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6/10

La Rapina Perfetta regia di Roger Donaldson

Thriller
recensione di Alessandro Pascale

Londra, 1971: Terry, un venditore di automobili con problemi economici dedito alla piccola criminalità, viene contattato da una sua vecchia fiamma per un colpo sicuro ad una piccola banca. Per Terry è l'occasione che aspettava da tempo: mollare tutto, saldare i debiti e ricominciare una nuova vita con sua moglie e le sue figlie. Il piano è semplice: scavare un tunnel che porta direttamente al caveau della banca e svuotare le cassette di sicurezza fino all'ultimo centesimo. Ma ciò che sembrava un semplice colpo, si trasforma in un gioco criminale più grande di loro: il contenuto di una delle cassette contiene segreti che coinvolgono Mafia, Servizi Segreti e famiglia reale coinvolti in scandali sessuali, omicidio e corruzione…

La rapina perfetta poteva essere un film interessante per le sue premesse: un soggetto sempre vincente ed accattivante, un cast più che discreto fornito della punta di diamante Jason Statham (Lock & Stock, Crank) e un regista-artigiano professionale di una certa esperienza come Roger Donaldson (Il Bounty, Thirteen Days, La regola del sospetto).

Invece duole dirlo ma le premesse affogano in un’opera che tenta disperatamente di riallacciarsi a recenti modelli di successo come quelli imposti da Guy Ritchie (Lock & Stock, The Snatch) e Steven Soderbergh (Ocean’s Eleven e i suoi seguiti), senza riuscire però a catturare lo sferzante humour e la brillantezza del primo né tantomeno la raffinatezza e il ritmo del secondo.

Sta in un piccolo limbo La rapina perfetta, godendo di alcune discrete trovate sceniche e di una regia che riesce ad offrire giusto quel qualcosina in più dell’essenziale. A fare da valore aggiunto e tenere in piedi una barca traballante è in realtà il peso dello statuario Statham, che con la sua presenza scenica e la sua capacità di orientarsi tra registri quasi comici ed altri più drammatici e d’azione riesce a dare un po’ di vita ad una trama altrimenti un po’ troppo appiattita e scontata.

Scarsa la costruzione psicologica degli altri attori, poco approfondite le relazioni tra gruppi politici black-power e servizi segreti, e piattissima infine la seconda parte del film, cui si cerca di rimediare con un rinnovato protagonismo di una specie di porno-mafia. L’impressione è però che questa mossa sia assai poco messa a fuoco, e che diventi infatti quel che è: un pasticciaccio brutto da cui si esce con un finale privo di colpi di scena.

Si rimane delusi quindi, specie per la mediocrità di un film non certo brutto, ma un tantino scontato e inutile. Anche se è sempre bello veder rapinare con successo una banca.

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