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7/10

Romanzo di una Strage regia di Marco Tullio Giordana

Drammatico
recensione di Pasquale D'Aiello

Il 12 dicembre 1969 una bomba esplode nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura e provoca la morte di 17 persone. Il commissario Calabresi incaricato di seguire le indagini, in un primo momento i sospetti ricadono sugli anarchici e portano all'arresto di Giuseppe Pinelli, un ferroviere noto per le sue posizioni estranee alla violenza stragista ma da cui si vogliono informazioni sull'anarchico Valpreda su cui esistono sospetti. Durante l'interrogatorio effettuato dalla polizia Pinelli precipita da una finestra della questura. Successivamente le indagini imboccano la pista nera che conduce a Freda e Ventura, esponenti dell'estremismo di destra veneto. Ma gli inquirenti sono ostacolati da apparati dello stato che operano depistaggi. Il commissario Calabresi comprende che la strage stata manipolata dai servizi segreti di paesi NATO e da pezzi deviati dello stato che intendono instaurare in Italia un regime non democratico per ridurre l'influenza del PCI. Anche Aldo Moro, ministro degli esteri, comprende le trame che si celano dietro questa strage, ne parla al presidente della Repubblica Saragat ma per opportunitpolitica preferisce tacere. Il 17 maggio 1972 il commissario Calabresi, indicato dai gruppi extraparlamentari di sinistra come il responsabile morale della morte di Pinelli, viene ucciso, della sua morte verrà giudicato colpevole il vertice di Lotta Continua.

 

Marco Tullio Giordana ritorna su un tema importante della sua produzione cinematografica, la lotta armata degli anni '70. Sul mondo della sovversione di sinistra aveva già realizzato due film, Maledetti vi amerò (1980) e La caduta degli angeli ribelli (1981). Ora rivolge la sua attenzione all'eversione di destra, che in Italia ha avuto una declinazione propriamente terroristica. Il film intende assumere in modo esplicito il compito di conservare la memoria della strage di piazza Fontana e delle verità storiche e politiche che ne possano spiegare la genesi.

È un'opera che risponde ad un'esigenza di verità e per acquisire la più alta credibilità possibile decide di mantenere un forte legame con i fatti storicamente accertati sia in sede giudiziaria che giornalistica. Il regista ha richiamato più volte esplicitamente la lezione di Pasolini che già nell'immediatezza della strage aveva messo insieme i fattori politici che potevano spiegare il disegno della strategia stragista, sia nel famoso articolo per il Corriere della Sera in cui dichiarava di conoscere i nomi degli autori della strage ma di non averne le prove sia nel film documentario 12 Dicembre (1972), alla cui ideazione e realizzazione aveva contribuito insieme a Lotta Continua. A quell'epoca Pasolini non aveva tutti gli elementi di cui oggi noi disponiamo.

Oggi è possibile suffragare la sua tesi sulla base di elementi credibili. In particolar modo la sceneggiatura poggia sul libro del giornalista dell'ANSA Paolo Cucchiarelli, Il segreto di piazza Fontana (2009), che espone una tesi molto suggestiva, suffragata da molti indizi anche se non comprovata da verità processuali, quella della doppia bomba. Cucchiarelli parte dalla constatazione che in quegli anni gli anarchici erano pesantemente infiltrati da esponenti dell'estremismo nero che intendevano far ricadere sugli ambienti di sinistra le responsabilità di azioni violente con il fine di provocare una risposta reazionaria dello stato che avrebbe potuto debellare il rischio comunista e instaurare anche in Italia un regime fascistoide come era già in Portogallo, Spagna e Grecia.

Sfruttando queste infiltrazioni i neofascisti veneti legati a Franco Freda e Giovanni Ventura avrebbero cercato di far ricadere sull'anarchico Valpreda la responsabilità della strage. Stando alle risultanze delle indagini è plausibile ritenere che le bombe esplose all'interno della banca siano state due, una, per così dire, simbolica di basso potenziale che sarebbe dovuta esplodere a banca chiusa ed un'altra che, invece, mirava a causare quanti più morti possibile. Sempre secondo Cucchiarelli, è possibile anche che Valpreda abbia realmente depositato la bomba a basso potenziale, ignaro del progetto stragista che si andava profilando. Giordana ipotizza che il commissario Calabresi potesse essere arrivato ad un punto delle indagini in cui si sarebbe imbattuto nella struttura Stay Behind, che aveva il compito ufficiale di preparare la resistenza ad un eventuale colpo di stato comunista in Italia ma che, in realtà sarebbe stata utilizzata per sostenere azioni di terroristiche con lo scopo di stabilizzare la situazione politica. Alla luce di questa supposizione i dubbi sulla responsabilità di Lotta Continua nella morte del commissario Calabresi diventerebbero certamente più sostanziati ma di questo non c'è traccia esplicita nel film ed ogni spettatore potrà farsi una propria opinione in merito.

Sulla questione della morte di Pinelli appare chiarissima la responsabilità della polizia, a prescindere dalle assoluzioni giudiziarie, ma le troppe ellissi nella ricostruzione filmica non permettono di disegnare uno scenario credibile in cui sia potuta maturare la morte dell'anarchico. Il rapporto tra Pinelli e Calabresi e il clima dell'interrogatorio appaiono edulcorati ma è evidente che ogni ulteriore valutazione critica avrebbe prodotto uno sguardo soggettivo che, sebbene più verosimile, avrebbe ridotto l'agibilità politica a cui il film ambisce.

Da un punto di vista più strettamente filmico possiamo notare come la resa dei personaggi, sebbene improntata al massimo di verosimiglianza fisica, produca a tratti un effetto di straniamento, soprattutto nei personaggi di Moro (Fabrizio Gifuni), Valpreda (Stefano Scandaletti) e del questore Guida (Sergio Solli). Sarà che alcune tipologie umane ci sembrano desuete, sarà che alcune interpretazioni virano troppo sul tono brillante ma forse una scelta di maggiore realismo avrebbe giovato.

Anche se la giustizia non è stata in grado di punire i colpevoli di quella strage, un paese democratico, o almeno la sua parte migliore, ha il dovere di cercare una verità condivisa che faccia luce sui troppi misteri della recente storia italiana. Questo film prova a farlo, consegnando al grande pubblico cinematografico una verità storica ormai accertata, ovvero che la strage fu di stato e fascista. L'aver perseguito questo valore politico è un merito che va riconosciuto.

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Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 3 voti.

C Commenti

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Peasyfloyd (ha votato 6 questo film) alle 15:32 del 2 aprile 2012 ha scritto:

A livello tecnico trovo che il film scorra meglio nella prima parte. Più varia nel ritmo, nella costruzione di scenografie e personaggi, nell'alternanza tra filmati d'epoca e scene girate in maniera sublime. Nella seconda invece forse si indugia un po' troppo (simbolo è il malinconico e passivo Mastandrea), anche se rimane su livelli più che buoni. C'è in ogni caso di che essere soddisfatti