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5/10

Pane e Burlesque regia di Manuela Tempesta

Commedia
recensione di Gloria Paparella

Un paese del Sud Italia naviga in cattive acque: da quando la fabbrica di ceramiche Bontempi ha chiuso, i suoi ex operai giocano al fantacalcio nella storica sezione del centro gestita da Frida, una rappresentante sindacale impegnata nelle giuste cause, mentre la piccola merceria di Vincenzo e di sua moglie Matilde, dove lavora anche la sarta Teresa, non riesce più ad andare avanti. Tutto sembra andare a rotoli quando, all'improvviso, un ciclone vero e proprio investe la vita del paese: Mimì La Petite, ovvero Giuliana, figlia della "buonanima" del Cavalier Bontempi, torna in paese dopo più di vent'anni insieme alle Dyvettes, il suo gruppo di Burlesque, per vendere le proprietà di famiglia...

Un’opera tutta al femminile quella di Manuela Tempesta, che porta sugli schermi italiani il suo primo lungometraggio, Pane e Burlesque, scritto insieme a una delle protagoniste, Michela Andreozzi, con la collaborazione di Massimiliano Bruno.

Al centro della storia troviamo l’universo femminile a tutto tondo, con le sue paure e i suoi sogni nel cassetto, la dedizione quasi costretta nei confronti della propria famiglia ma anche il desiderio di far emergere le proprie qualità. Protagoniste sono tre donne del sud Italia (Matilde, Laura Chiatti, Teresa, Michela Andreozzi, e Viola, Giovanna Rei) oppresse dalla mentalità chiusa del paese in cui vivono e soprattutto dalla mancanza di un’alternativa allo stile di vita limitato che conducono. Una scossa viene data dall’arrivo di Mimì La Petite (Sabrina Impacciatore), ovvero Giuliana, che anni addietro aveva abbandonato il paese e che ora è tornata per vendere le proprietà di famiglia. È lei che, dopo aver subito una truffa da parte del suo gruppo di Burlesque, “Le Dyvettes”, decide di ingaggiare le tre paesane con il conto in rosso per esibirsi in particolari spettacoli sexy.

La regista utilizza l’elemento del Burlesque, fatto di lingerie, piume e paillettes, per rivalutare la figura della donna non solo da un punto di vista puramente fisico (una silhouette non perfetta, ma naturale e da pin up), bensì soprattutto da quello della personalità e del carattere: le protagoniste sono donne vere, sensibili e così coraggiose da cimentarsi in un’avventura a loro del tutto nuova, ma che le rende sicure di sé e le fa sentire realmente “femmine”.

L’intento del film e della regista è quello di rafforzare l’immagine delle donne all’interno della società e di dar peso ai loro sogni e alle loro speranze, partendo dal recupero della propria sensualità e del proprio fascino; tuttavia, la storia, più che raccontare il mondo del Burlesque come vera e propria forma culturale che ha influenzato numerosi personaggi diventati icone, sfrutta l’elemento vintage per raccontare la realtà italiana e, in particolare, la crisi economica che ha colpito e sta ancora affliggendo il nostro paese. Sullo sfondo troviamo, infatti, una Puglia che rappresenta un po’ lo stato di salute generale della penisola, con lavoratori rilegati in cassa integrazione e le cui mogli decidono di rimboccarsi le maniche puntando sulle proprie capacità e prendendo in mano le redini della propria vita. Rimane questo l’obiettivo più riuscito del film che, però, procede con lentezza verso l’effettiva sfida a cui prendono parte le protagoniste e in cui la verve comica, che sembra poter sbocciare da alcuni elementi stilistici (il dialetto pugliese su tutti), non è così ben sviluppata.

Presentato come un Full Monty italiano al femminile, Pane e Burlesque prende spunto in qualche modo dal film di Peter Cattaneo, seppur in tono minore e con un impatto meno entusiasmante, ma rimane apprezzabile la sua capacità di dar voce al mondo femminile, trasmettendo il messaggio di credere sempre nei propri sogni e nella possibilità di poter riscattare il proprio destino.

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