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10/10

Il caso Katharina Blum regia di Volker Schlöndorff

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

La giovane Kataharina Blum si vede cadere in un gioco più grande di lei. Una notte passata con un terrorista ne causa la diffamazione da parte della carta stampata e una denuncia alla polizia, che cercano di fare di lei una terrorista.

La coppia Völker Schlöndorff-Margarethe von Trotta ci regala un’opera intensa che ci permette di conoscere meglio il clima degli anni del terrorismo in Germania. Sono gli anni ’70, gli anni immediatamente seguenti il ’68, anni nei quali i gruppi terroristi seminano il panico in tutto il mondo, costringendo lo stato ad intervenire con leggi che restringono la libertà individuale. Katharina Blum è una giovane ed attraente donna (interpretata dalla brava Angela Winkler), la quale si vede, in poche ore, cadere in un gioco più grande di lei. Diventando l’amante di un terrorista vede il proprio appartamento messo a soqquadro dalla polizia, finisce in cella e la carta stampata inizia a diffamarla, mostrando di lei tutto ciò che riguarda la sua vita privata. Questa diffamazione a livello nazionale attuata dai media, la fa diventare oggetto di derisione da parte dei vicini e riceve inoltre centinaia di lettere di minacce. In questo modo un’onesta ragazza, si vede cadere in una situazione poco favorevole che ne metterà in dubbio la resistenza a livello anche morale. Il finale infatti ci mostrerà una Katharina vendicativa che ricorre alla violenza contro la violenza che ha dovuto subire. L’uomo qualunque sotto pressione può rispondere alla violenza con violenza e diventare terrorista. Questo sembra essere la chiave di lettura di quest’opera. Ma ciò che più preme all’autore del romanzo Böll e di conseguenza ai registi sembra essere metter in luce il potere devastante di manipolazione da parte dei media, in particolare dei giornali che non si fanno scrupoli morali nel mettere a nudo la vita privata dei protagonisti a fini meramente commerciali, svendendo l’anima per aumentare la tiratura. Il potere dei media coincide con il potere della parola, capace di mettere a rischio la vita delle persone, quanto e forse più di un’arma da fuoco. Sta al singolo la libertà di fare della parola un mezzo di pace e non di guerra, uno strumento di armonizzazione e non di conflitto. Questo stante comunque la necessità di esprimere la verità e di mettere in luce gli errori dei protagonisti e il male che ne può derivare. A livello stilistico si può notare una regia asciutta, mai sopra le righe. Interessanti gli inserti in bianco e nero che caratterizzano l’attività di pedinamento dei protagonisti e che sembrano richiamare il cinema muto. Nel complesso un’opera valida capace di dare uno spaccato verosimile di quegli anni e che riesce a creare partecipazione ed immedesimazione da parte dello spettatore.        

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