J Edgar regia di Clint Eastwood
BiograficoJ. Edgar Hoover divenne l’uomo più potente di tutta l’America come capo dell’FBI per circa cinquant’anni. Il film esplora la sua vita pubblica e privata, le relazioni che quest’uomo intratteneva con tutti distorcendo la verità con la stessa facilità con la quale la sosteneva e la affermava durante una vita dedicata alla sua idea di giustizia , che spesso tendeva verso il lato oscuro del potere.
J.E. Confidential
“Non devo stare a dirti che ciò che determina l’eredità di un uomo spesso è proprio quello che non si vede” J Edgar
E' difficile essere obiettivi su un film quando il suo regista si chiama Clint Eastwood ed è anche uno dei tuoi preferiti, ma cercherò comunque di attenermi a quest’ultima prova del grande director senza pregiudizi. Ho provato un po’ di amarezza nell’apprendere il genere di questo film poiché avevo sentito che dopo Hereafter Eastwood sarebbe ritornato ad un western…. e forse sarebbe stato meglio. Diciamolo subito, questo J. Edgar non mi ha convinto, infatti, se da un lato, traspare una profonda riflessione sui temi della vecchiaia, del passare del tempo e dei rapporti che il capo del Bureau aveva con sua madre, ma soprattutto con il suo braccio destro Clyde Tolson con un esplicito riferimento alla sua omosessualità (che però non è il leit motiv del film), dall’altro, restano celate e ambigue le vere intenzioni del regista. Non si capisce se Eastwood voglia elogiare Hoover come sembra nel finale, o criticarlo, o forse tutt’e due. Certamente si nota una più rigida affermazione delle idee conservatrici man mano che il personaggio invecchia e forse un po’ lo stesso sta succedendo anche a Eastwood, a metà tra i suoi personaggi, indeciso ancora oggi se seguire Harry Callaghan o Walt Kowalski. Siamo quindi su un terreno sottile, abbastanza lontano da noi europei, con un soggetto che lentamente scivola dalle mani del regista e un Di Caprio che sembra recitare un copione classico attendendo ordini che non arrivano e una direzione più trasparente.
J Edgar è un film sulla storia dell’ FBI e sulla storia Americana che l’Amor patrio del regista ci propone, film opposto a Nemico Pubblico di Michael Mann che era di fatto la biografia di John Dillinger, qui il malavitoso viene di nuovo demonizzato facendoci ritornare ancora spettatori negli anni ’40 e indecisi se elogiare il bandito o parteggiare per l’FBI.
Figura né criticata, né mitizzata, Hoover resta in una imperscrutabile indeterminatezza con i suoi segni particolari, ad esempio il balbettìo, che non riesce a imporsi allo spettatore come nel Giorgio V del Discorso del Re o l’omosessualità nascosta come invece appariva esplicita in Harvey Milk. Il film si sofferma molto sulla presunta omosessualità di Hoover, ma non definirei questa pellicola “gay friendly” e se viene in certi punti analizzato il rapporto che lega J Edgar a Clyde Tolson, tuttavia il regista non indulge troppo su questo rapporto e sembra aderire alle parole della madre di Edgar, interpretata magistralmente da Judi Dench, quando dice: “preferirei un figlio morto che un figlio gay”.
Merito di Hoover quello di aver introdotto l’indagine delle impronte e il metodo di analisi forense, così di successo oggi dopo C.S.I Scena del crimine. Il film continua a ondeggiare ellitticamente tra passato, con Hoover giovane, e presente (anni ‘70) con Hoover anziano, facendo disorientare lo spettatore europeo non molto dotto sulla storia Americana. J Edgar è un film che può piacere maggiormente a uno spettatore americano un po’ avanti negli anni che ha memoria della storia statunitense dei primi cinquant’anni del ‘900. La regia è classica, trasparente, non ci sono sbavature, le inquadrature sono tutte studiate per non essere notate; uniche parti un po’ originali sono lo scoppio di una bomba a casa di un senatore e un raccordo sul movimento delle porte di un ascensore con un ellissi temporale di molti decenni.
Il contesto viene ignorato e il primo piano è solo per il direttore dell’ FBI che non è certamente l’eroe estwoodiano classico. L’interpretazione di Di Caprio, trasfigurato in anziano è molto soddisfacente , un po’ come il Brad Pitt di Benjamin Button, è riuscito a dare comunque prova di essere diventato un attore maturo. Non altrettanto soddisfacente l’opera complessiva che a conti fatti risulta un film mono-focale di due ore e venti che sicuramente annoierà lo spettatore poco appassionato di storia Americana. Si ripropone l’interrogativo categorico iniziale: non era meglio un western? Eastwood, ormai anche lui in fondo al cammino della sua vita, ci lascia invece ogni anno un testamento filmico contradditorio dal quale fatichiamo ad orientarci. Mi viene in mente con un po’di nostalgia la scena finale di Per un pugno di dollari quando il vecchio alla fine chiede a Joe “ Ehi che succede ragazzo?” “Niente non mi tornavano i conti”. Con questo film i conti non tornano neanche a noi. Un altro film che ho un po’ rimpianto a fine proiezione è stato “Citizen Kane”, mentre il personaggio di Kane era vivace e intenso, Hoover invece è stato poco “ narrativizzato”, non sufficientemente analizzato. Mi dispiace molto che Eastwood non abbia potuto compiere un altro capolavoro confutando quella frase che dice :“Clint Eastwood negli ultimi anni non ha sbagliato un film” e spero che questo non sia il suo ultimo film, la sua “Rosebud”.
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