A Ava Gardner, Biografia di una Diva

Ava Gardner, Biografia di una Diva

Dea seducente, ma anche attrice di talento mai pienamente riconosciuto, Ava Lavinia Gardner nasce il 24 dicembre 1922 a Grabtown (North Carolina), figlia di agricoltori. Bella ragazza bruna, assillata dai corteggiatori, Ava frequenta l’Atlantic Christian College a Wilson, per diventare segretaria d’azienda. Il suo destino cambia grazie alla fotografia: suo cognato Larry, di professione fotografo, nota le qualità estetiche della ragazza, che gli fa presto da modella. Una sua foto esposta nel negozio di Larry colpisce l’attenzione di Barney Duhan, impiegato dell’ufficio legale della MGM, il quale è desideroso di incontrare la ragazza: con l’intervento di Marvin Schenck, vero talentscout, Ava sostiene un provino per la casa di produzione cinematografica e, nonostante l’accento incomprensibile e la totale inesperienza nel mondo del cinema, viene chiamata ad Hollywood. Si tratta di una “diva fabbricata”, come era stato per Lana Turner, e come sarà per Kim Novak: viene presa in consegna dalla casa produttrice e circondata da persone che ne possono curare i punti deboli. Lillian Burns, piccola ma autoritaria insegnante di recitazione, è la persona che più di ogni altra è al fianco della Gardner; le sue uniche doti sono il magnetismo sessuale e un sorriso attraente, ma come attrice deve essere costruita da cima a fondo. Nel 1941 Ava conosce Mickey Rooney, protagonista de I ragazzi di Broadway; i due, dopo un lungo corteggiamento fatto di regali e messaggi galanti da parte dell’attore, si sposano nel 1942. Il matrimonio, però, dura solo sedici mesi a causa della “completa immaturità” (lui aveva ventun anni, lei diciannove) della coppia. Nonostante la breve unione, Rooney aiuta molto la novella attrice: sul set di Maschere di lusso (1942), prima fatica cinematografica di Ava, le insegna come camminare, cosa fare con le mani, come ignorare la macchina da presa. Sono tutte piccole parti quelle che interpreta in questo periodo: Un americano qualunque (1942), Sunday Punch (1942), Delitto al microscopio (1942), e La grande fiamma (1942). Una parte vera la ottiene per una modesta pellicola, Il pazzo di Hitler del 1943, in cui Ava è una ragazza del villaggio occupato dai tedeschi; è poi guardarobiera ne L’angelo perduto (1943) e segretaria in Swing Fever (1944); le interpretazioni dell’attrice vengono giudicate non pessime, ma ancora non del tutto convincenti. Il primo ruolo di un certo rilievo lo ottiene ne La giocatrice, film del 1945: lei è Hilda, ricca proprietaria di cavalli che viene coinvolta in una complicata operazione messa in piedi da un gruppo di scienziati per sapere in anticipo il vincitore delle corse. Si tratta, comunque, di un film di secondo ordine, diretto senza alcuna verve da Willis Goldbeck. Per il film Sangue all’alba (1946), lo sceneggiatore Philip Yordan trova in Ava Gardner l’attrice giusta da affiancare al protagonista George Raft; ma, una volta sul set, l’insicurezza interpretativa è così evidente che lo stesso Yordan deve riscrivere diverse scene. Intanto, nel 1945 Ava inizia una relazione con il clarinettista di talento Artie Shaw, uomo intelligente e colto, che la aiuta a lavorare sul suo complesso di insicurezza, sulla sua convinzione di essere soltanto un oggetto della produzione industriale della MGM, una diva senza le qualità di una diva. Anche in questo caso, però, il matrimonio dura solo un anno, ma Ava, che dimostra di avere un atteggiamento ambiguo nei confronti della vita coniugale, porterà sempre rispetto nei confronti dell’ex marito.

L’attenzione del grande pubblico viene attirata con I gangsters del 1946, pellicola della Universal nella quale l’attrice ha una parte piccola ma incisiva, quella di Kitty Collins, donna fatale che con i suoi inganni crea in Burt Lancaster, suo innamorato, un senso di delusione e fatalismo. Il personaggio, sensualissimo in abito nero attillato, contribuisce a costruire l’immagine della Gardner come “femme fatale”, ruolo di cui lei avrà molto da criticare in seguito; ma agli esordi, lo accetta con gratitudine. Inoltre, la sua voce esile e nasale viene fortemente criticata e lo sarà per tutta la carriera; in realtà, il suo timbro basso e seducente diviene uno strumento efficace usato assieme a certi sguardi eloquentemente languidi per attirare a sé gli uomini.

Tornata alla MGM, nel 1947 la Gardner compare brevemente ne I trafficanti, al fianco del grande amico Clark Gable: la parte di una cantante di night è modesta, ma l’attrice vi porta calore e humour, creando un tipo di ragazza divertente, alla mano, che ogni uomo vorrebbe avere. Con questo film, Ava diventa ufficialmente una diva e il suo nome appare su tutto le riviste americane; eppure i ruoli immediatamente successivi, in Singapore (1947), Bacio di Venere (1948) e Il grande peccatore (1949) sono ancora mediocri. Ne I marciapiedi di New York del 1949, con la regia di Marvyn LeRoy, Ava lavora al fianco di due veterani come James Mason e Barbara Stanwyck e se la cava molto bene nei panni dell’egoista tentatrice, mentre nel non blasonato Corruzione (1949) stringe una forte amicizia con Robert Taylor.

