenticata).

Partecipazione di Ernesto Mahieux rapida e indolore giusto per fare quadretto su Napoli, impressionare gli investitori e riportare un po di “colore” (che sarebbe il nero); molto meglio la trovata di Tony Tammaro nel ruolo del “cattivo”.

Funziona meglio quando si ispira ai colori alla Ozpetek (i trans, i ballatoi, la multicomunità) che al torbido (la tentata violenza).

Bella colonna sonora, ottimo il lavoro di squadra.

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