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R Recensione

7/10

Leoni regia di Pietro Parolin

Commedia
recensione di Lorenzo Ceotto

Leoni” è una commedia ambientata nella marca trevigiana e racconta la storia di Gualtiero Cecchin(Neri Marcorè), un “bamboccione”, figlio di noti industriali trevigiani, che con la morte del padre, l’avvento della crisi e una vita un po’ troppo sopra le righe si trova senza un soldo. Avendo sperperato gran parte del patrimonio di famiglia, sua madre Mara(Piera Degli Esposti) stanca di mantenere un figlio immaturo e capace solo di distruggere ciò che di buono era stato fatto dal marito, lo mette ai ferri corti. Urge dunque prendere un’iniziativa immediata. Gualtiero deve scovare un business che consenta di tornare ai vecchi fasti di un tempo. Ed è così che con molta incoscienza si imbarca in una nuova coraggiosa impresa non proprio normale e ai limiti del legale. Nel perseguire il suo obiettivo Gualtiero troverà non pochi ostacoli, alcuni legati alla malavita, altri provenienti direttamente dal cognato Alessio Leopardi(Stefano Pesce), ufficiale di polizia, il quale vista l’eterna competizione con Gualtiero, si metterà alle sue calcagna, cercando di evidenziare i suoi limiti con l’intento di spodestarlo. L’eredità, la villa sono troppo allettanti e quindi Alessio muore dalla voglia di prendere parte economica della famiglia Cecchin. Nel frattempo la sorella di Gualtiero, Elisa(Anna Dalton), è una professoressa di matematica e vive con Alessio una relazione problematica, alle complesse  diatribe sulla fertilità dell’uno o dell’altro che mettono in crisi la coppia, si aggiunge presto un caso scandalo a scuola, quando i suoi alunni si ritroveranno in possesso di una foto “piccante” della professoressa che ne metterà in forte crisi la carriera. Da questo caos Elisa dovrà uscirne con le proprie(non del tutto) forze, trovando il proprio carattere e mettendo da parte le proprie debolezze. Tra tutte queste problematiche che incombono nella generazione di mezzo, come risolutore comparirà Martino(Pierpaolo Spollon), il figlio di Gualtiero, che con estrema maturità sarà di grande aiuto nel salvare il padre e il futuro della famiglia Cecchin.

Un primo elemento di “Leoni” che ho piacere di evidenziare riguarda la produzione, in particolare un bando della Regione Veneto, promosso dall’Assessorato Regionale alle Politiche Sociali e Giovanili: “Analisi, studio e diffusione di opere culturali e multimediali giovanili”. Un bando finalizzato a favorire la creatività dei giovani  e atto alla valorizzazione del territorio. Proprio grazie a questo bando, vinto dal regista Pietro Parolin, il progetto “Leoni” ha potuto esistere, trovando poi il pieno sostegno alla produzione dal Centro Sperimentale di Cinematografia(CSC Production), di cui il regista vicentino, in tempi non lontani, è stato alunno. Una delle lodi che va fatta a questa produzione è proprio quella che riguarda la partnership e il coinvolgimento di molte realtà del territorio: la Regione Veneto, già citata in primis, che ha avuto un ruolo fondamentale con le iniziative ed i finanziamento messi in atto, ma anche un pool di aziende del Veneto che hanno sposato la causa, partecipando al sostegno della produzione, finanziandola e avviando delle vere e proprie iniziative di marketing con l’intento di pubblicizzare il film. Tutte queste componenti hanno affiancato la produzione in un impegno corale che ha permesso che il progetto “Leoni” andasse in porto, con una collaborazione speciale che ha sostenuto la realizzazione del film dal pre al post-produzione. Un bel esempio di attenzione alla cultura e al cinema che dovrebbe essere perseguito da molte altre regioni d’Italia che ancora fanno troppo poco o nulla per il cinema e per il territorio. Speriamo che nel prossimo futuro questo caso venga seguito come esempio, con nuovi progetti di collaborazione fra produzioni cinematografiche, istituzioni e aziende, unite nel creare un circolo virtuoso fra cinema, cultura e territorio.

L’Italia di “Leoni”, è l’Italia della provincia, dei furbetti e degli affari poco trasparenti. L’Italia bottegaia e ladruncola. Ed in questo contesto è prima di tutto una storia di persone che cercano la propria strada e che la trovano attraverso delle imprese che mettano in risalto la realtà e la verità. Tutto il caos che attraversa Gualtiero, come anche quello di Elisa, costituisce una lezione di vita che consente loro di fare un esame di realtà, guardando dentro se stessi e ritrovandosi con l’intento di non soccombere.

Parolin che prima che regista è sceneggiatore, ci offre una commedia ben scritta, incentrata su argomenti attualissimi, codificandoli con un registro comico e a tratti grottesco che non manca di passaggi brillanti di satira su una generazione di imprenditori che ha sperperato tutto.

