R Recensione

6/10

L'albero della vita regia di Edward Dmytryk

Drammatico
recensione di Gloria Paparella

Nell’Indiana, alla vigilia della Guerra di Secessione, l’onesto sognatore John ha una amicizia amorosa con la dolce e devota Nell, che condivide la sua utopica ricerca dell’albero della vita, ma si lascia sedurre da Susanna, bruna bellezza del Sud con turbe infantili e incubi razziali.

 

Tratto dal romanzo di Ross Lockridge Jr., L’albero della vita è una rappresentazione in grande stile e ricca di pathos (soprattutto nella seconda parte) le vite intrecciate di tre personaggi che vivono in una contea della Lousiana a metà dell’Ottocento, prima e durante la Guerra di Secessione: John (Montgomery Clift), un giovane nordista di buona famiglia, innamorato di Nell (Eva Marie Saint) ma che sposerà Susanna (Elizabeth Taylor), bella ragazza sudista, affetta però da una grave malattia mentale.

Interessante come la duplice storia d’amore del film si sviluppi intorno agli avvenimenti più importanti della storia americana. Sicuramente influenzato dal più maestoso Via col vento, Edward Dmytryck dirige una pellicola praticamente senza soste e che, anzi, approfondisce un tema profondo come la liberazione della schiavitù. Da qui nasce la distanza tra John, nordista e pacifista, e sua moglie Susanna, la quale, a causa di un trauma infantile, pensa di essere figlia di una schiava nera. L’albero della vita, da cui deriva il titolo del film, non è altro che una leggenda su ciò che rende davvero ricca la propria esistenza, e che solo nella fine il protagonista riuscirà a trovare.

Lodevole l’ìmpegno di Montgomery Clift, reduce da quell’incidente che gli cambiò la mimica facciale, e ottima prova della Taylor, che qui ha l’occasione per misurarsi con un personaggio psicologicamente complesso; come lo sarà quello di Catharine in Improvvisamente l’estate scorsa, sempre al fianco dell’amico Clift.

Il film ottenne quattro candidature all’Oscar, tra cui Miglior Attrice (la prima per la Taylor), Miglior Costumi, Miglior Scenografia e Miglior Colonna Sonora, con la canzone di Nat King Cole.

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