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8/10

Changeling regia di Clint Eastwood

Drammatico
recensione di Gloria Paparella

Los Angeles, anni ’20. Christine Collins sostiene che il bambino, restituitale dopo un rapimento, non sia suo figlio. Inizia una campagna alla ricerca del piccolo che le autorità affermano di aver trovato, ma la lotta di Christine è estenuante tanto da essere rinchiusa ingiustamente in un manicomio. In aiuto arriverà il pastore presbiteriano Gustav Briegleb, che aiuterà la donna nella sua lotta contro il potere corrotto. 

Il cinema secondo Clint Eastwood consiste nell’andare verso un qualcosa che non tornerà più, come un volto che diventa un “fantasma” ricercato per tutta la vita. In Changeling il fantasma è un figlio mai più ritrovato: quello di Christine Collins (Angelina Jolie), madre lavoratrice nella Los Angeles degli anni Venti, che dopo cinque mesi di indagine da parte della polizia locale si vede consegnare un bambino che non è il suo. Nonostante la sua certezza, la donna viene internata per disturbi mentali, ma ciò non la fermerà nel cercare la verità contro il potere corrotto.

Ispirato a un drammatico fatto di cronaca del 1928, Changeling riprende la riflessione di Flags of our fathers (2006) sugli effetti devastanti della propaganda, con la manipolazione dei media da parte di una polizia e di un potere corrotti tanto da costruire un’immagine fasulla (il film fu girato, tra l’altro, durante l’amministrazione Bush e le sue menzogne sulle armi di distruzione di massa irachene): madre e figlio seduti sulla banchina della stazione, costringendo la donna a riconoscere un figlio che non è il suo. Inoltre, come in Mystic river (2003), anche qui il regista ci pone di fronte alla scomparsa di un figlio: una sofferenza che lascia, però, un briciolo di speranza nella parte finale: nell’ultima inquadratura, dopo aver ribadito fermamente che non smetterà mai di sperare che il figlio torni, Christine si allontana nel traffico, ripresa dall’alto.

Una storia struggente e dolorosa, con un’Angelina Jolie da Oscar nella parte di una madre nella disperazione più totale, nell’incubo infernale di ricercare affannosamente il proprio bambino contro l’ostacolo rappresentato da una polizia arrogante. Da sottolineare anche la presenza di John Malkovich, e la regia essenziale di Clint Eastwood che colpisce duro al cuore degli spettatori. Un film asciutto, senza fronzoli, che ci presenta uno spaccato lucido dell’America pre e post Grande Depressione. Una pellicola intensa e commovente, così come la storia di Christine Collins.

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