Neri Marcorè raccoglie più che bene la sfida di interpretare il cialtrone viziato ed immaturo alla resa dei conti, calandosi in modo idoneo al contesto della provincia trevigiana, e mettendo in scena l’evoluzione di un personaggio incapace di scrollarsi di dosso la sua indole di “trafficone”, di uomo che non sa assumersi le proprie responsabilità e trovare la volontà di cambiare, pur imparando una lezione e trovando la giusta strada per salvarsi dalla gabbia di leoni in cui è destinato a soccombere. Il personaggio di Gualtiero rappresenta molto bene una generazione di padroncini che con l’incombere della crisi non ha saputo ridimensionare il proprio stile di vita e si è lasciata risucchiare dal vortice trovandosi  a fare i conti col fallimento o imbarcandosi in affari dalla dubbia legalità sprofondando ancor più nell’abisso economico e morale.

Il film non crea delle macchiette e non incappa nel facile errore di prendere una direzione "goldoniana" o da commedia dell’arte, anche se a tratti calca troppo la mano su certi stereotipi evitabili come nel caratterizzare l’uomo del sud malavitoso, infiltrato al nord e colluso con la camorra. La regia è semplice, neutra e fin troppo pulita, sarebbe stato interessante se le scene, la fotografia e non solo, si fossero lasciati contaminare di più dai chiaro-scuri della provincia raccontata nel film.

Un’opera che si fa stimolare dalle problematiche di oggi, che attinge dalla realtà, raccontando l’attualità con leggerezza, toccando temi quali la crisi, che come insegna la cronaca spesso sfocia in epiloghi purtroppo tragici, e rifacendosi anche a fenomeni come gli abusi edilizi e le infiltrazioni mafiose al nord. “Leoni” si focalizza sul valore delle radici, sulla tradizione della provincia veneta e sull’importanza di non rinnegare mai queste componenti, rileggendole anzi come ancore di salvezza nei momenti critici, sia che siano imprenditoriali che personali.   

Parolin, dunque, ha costruito una commedia leggera agganciata alla realtà, narrando dei fatti nella marca trevigiana che, se vogliamo, seppur raccontati nel particolare di quel contesto, possono essere benissimo “scalabili” anche a livello universale in qualunque altra provincia d’Italia. Un film che facilmente ci rimanda al capolavoro “Signore e Signori” di Pietro Germi, perché con esso trova molte analogie, e in un certo senso fornisce un ottimo spunto di confronto mettendo in risalto ciò che è cambiato da allora, nelle stesse piazze e negli stessi luoghi di una provincia del nord-est. Come faceva benissimo “Signore e signori” che affrescava con sublime cinismo i caratteri del tempo e l’attualità di allora, così anche questo “Leoni”, seppur non toccando gli apici cinematografici e caratteristici dell’opera di Germi, riesce a riportarci all’attualità, al contemporaneo con la giusta leggerezza, senza essere mai superficiale e vuoto,  e con una comicità mai fine a se stessa.

Il film di Parolin senza dubbio punta il dito sulla generazione di mezzo, dei quarantenni/cinquantenni  di oggi, e mette in comunicazione il vecchio con il nuovo, i nonni con i nipoti, saltando il mezzo, i padri e le madri. “Leoni” si mostra severo con una generazione in particolare e non salva nessuno, a parte i giovani e in particolare Martino, che ha la dote della maturità e della percezione della realtà più del padre, rappresentando il vero successore capace di rivitalizzare il destino di una famiglia allo sbando. Quindi e sulle nuove generazioni che si deve puntare, anche guardando al passato, perché sono i giovani che possono riscoprire le radici. Martino rifiuta il modo di vivere del padre, gli da un insegnamento di vita, se c’è un momento in cui Gualtiero trova la sua strada è proprio grazie ai rapporti umani, alle radici, alla famiglia e a suo figlio che gli offre una soluzione, rifiutando un sistema di vita sporco e peccaminoso e inseguendo un mondo più pulito, leale ed onesto. In fondo in “Leoni” non ne esce pulita neppure la signora Mara, che se ha la dote di mantenere le redini della famiglia, in fondo è una donna di potere, ed in quanto tale non è felice, proprio perché il potere certo non viene a patti con l’umanità e la felicità. Piera Degli Esposti è bravissima a caratterizzare questa personalità, dando vita ad un personaggio che seppur fermo muove le pedine, che sembra non far niente ma invece fa tutto. L’unico pulito rimane Martino, forse lui si sa come si addomesticano veramente i leoni, ancor meglio della nonna, e gli addomestica ritornando alle origini. Un film che oltre ad essere un atto di speranza verso i giovani, sottolinea l’importanza delle radici, di ciò che è stato fatto e delle tradizioni che non vanno cancellate, perché come dice Gualtiero ad un certo punto del film: ”per andare avanti bisogna tornare indietro”.

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