Il 1951 è un anno d’oro per Ava Gardner: non solo escono tre film di cui è protagonista, cioè Pandora, ancora una volta al fianco di James Mason, Show Boat e Voglio essere tua, ma si innamora perdutamente di “The Voice”, Frank Sinatra, anch’egli in contratto con la MGM e premio Oscar nel 1954 con il film Da qui all’eternità. Una relazione costellata da liti memorabili, ma basata su una forte passione: i due divi si sposano nel 1951 e aspettano un figlio nel 1953, ma la Gardner perde il bambino durante le riprese di Mogambo, film che le fa ricevere la prima candidatura all’Oscar. Ancora non del tutto consapevole delle sue doti di attrice, Ava recita in Stella solitaria (1952) con la “simpatica canaglia” Clark Gable, e poi ne Le nevi del Kilimangiaro (1952), nella parte di Cynthia, scritta apposta per lei: qui la Gardner cerca con impegno di essere una ragazza “perduta”, alla ricerca di sicurezza e di una casa, e la sua interpretazione denota un notevole coinvolgimento emotivo. La sua presenza è molto più imponente in Cavalca, vaquero! del 1953, anche se le doti recitative sono superiori in Mogambo (1953), in cui ritrova Gable e l’attrice “di ghiaccio”, Grace Kelly: nella parte di Eloise, uno dei pochi ruoli notevoli affidategli, Ava è meravigliosa e buca lo schermo, relegando in secondo piano la co-protagonista. Dello stesso anno sono i flop de I cavalieri della tavola rotonda e Spettacolo di varietà. Poi, finalmente, il film che consacra il successo di Ava Gardner: La contessa scalza (1954) di Joseph L. Mankiewicz. Il regista di Eva contro Eva, nonostante la candidatura spontanea di Rita Hayworth per il ruolo di Maria Vargas, le preferisce la Gardner: “Joe, io non sarò mai un’attrice vera, ma quella ragazza la capisco. Mi assomiglia parecchio”. Il film, girato in parte in Italia, viene scelto dall’attrice che vuole fuggire da Hollywood anche per un altro motivo, cioè il matrimonio con Sinatra in via di disfacimento. Ad ogni modo, ne La contessa scalza il regista mette in scena tutto ciò che pensa su Hollywood e sulla cafè-society internazionale e la parte della ballerina spagnola trasformata in diva è considerata l’interpretazione più efficace della Gardner (la pubblicità del film esclamava: “Il più bell’animale del mondo!”). E, infatti, la pellicola enfatizza la fisicità dell’attrice che balla a piedi nudi e lei stessa recita la parte più vicina al suo essere, ovvero una donna che non si può possedere se non alle sue condizioni. A Madrid, Ava si infatua del torero spagnolo Luis Miguel Dominguin, mettendo fine al matrimonio con Sinatra, il cui divorzio avviene soltanto nel 1957. Sangue misto (1956) di George Cukor riserva per l’attrice il ruolo di una donna in crisi d’identità: l’intensità e il calore che Ava dà al suo personaggio risaltano ancora di più il suo talento. Dopo La capannina (1957), in cui si innamora di Walter Chiari, e Il sole sorgerà ancora (1957), Ava recita ne La maja desnuda (1958) e L’ultima spiaggia (1959), film che la rivede al fianco di Gregory Peck. Seguono La sposa bella (1960), 55 giorni a Pechino (1963) e Sette giorni a maggio (1964); un ruolo sicuramente più vicino alla sua personalità è quello di Maxine ne La notte dell’iguana (1964), in cui la Gardner offre una delle sue migliori interpretazioni. Donna forte, fiduciosa ma allo stesso tempo disperata e vulnerabile, che affronta però la vita con coraggio. Ne La Bibbia (1966) interpreta Sara, moglie di Abramo, donna sterile ma desiderabile: l’attrice è brava nella sua parte, ha calore ed emotività, anche se è molto lontana dalla novantenne biblica.

Ad inizio anni Settanta, Ava Gardner è una delle poche dive ancora sulla scena, ma l’avvicinarsi della mezza età le restringe il raggio d’azione: nonostante ciò, l’attrice diviene finalmente oggetto di una certa attenzione da parte della critica. Di questo periodo sono le scelte di recitare in film come Mayerling (1968), L’uomo dai 7 capestri (1972) con Paul Newman, Terremoto (1974) e Il giardino della felicità (1976), adattamento della favola di Maurice Maeterlinck, in cui Ava, che interpreta Lussuria, è perfetta nel ruolo, è morbida e seducente. Cassandra Crossing (1976) è l’ultimo film, di gran livello artistico, degno di nota della carriera cinematografica della Gardner. Dopo una piccola parte nel film d’orrore Sentinel (1977), l’attrice decide di trasferirsi a Londra, dove muore di polmonite nel 1990, all’età di 67 anni.

Come quasi tutte le attrici bellissime, anche Ava Gardner ha trovato grande difficoltà, negli ultimi anni di carriera, a coniugare il proprio invecchiamento fisico con il personaggio di femme fatale che l’ha resa diva. E nonostante la sua stessa incertezza sulle sue doti di attrice, oggi la ricordiamo come un’interprete tutta istinto, riluttante all’apprendimento dei modi della recitazione, e la cui bellezza ha fatto sognare il mondo intero. Una vera diva di Hollywood.

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