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6/10

40 Carati regia di Asger Leth

Poliziesco
recensione di Alessandro Pascale

 

Nick Cassidy è un ex-poliziotto finito in prigione per un crimine che non ha commesso. Disperato, approfitta della prima buona occasione che gli capita per evadere. Dopo un anno dalla sua fuga la polizia lo ritrova sul cornicione di un albergo di Manhattan, intenzionato a buttarsi giù per suicidarsi. Mentre Lydia Mercer, una psicologa della polizia, cerca di convincere l'uomo a desistere dal compiere quel folle gesto, il fratello di Nick commette il più grande furto di diamanti di tutti i tempi: il tentativo di suicidio è soltanto un pretesto per distrarre gli agenti.

 

Probabilmente oggi, nel 2012, non esiste un genere più difficile da affrontare del thriller d'azione. Negli ultimi anni abbiamo visto di tutto di più: sparatorie, combattimenti aerei, piani intricati, lotte al rallentatore, rapine spettacolari, ecc. ecc.

Decidere di affrontare questo genere consapevolmente senza scadere nel parodico, nel trash fine a sé stesso, o nel banale è impresa assai ardua per un regista promettente (quale il documentarista Leth) che voglia proporsi di mettere in piedi un prodotto godibile e di buon gusto. Asger Leth riesce nel suo piccolo in questa piccola impresa. Pur senza brillare particolarmente, e certo non realizzando un'opera clamorosa che verrà ricordata nei secoli. Niente di tutto questo. 40 Carati (il cui titolo originale è un assai diverso Man on a Ledge) è un'opera onesta e godibile, che svolge il suo sporco lavoro di raccontare una storia già vista e sentita troppe volte (un poliziotto corrotto e condannato che deve discolparsi con ogni mezzo) sfruttando una modalità di racconto arzigogolata eppure chiara e appassionante.

Oddio, forse appassionante è una parola troppo impegnativa; meglio forse “avvolgente”, capace cioè di stimolare la curiosità per quel tanto di mistero e di dubbio che rimane impresso nell'intera prima parte (e buona parte della seconda, tranne lo scontato finale).

Scelte registiche stimolanti quindi, fondate su una buona capacità di giocare sul timbro cronologico, attraverso un uso calibrato di flashback, capaci di rendere più appetibile una sceneggiatura altrimenti un po' traballante, scontando una serie di dialoghi poco avvincenti, impedendo a Sam Worthington (Avatar) di esprimersi al meglio. Si poteva inoltre fare di meglio nell'assemblamento del cast e nell'approfondimento psicologico dei personaggi secondari (il ruolo di Elizabeth Banks lo dimostra ampiamente). Ovviamente con la secca eccezione di Ed Harris, che aggiunge un tocco di classe sopraffino che spinge per un pollice verso complessivo verso 40 Carati. Come dire che gira e rigira, la classe non è acqua.

Ps: mezzo punto in meno per quel volo acrobatico finale talmente inverosimile quanto mal costruito e totalmente inutile.

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