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7/10

Il Figlio Dell'Altra regia di Lorraine Levy

Drammatico
recensione di Valentina Marchetti

 

Joseph e Yacine, due ragazzi entrambi diciottenni, coetanei, entrambi con una famiglia alle spalle che stravede per loro, con sogni ugualmente entrambi per il futuro. Unica differenza, uno è palestinese, l'altro israeliano.

Tutto comincia quando Joseph, di origine ebrea, scopre che nelle sue analisi c'è qualcosa che non “va”. Un semplice sbaglio in corsia, un brutto “scherzo” del destino?

 

 

Esce in Italia il 14 Marzo il toccante, elegante e delicato Il Figlio Dell'Altra di Lorraine Levy, una produzione che tocca un tema molto attuale, quello del nascere, oggi, israeliani e palestinesi, e che, partendo da uno scambio di neonati indietro nel tempo, quando vennero al mondo diciotto anni prima, in un contesto di conflitto politico tra due popoli che oggi sono in guerra tra loro e subiscono ancora questa piaga sociale, vede due famiglie normali gettate in men che non si dica, nello scompiglio più totale.

Perché che cosa succede quando di colpo, si scopre che quello che si è partorito non è il proprio figlio?

Tutto per uno scambio di neonati durante un'evacuazione, di cui le rispettive madri non fanno in tempo a fissarne i lineamenti. Ma in fondo, cosa importa? Una madre è chi oltre a metterlo al mondo, cresce, alleva e accudisce un figlio. Ma un'analisi del sangue mette dubbi, getta cupe ombre sulla vita di due ragazzi apparentemente normali e figli, membri, di quelle che credevano le rispettive famiglie e sulle stesse famiglie.

Sono state portate molte volte sul grande schermo opere cinematografiche che rappresentassero quella che è la dolorosa situazione tra Israele e Palestina, ma alla memoria almeno in questo momento vengono meno, quelle che sono tanto delicate, eleganti, e particolari come appunto quelle della Lévy, con Il Figlio Dell'Altra per cui non si trovano altri aggettivi per esprimere la bellezza di quest'opera per il grande schermo. Soprattutto le si deve, oltre ad una grande regia, un'ottima sceneggiatura e altrettanto fotografia, ma anche la capacità di dar filo da torcere ai pregiudizi contro i ragazzi israeliani e palestinesi, più in generale alle genti di queste terre, martoriate dalle bombe e gli attacchi terroristici di tipo suicida e non, perché finalmente viene portato sullo schermo anche un po' del loro quotidiano, come a dire, mediante le immagini e la narrazione, “anche noi, come voi occidentali, viviamo nonostante tutto nella normalità, sogniamo e speriamo come voi, non siamo solo terroristi”. Sembra banale, ma a volte una considerazione come questa potrebbe sfuggire e uno dei meriti di questo film è anche questo. Poi c'è tutto un discorso su una serie di bravissimi attori in relazione al cast, che danno grandi prove, si tratti dei più esperti che degli esordienti o giovani. Un gran bel film, consigliato a tutti sia meno che maggiormente informati su questo conflitto “moderno”, in realtà di vecchia data, ma sopratutto perché dietro c'è una bella storia che merita di essere ascoltata.

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