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3/10

Jumper - Senza confini regia di Doug Liman

Avventura
recensione di Dmitrij Palagi

David Rice scopre di potersi teletrasportare in qualsiasi luogo immagini, purchè sappia dove vorrebbe essere. Inizia così la fuga dalla propria vita, da cui cercherà di allontanarsi quasi del tutto (compreso il padre poco amorevole). L'unico legame col passato è l'universo femminile. La madre che inspiegabilmente lo ha abbandonato a 5 anni e la compagna di scuola Millie Harris, amore d'infanzia sempre vivo.

Il teletrasporto concederà a David una vita basata su innocue rapine e furti. Questo fino a che non incontrerà i Paladini, setta di fanatici che da secoli perseguita i Jumper. Così il ragazzo scoprirà di non essere l'unico ad avere determinati poteri, oltre a ritrovarsi in mezzo a un conflitto senza tregua.

 

Lui è... non lo so, ciao! (Millie Harris/Rachel Bilson, riferendosi al protagonista)

Salvare un'ora e mezzo della propria vita grazie ad un avvertimento. Potrebbe essere persino più utile delle frasi in grassetto sui pacchetti di sigarette. Il film urta pesantemente i maggiori di 15 anni.

Tra i vari perché che attraversano la mente dello spettatore uno sovrasta tutti gli altri: perché concedere di girare all'interno del Colosseo (cosa rara) un film come Jumper? La risposta arriva a metà proiezione: è la spiegazione culturale-storica, che illuminerà le migliaia di persone che accorreranno a vedere la pellicola. Insomma un permesso che da solo vale più di tutta la vita di Alberto Angela. Così dopo 36 minuti, guardabili ma già allarmanti, il tentativo è dare fuoco al tutto. “Qui sotto c'erano i gladiatori e i leoni... nelle gabbie”. Visto che è stato pure una delusione ai botteghini bisognerebbe regalare a Ridley Scott l'intero patrimonio artistico di Roma, magari fa pure meglio del nostrano Stato.

Eppure c'è anche una morale. Se vedete una persona ucciderne un'altra, dovete gridare all'assassino: disgraziato!

Se un film è brutto e demenziale basta mettersi l'anima in pace. Persino i film d'azione, che con alcuni chiamiamo cazzoni, hanno un limite che non possono valicare. Altrimenti diventano troiai. Quest'ultima categoria ha una sua dignità, che però bisogna avere il coraggio di rivendicare. Se andate a vedere super squali contro piovre giganti sapete che cosa vedrete. Starà al regista non deludere un pubblico un po' particolare, ma con un suo senso e una sua dignità. Qui ci si perde nei meandri del brutto, rendendo noia tutto ciò che è banale ed evitando puntualmente l'originalità.

Due puntualizzazioni: qui non si parla del brutto che può anche essere bello. Si utilizza la parola brutto nel senso più viscerale, non si salva niente e non riesce ad essere neanche orribile. Neutralità pura. Non si smuove neanche un neurone. L'altro appunto riguarda il sottoscritto, ben avvezzo a film non esattamente intellettuali ed estimatore di generi generalmente cassati dalla critica. Fidatevi vi prego. Non c'è supponenza nello sconsigliare vivamente questa pellicola. Diventa quasi un modo per giustificarsi: potevo fare milioni di cose più utili ma almeno ho evitato la tortura ad altre persone.

Gli effetti speciali possono rientrare in prima categoria e almeno un autobus, di quelli rossi inglesi, scaraventato in mezzo al deserto addosso a un discutibile Samuel L. Jackson, è forse l'unica scena dove non si trattiene un lieve sorriso. Perbenista, con una morale ridicola e irreale, recitato in modo anonimo, hollywoodiano in ogni fotogramma. Fotografia, colonna sonora e regia non dicono assolutamente niente. Già visto tutto. A questo punto meglio vedersi Wanted (2008) per una seconda volta.

Odio le recensioni che gettano discredito fine a sé stesso, solitamente preferisco non commentare una cosa che suscita indifferente disdegno. Con umiltà penso: colpa della mia formazione, sarò troppo chiuso e rigido o avrò evidenti carenze. Però qui si esagera. Bagno, sigaretta, rumori strani in terrazza, una nuvola, il sole, le dita della mano, granelli di polvere. Tutto acquista interesse rispetto alle immagini che passano sullo schermo. Ottimo per manicure e pulizia delle orecchie.

L'affronto più alto è che si tratta di una trilogia. Perché in un film d'azione, dove ci si spara migliaia di volte addosso, dove si salta dalla cima di una piramide a un oceano infestato di squali, dove si scaraventano macchine addosso alle persone, dove ci si ritrova in mezzo alla Cecenia (tanto per dire che là c'è la guerra, perché invece in Afghanistan e Iraq...), non muore nessuno. Al massimo saprete che qualcuno, di cui ignorate l'esistenza e della quale vi dimenticherete dopo 10 secondi, è sfortunatamente deceduto. L'unico cadavere effettivamente presente è disarmante: persino un babbo morto diventa noioso. C'è di che arrendersi.

Un atteggiamento che potrà sembrare particolarmente rancoroso ma è fomentato dal contesto. La regia è di Doug Liman, noto soprattutto per aver diretto Mr. & Mrs. Smith (2005) e The Bourne Identity (2002), di cui ha prodotto i due seguiti. Dal pubblico a casa il suggerimento arriva non desiderato: è anche il produttore di The O.C.. Così il principale imputato è stato segnalato. Spicca l'incapacità di saper sfruttare la suggestione delle ambientazioni, accontentandosi di spostare, come con un programma grafico, i personaggi da una cartolina all'altra. Giustamente un articolo de il manifesto segnalava come sembrano divertirsi molto di più, nel viaggiare, i vecchietti di Non è mai troppo tardi (2007).

Un complimento particolare anche alla sceneggiatura, che riesce, con maestria tutta hollywoodiana, a rovinare il romanzo dell'antropologo Steven Gould, da cui è tratto questo film. Grande confusione e volontà di rimandare tutto al secondo episodio. Un'introduzione con tanti effetti speciali, poca sostanza, molta superficialità.

Per quanto riguarda gli attori si è già tirato in causa l'anonimato della recitazione, soprattutto di Samuel L. Jackson. Al suo fianco risalta Hayden Christensen, che si lasciava odiare nei panni di Anakanin Skywalker in Star Wars, episodio II (2002) e III (2005). Sempre una faccia da schiaffi ma persino lui resta nella massa dello scarso interesse.

Tutto il resto sarebbe uno stanco elenco di nomi, titoli e tecnologie.

Soprattutto i bambini hanno diritto a qualcosa di meglio.

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