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4/10

Alibi e Sospetti regia di Pascal Bonitzer

Giallo
recensione di Federico Sargatti

Pierre Collier è morto. Assassinato a casa del senatore Henri Pagès e di sua moglie Eliane durante un week-end di villeggiatura. Sua moglie, Claire, è la maggiore indiziata considerato il fatto che è stata trovata con una pistola in mano accanto alla vittima. Inoltre avrebbe avuto tutti i motivi per vendicarsi del volubile marito. Ma spesso l'apparenza inganna. L'arma rinvenuta in mano alla donna non è quella del delitto e a quel punto ogni invitato diventa un potenziale indiziato: Esther, l'amante del morto, Léa vecchio amore di gioventù umiliata e Philippe il suo rivale. E perché escludere il senatore, appassionato di armi da fuoco?

Alibi e sospetti è un giallo francese tratto da un romanzo (Le vallon) di Agatha Christie, e francamente col senno di poi non ce ne poteva fregare di meno. Però lo si è guardato, quindi è sembrato obbligatorio scriverci due parole per mettere in guardia gli aficionados dal guardare quest’operetta da due soldi senza infamia e senza lode per ripiegare piuttosto sul più accattivante St.Trinians. Che tanto in entrambi i casi si parla di film inutili e per nulla impegnativi, ma almeno lì vi vedete due belle cosce e qualche femmina in divisa, così da tirarvi un po’ su il morale.

Sforzandosi un po’ per tirare giù due parole sul film in questione si potrebbe dire che Pascal Bonitzer non è un dilettante, anzi: inizia la sua carriera nel 1969 scrivendo sui gloriosi Cahiers du Cinéma come critico, passando sulla sponda del fare cinema (come prima di lui gloriosi colleghi del calibro di Godard, Truffaut, Rohmer, ecc.), anzi del “faire cinéma” a metà anni ’70 lavorando come sceneggiatore per numerose opere. Nel 1996 il grande balzo: l’esordio alla regia con Encore, vincitore del Prix Jean Vigo.

Ma perché vi sto dando tutte queste informazioni inutili? Un po’ per terminare il compitino, lo ammetto, ma anche e soprattutto perché in giro pare che tale Bonitzer sia un pezzo medo-grosso del cinema francese, spesso accostato a nomi d’essai come Daniele Luchetti e Daniel Auteuil. A guardare Alibi e sospetti però non traspare nessun principio di autorialità, anzi si può dire tranquillamente che la regia pare scomparire, talmente anonima da fare dell’opera un potenziale concorrente per i pessimi gialli che una volta propinavano su Raidue nei venerdì sera smorti, e che ora non so più, perché non guardo più la televisione. Insomma se ancora non si è capito il succo della questione è che ci troviamo di fronte al classico giallo ottocentesco con il morto e i tanti (ma neanche poi così tanti) possibili colpevoli.

E gira e rigira ci si chiede chi si sia consultato per la scelta del soggetto dato che l’opera in questione è probabilmente una delle peggiori mai scritte dalla fu Agatha. Tutto un po’ scontato insomma, e nonostante un discreto cast italo-francese (tra cui l’inevitabile femme fatale qui impersonata da Caterina Murino, meritevole per una gloriosa scena di nudo quasi integrale) tutto sembra un “compitino” fatto in fretta e furia per togliersi il peso e arrivare prima a casa dalla propria mogliettina (o amante). Cosa che ora non esiteremo a fare noi stessi d’altronde dopo essere arrivati a quel minimo di righe per chiudere questo obbrobrio…

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