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7/10

Man kann nicht alles auf einmal tun, aber man kann alles auf einmal lassen regia di Marie-Elsa Sgualdo

Documentario
recensione di Francesco Carabelli

Le vicende di una giovane ragazza dalla nascita, all'infanzia, alla maturità narrate da lei stessa attraverso immagini di archivio.

 

I sogni, le speranze e la disillusione di una giovane ventenne che ci racconta la sua storia dal suo concepimento su un divano da una relazione occasionale dei suoi genitori, alla presa di coscienza di se stessa e della propria esistenza.

L’autrice Marie-Elsa Sgualdo, originaria della svizzera romanda e con, alle spalle, una formazione alla HEAD di Ginevra e all’INSAS di Bruxelles, racconta questa storia attraverso immagini di archivio, accompagnate dalla voce narrante della protagonista.

Immagini che vengono dalla storia del cinema amatoriale e che vengono montate seguendo il corso della narrazione orale costruendo una storia affascinante che colpisce lo spettatore per l’intensità dei fatti narrati e per la veracità delle immagini.

I due genitori della protagonista vivono insieme per un breve periodo poi si separano e la vita della ragazza come quella dei due fratelli, nati successivamente, subisce un brusco cambiamento. Dapprima il ritorno alla fattoria della famiglia della madre, in Svizzera tedesca, dove la ragazza subisce l’attenzione di uno zio, poi il trasferimento in città con il padre, che vive prima solo e poi riesce a trovare una nuova moglie che farà da matrigna ai piccoli.

La narrazione si chiude con le speranze di evasione della ragazza protagonista che, davanti alla telecamera, racconta di come non voglia rivivere quello che ha passato la madre sposandosi presto, ma voglia viaggiare e fare esperienza per crescere, prima di dedicarsi ad una vita familiare come quella che ha troppo presto soffocato la madre.

Un’opera gradevole che sfrutta appieno le possibilità del materiale di archivio e che assomiglia per queste modalità espressive ad opere ben più note come Redemption di Miguel Gomes  o Un’ora sola ti vorrei di Alina Marazzi.

La regista svizzera dice di ispirarsi a registi come lo spagnolo José-Luis Guerin o Pier Paolo Pasolini.

Il film è stato presentato nel 2013 alla Quinzaine des Réalisateurs e ha partecipato a molti festival minori entrando anche nelle nomination per il miglior cortometraggio svizzero del 2014.

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alejo90 alle 11:18 del 7 luglio 2014 ha scritto:

ricorda molto Tarnation di Caouette come concept...in generale però non vedo molto di buon occhio queste prove di autoreferenzialità estreme, mi paiono espressioni di narcisismo.