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9/10

Giungla D Asfalto regia di John Huston

Noir
recensione di Matteo Triola

 

Un esperto professionista del crimine soprannominato Doc ha studiato un piano infallibile per rubare una grossa partita di gioielli. Quando esce dal carcere, si prepara ad eseguirlo e cerca finanziatori per il colpo. Alonzo Emmerich, un avvocato di pochi scrupoli, accetta di aiutarlo procurandogli i soldi necessari per pagare i complici, ottenendoli in prestito dallo strozzino Cobby. Il colpo riesce, anche se uno dei componenti della banda viene ucciso. Da questo momento in poi, le cose precipitano: durante la divisione del bottino, Emmerich proverà a tenere i gioielli per se, ma per questo dovrà pagare un prezzo carissimo, che ancora non conosce...

Il regista John Huston si confronta con il genere del noir e del poliziesco, dopo i suoi nobili predecessori degli anni Trenta e Quaranta come Hawks, Preminger e Siodmak, dando il meglio di se. Tratto dal romanzo di W. R. Burnett e sceneggiato dallo stesso Huston con Ben Maddow, il film è un capolavoro di formalità e stile, in pieno accordo con la lezione del cinema americano classico.

Per la prima volta in un film noir, non troviamo più un Sam Spade (de "Il mistero del falco") o un Philip Marlowe, ossia il detective nel ruolo del protagonista che insegue la verità; qui l'attenzione si sposta sui rapinatori, sui cattivi, che verranno inghiottiti, a uno a uno, dalla spirale di rivalità, avidità e vendetta che li circonda. Il mondo degli umili e dei piccoli delinquenti come Dix (interpretato da un bravissimo Sterling Hayden) diventa il centro dell'interesse dell'autore, e l'intera vicenda criminosa viene seguita nei minimi particolari, con morbosa attenzione. La narrazione è serrata, ma non disdegna di indugiare con lunghe inquadrature sui momenti più significativi.

L'atmosfera caotica della città e la sensazione di “giungla” intricata di macchine e uomini viene scandita dalla superba fotografia in bianco e nero di Harold Rosson. La città, come in ogni film noir che si rispetti, è parte integrante della storia, diventando un labirinto anonimo e crudele che fornisce nascondigli e alibi. Il regista non dà scampo ai suoi protagonisti, lasciandoli al loro crudele destino; uno sguardo attento può cogliere sin dalla scena del furto alla gioielleria dei piccoli indizi, disseminati qua e là attraverso abili stratagemmi stilistici, che anticipano il tragico finale del film.

Perfetti i tre protagonisti Sterling Hayden, Louis Calhern, Jean Hagen, tutti posti sullo stesso livello, senza che all'uno o all'altro venga data maggiore importanza, con una giovanissima Marilyn Monroe nella prima piccola parte di rilievo che le fu affidata.

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