Avatar regia di James Cameron
AvventuraUn ex marine viene coinvolto nel tentativo di sfruttare le grandi risorse minerarie del pianeta Pandora. Avendo perso l'uso delle gambe, il ragazzo partecipa ad un progetto che lo vedrà collegato ad un avatar in tutto simile ai nativi, ostilli all'invasione degli umani, che minaccia l'equilibrio di Pandora.
Se non ne parli sei spocchioso. Se ne parli male stai cercando di metterti in mostra. Se ne parli bene ti sei fatto ammaliare dall'insopportabile martellamento mediatico, spesso di aiuto nel determinare l'andamento degli incassi al botteghino, al fianco delle politiche di distribuzione – si parla di 932 copie distribuite, in Italia, dalla Fox.
Togliamoci lo sfizio, tanto su questo film si sprecano commenti ed analisi. La domanda conseguente è: questo recensore è spocchioso, egocentrico o ammaliato? Nessuna delle tre – lo so, è una risposta scontata, ma in fondo è di un film scontato che sto scrivendo. Tanto poi il giudizio in sé conta poco, avendo tutti la possibilità di dissentire sprezzanti grazie al famoso luogo comune (in parte vero) del critico che è un artista fallito. Perché poi in fondo quando si esprime un giudizio si è critici, quindi saremmo tutti artisti falliti. Un ragionamento utile a comprendere che occorre evitare gli archetipi con cui spesso una persona entra a vedere la pellicola di cui tutti parlano da mesi, che però in Italia è arrivata settimane dopo rispetto a quasi tutti gli altri paesi occidentali (grazie, cinepanettoni!). Dai per scontato di sapere già che ti piacerà perché hai visto il servizio di Mollica e ne hai discusso sull'autobus, con la signora che rimpiange Via col vento. Spesso è così, evitiamo di negarcelo. Succede persino di sentirsi raccontare che è un nuovo Guerre Stellari. Io vi avverto, così poi evitiamo drammi familiari e processi penali. Se mi capita di sentire ancora un'eresia di tale genere riceverete una visita personale con conseguente defenestrazione. L'accurata ricostruzione di un mondo altro, perfetta in ogni suo dettaglio e talmente studiata da costituire terreno fertile per decine di videogiochi e libri (oltre a fumetti, cartoni animati, sequel, …), non ha niente a che vedere con la trilogia originaria dei Cavalieri Jedi, da cui si sono sviluppate anche delle religioni.
La dimensione antropologica di Pandora, così come la proiezione di schemi culturali umani contemporanei ancorano l'immaginazione dello spettatore (alcuni esempi: l'eterosessualità, la monogamia, gli indigeni antropomorfi che vanno a cavallo e sparano frecce), che si ritrova con una libertà di spaziare pari a quella data dai romanzi di avventura, a discapito dell'elemento fantascientifico. Immaginifico ma non onirico, impressionante ma non sorprendente (neanche i macchinari futuristici appaiono inediti).
Il successo (di pubblico e critica) è comunque comprensibile e andrebbe studiata la capacità con cui si è realizzato alla perfezione il meccanismo per il quale, ancor prima dell'uscita nelle sale, diverse persone erano già convinte di essere alle prese con una cesura nella storia dei film, non solo a livello tecnico ma anche qualitativo. Merito ovviamente dell'esperienza di James Cameron, capace di inserire nel tessuto sociale tòpoi come Alien e Teminator. La sfida verso sé stesso, ossia superare gli incassi di Titanic (ad oggi detentore del record), assume interesse per cercare di capire se la fantascienza (qui non pienamente evidenziata) potrà superare l'isterismo scatenato a suo tempo da Di Caprio. In effetti in Avatar non ci sono grandi trampolini di lancio per gli attori, pare più un lavoro corale, relegando la classica recitazione ad un secondo piano, con i protagonisti ricostruiti artificialmente. Il livello è comunque buono, soprattutto nel caso dei veterani, pensando a Sigourney Weaver e, soprattutto, a Stephen Lang, che conferma il periodo d'oro di cui fanno parte anche le interpretazione ne L'uomo che fissa le capre e in Nemico pubblico di Mann. Mi sia qui concesso di citare Michelle Rodriguez, di cui mi innamorai da piccolo, nell'incomprensione dei compagni di classe, che preferivano parlare di calcio (no comment). Il suo fascino da cattiva ragazza continua ad essere sottovalutato, senza mai essere messo alla prova. Per la felicità del fronte maschile si richiede uno sforzo ad Hollywood, vedremo se il 2010 saprà accontentare le aspettative.
L'incontro fra razze è portato in scena senza alcuna ricerca di originalità. C'è l'elemento western (Piccolo grande uomo e L'uomo chiamato cavallo più degli altri), Apocalypse Now, Pocahontas e Balla con i lupi (come giustamente ha fatto notare anche South Park). La semplicità e la scarsa originalità sono funzionali alla veicolazione del messaggio, a creare un legame emotivo con lo spettatore. Il problema sarà vedere quanto si riuscirà a trarne delle conseguenze. In fondo il rispetto dell'ambiente è la nuova sensibilità internazionale che unisce le coscienze collettive occidentali per incanalare un presunto impegno civile (spesso meramente dichiarato). Di fatto qui si sfocia in qualcosa di più del concetto di natura legato alla cristianità (con Ratzinger che si pronuncia in termini strumentali). Una lunga citazione dell'Osservatore Romano credo valga più di ogni mia parola: “il sotteso ecologismo si impantana in uno spiritualismo legato al culto della natura che ammicca non poco a una delle tante mode del tempo. La stessa identificazione dei distruttori con gli invasori e degli ambientalisti con gli indigeni appare poi una semplificazione che sminuisce la portata del problema”. Il punto è che se uno sta guardano Avatar dovrebbe sapere di non essere davanti ad un documentario sulle questioni ambientali. Sicuramente il commento sopracitato apparirà ai più semplicemente esagerato, però sarebbe il caso di comprendere la potenzialità di un dibattito che viene sottinteso. La società di Pandora è palesemente pagana, rispecchia con superficialità concetti presenti anche nell'antica Grecia. Stesso dicasi per il ruolo delle donne.
Sarebbe inoltre utile un avvertimento in calce, all'inizio o al termine del film. L'utilizzo di mercenari privati in zone di guerra, ai fini dello sfruttamento energetico, non ha nulla di fantascientifico.
La cultura non si esprime solo a livelli alti ma un film di questo genere resta un'avventura in 3D se non si cerca di approfondire alcuni elementi. Invece si resterà a parlare dell'ottima fotografia, della buona colonna sonora (ha ragione Sollazzo quando cita Leona Lewis come unica nota stonata) e della spazialità che rende il sogno reale. In tal senso l'identificazione dello spettatore è perfetta, anche grazie ai “nomi bellocchiani”, utili “per mostrarci ancora meglio buoni e cattivi” (Boris Sollazzo).
Nello schema semplicistico tra chi ha ragione e chi ha torto non esistono ambiguità. Fosse così semplice avremmo meno problemi al mondo. Ogni tanto però occorre distrarsi, Avatar è uno dei film che ci riesce meglio.
Un film di genere, capace di rispettare le aspettative, appositamente create.
[Sì, deve essere visto in 3D, risposta alla domanda che molti si pongono. Speranza di risparmiare il sovrapprezzo disattessa]
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