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R Recensione

5/10

Uomini che odiano le donne regia di Niels Arden Oplev

Thriller
recensione di Dmitrij Palagi

Il ricco magnate dell'industria Henrik Vanger è ancora tormentato dalla scomparsa della nipote Harriet (avvenuta più di trenta anni prima). Ormai alla fine della sua vita decide di assumere il giornalista indipendente Mikael Blomkvist, appena condannato per diffamazione ai danni del potente finanziere Wennerström.

Mikael, in attesa di essere incarcerato, rinuncia a dimostrare la propria innocenza e si dedica con sempre più coinvolgimento al caso di Harriet, incrociando nelle indagini Lisbeth Salander, ragazza dal carattere difficile posta sotto tutela perchè ritenuta incapace di badare a sè stessa, ma anche dotata di numerosi qualità, soprattutto sul fronte dell'informatica.

Le ricerche prenderanno presto strade impreviste, andando a smuovere un passato torbido, scomodo anche per persone ancora in vita e intenzionate a non far emergere la verità.

 

Giudicare un film separandolo dal libro da cui è tratto non sempre si dimostra possibile. Soprattutto quando il libro in questione è un caso editoriale che senza grossi preavvisi ha venduto diversi milioni di copie nel mondo, nel giro di breve tempo.

Di certo si può evitare lo scopri le differenze da Settimana Enigmistica ma, visto che non si parla di angeli indemoniati da fantomatiche gioconde , resta l’interesse verso un volume di quasi 700 pagine, incentrato sulla denuncia sociale e su uno stile più freddo-giornalistico che caldo-narrativo.

La trama viene ridotta all’essenziale, declinando le due ore e mezzo di proiezione su un filone unico, senza troppe sfaccettature. Trattandosi di un giallo, che nella versione letteraria descrive in ogni minimo dettaglio anche il più secondario dei personaggi, ci si aspetterebbe un’attenzione altrettanto curata verso il profilo dei caratteri. Invece ecco che si accettano (con scure da falegname) protagonisti e comparse, semplificando qualsiasi passaggio e rendendo insopportabili determinate libertà interpretative, che mostrano palesemente una scarsa passione verso l’argomento.

Su tutti il giornalista-coprotagonista Mikael Blomkvist: fin dall’inizio appare come uomo privo di ogni controllo sulla sua vita, travolto prima da una condanna giudiziaria e poi da un ossessione investigativa verso l’incarico affidatogli da un bonario milionario. Di conseguenza il rapporto con l’altra protagonista perde ogni sorta di autonomia e diventa di totale subalternità a Lisbeth Salander.

Ci sono i buoni giuggerelloni, i cattivi senza pietà (quasi fumettistici) e la bella dannata su cui tutti scommettono per le vendite. Anziché costruire sul non detto si punta sulla semplificazione al limite del banale. Anche a livello di scelte cinematografiche non c’è mai nessuna ricerca, a parte un tavolino inquadrato nella parte finale con dubbia utilità.

Rispecchia i canoni di un riassunto da classi medie. Con una colonna sonora poco azzeccata si toglie ogni angolo buio, dando sempre ogni risposta. Non c’è niente da fare per lo spettatore, nulla su cui ragionare. Una ricetta per un dolce da seguire passo passo, priva di estro.

Il problema non è tanto la mancanza di determinati passaggi e neanche l’aver modificato determinati particolari. Il punto è l’aver snaturato quasi tutti i personaggi.

Senza tediare chi non ha letto il libro ci si può limitare all’esempio più superficiale; l’aspetto fisico delle parti femminili. Al di là della più che dibattuta Noomi Rapace (se lei è il canone del bruttino tanti maschietti hanno di che festeggiare), vorrei trovare una sola persona capace di riconoscere nella direttrice di Millennium l’attraente donna dalla spericolata vita sessuale, frequentatrice di locali estremi e "nota" bellezza nordica.

Per fortuna restano elementi cruciali di denuncia contemporanea (anche se non troppo approfonditi e sempre sacrificati); crisi del capitalismo, razzismo e soprattutto sessismo. L’ipocrisia su cui si fonda la società borghese, sempre più volgare e violenta nel corso della storia, assieme alla connessione tra economia legale ed illegale (che rende la mafia fenomeno internazionale), passa da protagonista a cornice per la ricerca dell’assassino della pupilla del magnate Henrik Ranger.

Tutto questo rende più che accessibile il film anche a chi non avesse mai sfogliato un capitolo di Larsson ma c’erano modi meno infelici per farlo.

Resta un’atmosfera nordica che diventa sempre più di moda, ma non per questo meno affascinante, e l’originalità di una certo modo di fare gialli. C'è da sperare che cambi l’atteggiamento. Il film è decollato, nella produzione e nell’attenzione del regista, soprattutto come risposta all’interesse statunitense sulla storia. Eppure la superficialità dimostrata richiama la peggiore scuola hollywoodiana e il pubblico più entusiasta sarà quello che non ha letto la trilogia Millennium.

Il giudizio si fa duro solo per chi ha passato notti insonni a leggere Män som hatar kvinnor, per gli altri è un giallo di due ore e mezzo che funziona a livello di trama, senza stupire e neanche annoiare, con una recitazione piacevole.

V Voti

Voto degli utenti: 6,1/10 in media su 7 voti.

C Commenti

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superPOP girl (ha votato 2 questo film) alle 23:36 del 13 novembre 2009 ha scritto:

atrocemente BRUTTO!

Peasyfloyd (ha votato 5 questo film) alle 0:19 del 3 dicembre 2009 ha scritto:

mah io non ho letto il libro (nonostante mi abbiano parlato molto bene del compagno larsson, anche a livello critico intendo) però anche senza dover fare il confronto trovo che il film non sia tutto sto granchè. Nel senso che sì, è un bel giallo, si vede che dietro c'è una storia coi controcoglioni, però a livello tecnico come fa notare il buon dmitrij, non si osa assolutamente nulla, siamo proprio al compitino svolto senza infamia e senza lode. Con l'aggravante che il ritmo cala spesso un pò troppo, e l'impressione (data forse dal finale un pò troppo dilungato) è che ci siano un pò troppi momenti di piattezza cronica. Cmq ottima rece!

dalvans (ha votato 2 questo film) alle 12:05 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

Brutto

Brutto