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7/10

Agata e la Tempesta regia di Silvio Soldini

Romantico
recensione di Dmitrij Palagi

Al passaggio di Agata, libraia genovese, le lampadine, inspiegabilmente, si fulminano. Suo fratello Gustavo, architetto benestante, riceve la visita di Romeo, venditore di abiti casual del Comacchio, che sostiene di essere suo fratello e di conoscere la sua vera madre. I tre mondi si incrociano influenzando le vite di tutti quelli che circondano i protagonisti, compresi amanti, amici e un sindaco danese.

Più che una tempesta è un arcobaleno, misto di colori chiari e scuri ma che nell'insieme trasmette sensazioni di fiducia, di speranza (elementi diversi rispetto all'ottimismo).

Scrivere una recensione dopo lungo tempo rispetto all'uscita di un film ha qualche vantaggio, almeno nei confronti di chi si appresta a dare un giudizio a caldo, senza poter fare riferimento ad altre critiche e/o recensioni. Premessa necessaria prima di contestare i molti che dipingono questo Agata e la tempesta come un derivato diretto di Pane e tulipani (2000). Solo perché è una commedia dello stesso regista non significa che siano uno l'ideale proseguo dell'altro. Ovviamente ci sono elementi molto simili ma a vedere i film di Soldini il collegamento più appropriato sarebbe con L'aria serena dell'Ovest (1990), che dieci anni prima del grande pubblico aveva smosso entusiasti critici e un sempre maggior numero di aficionados.

I toni di Soldini si sono fatti più surreali, aprendosi a ragionamenti di maggior respiro, contaminati da contraddizioni e minore linearità, sia riguardo alla trama che ai personaggi. Si ricerca gli aspetti positivi nelle tragedie esprimendoli attraverso una coralità che non appare mai forzata. Quella di Agata non è che una delle storie che vengono raccontate, a cui spetta il ruolo principale per essere il racconto di una allevatrice di libri (che talvolta confonde i ricordi reali con le sensazioni trasmesse da quello che ha letto). L'intenzione del regista (non esattamente chiara e quindi forse poco riuscita) è quella di portare la letteratura, attraverso i classici, all'interno del cinema. Espiazione, Ivanhoe e Madame Bovary sono alcune delle opere che influenzeranno le vicende di una strana famiglia, dove sembrano amalgamarsi i legami di sangue a quelli dell'amicizia, baluardo rispetto alla società e tema caro alla commedia all'italiana.

Non sempre si mantiene la tensione e le scene più belle sono forse quelle iniziali, dove la musica attacca appena la Maglietta finisce di ballare. La casa di Agata è ispirata ai quadri di Bonnard e rende perfettamente l'idea di quanto sia importante il colore, sottolineato dalla fotografia di Arnaldo Catinari. Altrettanto importanti sono gli esterni, con una contrapposizione tra a pianura Padana e l'affascinante città di Genova, dove una bandiera della pace sovrasta un orizzonte che ricorda qualche città orientale mediterranea. Da una parte vie strette e quasi impraticabili (ideali per gestire un G8), dall'altra un paesaggio rurale e provinciale. In un'intervista Soldini non nasconde la fase a cui appartiene il suo sesto film: “oggi come oggi non ho voglia di fare del cinema naturalista […] così cerco di creare un mondo a parte, quello del film, diverso ma pieno di rimandi a quello reale”.

Altro elemento di novità, rispetto ai lavori precedenti, è una colonna sonora presente per buona parte del lungometraggio, utilizzata, alla stregua dei colori, per delineare gli spazi (non i sentimenti).

Si potrebbe parlare molto dell'aspetto tecnico del film (svilendolo) ma l'unico altro elemento che qui verrà accennato è quello della recitazione. Gli attori avevano in buona parte già lavorato con Soldini rendendo questo uno degli aspetti migliori dell'opera. Il rischio era di ritrovarsi davanti a una collezione di scenette che si susseguono, modificando le ambientazioni. Invece tutto si conserva nel surreale ed anche Solfrizzi, scoperto sul set di El Alamein (2002), si inserisce in modo perfetto.

Un piacevole gioco visivo, che riesce a non stancare nonostante qualche caduta qua e là. Giustificare il morto appellandosi al sempre citato Il sorpasso appare un po' azzardato ma siamo davanti a un lavoro superiore a molto di quello che è stato distribuito in Italia nel primo decennio del nuovo millennio. Soldini è considerato un regista della corrente critica del cinema italiano contemporaneo (di cui fanno parte, fra gli altri, Moretti ed Amelio) ma qui sembra si cerchi di discostarsi, almeno in parte, dalla Penisola. Alcune atmosfere ricordano più Il favoloso mondo Amelie (2001) che un prodotto italico, mentre l'attenzione verso il reale si alleggerisce, sollevandosi e mescolandosi nell'area rarefatta.

Il mondo quotidiano è la cornice di una fiaba surreale, divertente e piacevole. Una serenità che può anche urtare se non si è nello spirito giusto, ma comunque non comune e decisamente preziosa.

Attenti alle lampadine.

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