A Di che Salute Gode il Cinema Italiano?

Di che Salute Gode il Cinema Italiano?

Il cinema italiano è in crisi oppure no? Il numero delle pellicole distribuite nel nostro paese (453 in totale nel 2013, secondo i dati presentati dall’Anica e forniti da Cinetel) corrisponde ad un altrettanta elevata qualità artistica di tali prodotti?

Questi i temi sui quali si è svolto un interessante dibattito presso il MIC – Museo Interattivo del Cinema a Milano, al quale hanno partecipato, oltre ad un numeroso pubblico di appassionati, il critico cinematografico Enrico Magrelli, i produttori Gianfilippo Pedote e Francesco Melzi d’Eril ed il regista Luca Guadagnino.

I numeri sembrano non mostrare un effettivo calo di pubblico nelle sale cinematografiche: come spiega Magrelli, nonostante non si siano raggiunti gli altissimi livelli del 2010 (109 milioni di spettatori totali), l’anno 2013 non se l’è passata affatto male, poiché sono stati all’incirca 97 milioni i biglietti venduti, con un incremento del 6,56% rispetto al 2012. Un risultato assolutamente positivo che potrebbe apparentemente non lasciare spazio alla convinzione di chi sostiene che il cinema italiano si trovi in una fase di stallo. Eppure…

Eppure, se si focalizza l’attenzione sulle dinamiche interne al mondo del cinema, si scopre una realtà paralizzata, statica: prendendo in considerazione gli ultimi 13 anni, ovvero dal 2001 al 2013, si può notare come le risorse messe a disposizione da parte dello Stato per la realizzazione di opere cinematografiche siano diminuite notevolmente e si siano concentrate soprattutto su pochi titoli, quelli sicuramente più commerciabili e vicini al gusto del pubblico (un esempio lampante è stato il grande successo dell’ultimo film con protagonista Checco Zalone, Sole a catinelle, con un incasso totale di 50 milioni di euro). Nessuna critica alla verve comica dell’attore barese o allo stile leggero dei suoi film, che rappresentano comunque una realtà piacevole e molto apprezzata; ma è lecito chiedersi che fine farebbe il cinema italiano, inteso come sistema, senza box office di questo tipo. Una soluzione, secondo Magrelli, sarebbe quella di recuperare e valorizzare generi meno in voga ma non per questo non vitali come il documentario, di basso costo e molto “utilizzato” anche in televisione; ma il “sistema” italiano appare in questo senso cieco, poco coraggioso e tendente a quella tenerezza estetica (di cui parlava anche Bernardo Bertolucci) che rende il nostro cinema piatto ed eternamente succube della grandezza americana e di Hollywood.

Nel disegnare questo ritratto di identità del cinema italiano, il regista Luca Guadagnino, autore del documentario Bertolucci on Bertolucci del 2012, non manca di sottolineare come anche la critica cinematografica italiana si sia pian piano involuta: se, per esempio, in Francia e in Inghilterra il peso e l’opinione dei critici è ancora notevole, tanto da occupare intere pagine di quotidiani e di magazine, in Italia questo sembra non accadere più e sui giornali è più facile leggere articoli di costume e di colore che non di critica ai film, intesa come analisi e spiegazione di tali opere. L’invito del regista siciliano è quello di mettere in luce questo “degrado” che ha invaso la critica in Italia e di rimuoverlo, di non ostacolare la circolazione del pensiero, bensì stimolarlo, metterlo in discussione. Come ricorda lo stesso Magrelli, se il nostro paese ha vissuto un’epoca d’oro negli anni Sessanta, quella del trionfo dei due generi assolutamente nostrani, il Neorealismo e la Commedia all’italiana, è perché tutti coloro che facevano cinema (registi, sceneggiatori, produttori, critici ecc.) non hanno avuto paura di trasmettere le loro idee attraverso i film, di rischiare anche a costo di mettersi contro il potere, come quello della censura. Il cinema ed il mercato italiani dovrebbero recuperare il coraggio di misurarsi con i lati oscuri del nostro paese e dare maggior importanza a quei “piccoli” film (in termini di budget) che costituiscono una forma di resistenza alle innumerevoli commedie che annualmente invadono le sale. Affrontare storie della nostra realtà, mettere in gioco ciò che si è e avere maggiore convinzione nella distribuzione e nel riscontro del pubblico: queste le chiavi per uscire dall’immobilismo in cui si è rinchiuso il cinema italiano.

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