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7/10

La Bisbetica Domata regia di Franco Zeffirelli

Commedia
recensione di Gloria Paparella

Padova, XVI secolo: Bianca, figlia di un ricco mercante, si innamora di Lucenzio ma non può sposarsi fino a quando sua sorella maggiore non avrà trovato marito. Peccato che la capricciosa Caterina sia evitata, per il suo carattere insopportabile, da qualsiasi giovanotto. A sposarla sarà Petruccio, gentiluomo di poca fortuna il quale adotterà una tattica vincente per domare la sua signora.

Fin dagli anni Cinquanta l’attore Richard Burton, formatosi all’Old Vic Theatre di Londra e considerato magistrale nell’interpretazione dei ruoli scespiriani, desiderava portare sullo schermo La bisbetica domata. Nel 1966, forte dei successi dei sette film girati in soli due anni con la moglie Elizabeth Taylor, costituì la società di produzione Royal, che co-produsse la pellicola insieme alla F.A.I, con staff tecnico ed artistico per la maggior parte italiano. Girato negli studi romani Dino De Laurentiis (con suspense iniziale circa le condizioni di salute della Taylor), La bisbetica domata fu diretto abilmente da Franco Zeffirelli, il quale si impose internazionalmente dopo il timido debutto cinematografico con Camping del 1957.

Ambientato nella Padova del XVI secolo, il film aderisce al testo della celebre commedia di Shakespeare, pur presentando un’ottima sceneggiatura cinematografica arricchita di particolari e di scenografie spettacolari. Il merito del regista, infatti, è quello di permettere allo spettatore, non solo di vivere le scaramucce e i litigi tra i due protagonisti, ma di fargli conoscere gli ambienti e l’atmosfera sociale del tempo. Quello di Zeffirelli non è però un semplice esercizio di stile (almeno non in questo film): la scelta di puntare su una coppia passionale tanto quanto turbolenta come quella formata da Elizabeth Taylor e Richard Burton risulta vincente, poiché i due attori riescono a riproporre sullo schermo quel piglio vivace e quella briosità del testo originale. La sensibilità critica di Shakespeare nei confronti del ruolo del gentil sesso e delle fredde regole sociali del tempo vengono impersonate dalla figura di Caterina, donna intelligente e coraggiosa, ostinata nel non lasciarsi andare alle maniere apparentemente mansuete del futuro sposo Petruccio, interessato più che altro alla cospicua dote assegnata alla fanciulla. Constatata l’inutilità del tentativo di ammansire con le buone la fiera consorte, egli adotterà una tattica infallibile: riuscirà a domare la sua amata sottoponendola a ogni tipo di tormento e di supplizio. Da bisbetica e scontrosa, Caterina diverrà una moglie dolce ed ubbidiente, così persuasa da predicare a tutte le donne di accettare e non discutere l’autorità maritale.

Il film è una commedia brillante e divertente, ricca di elementi comici e trascinante soprattutto nelle sequenze di lotta tra i coniugi e nei toni più sentimentali della parte finale. La coppia Burton-Taylor sembra approfittarne per riversare sullo schermo le schermaglie della loro vita privata: entrambi attori di altissimo livello, l’uno è la spalla dell’altro. Elizabeth Taylor, alle prese per la prima volta con un testo scespiriano, recita con coraggio la parte dell’indomabile Caterina e, conferendo al personaggio dinamismo e vivacità, riesce a restituire quell’immagine di donna integra che Shakespeare aveva ideato. Abbandonando ogni sfumatura divistica, l’attrice (che aveva recuperato con rapidità la forma fisica persa per Chi ha paura di Virginia Woolf?) riesce a svariare dai toni ironici ed irriverenti delle divertenti liti a quelli più languidi dell’abbandono totale, senza perdere di bellezza e senza uscire mai di misura. Richard Burton, da sempre avido lettore di Shakespeare e considerato, per le sue eccellenti doti teatrali, il degno erede di Laurence Olivier, recita splendidamente e con una dizione perfetta. Prestante e simpatico nel ruolo di Petruccio, seppur lontano dall’intensità interpretativa offerta in Chi ha paura di Virginia Woolf?, l’attore gallese conferma di essere (come se ce ne fosse stato il bisogno) un interprete di primo ordine, dimostrando che Shakespeare non è cosa per tutti (soprattutto se proposto al cinema). Franco Zeffirelli ha non solo fantasia e un brillante senso dello spettacolo, ma anche quella giusta dose di aggressività che gli permette di credere fino in fondo nel suo lavoro: un film avvincente e convincente, sicuramente un caposaldo della sua filmografia.

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