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R Recensione

5/10

Colpi Di Fortuna regia di Neri Parenti

Commedia Italiana
recensione di Antonio Falcone

Tre episodi incentrati su di un tema universale, oltre che fortemente radicato nell’italica tradizione, ovvero l’alternanza della buona e della cattiva sorte nelle umane vicende e le molteplici sfumature che può assumere ora l’una, ora l’altra, a seconda degli individui che ne vengono coinvolti e delle circostanze.

Sulla scia del successo conseguito lo scorso anno con Colpi di fulmine, ridimensionato rispetto ai fasti passati, la premiata ditta De Laurentiis (produzione), Filmauro (distribuzione), Neri Parenti regista e sceneggiatore (insieme a Domenico Saverni, Alessandro Bencivenni, Volfango De Biase), si presenta puntuale al consueto appuntamento natalizio con Colpi di fortuna, perseguendo il nobile intento di bonifica già avviato nel 2011 (Vacanze di Natale a Cortina):  uno sguardo agli stilemi propri della commedia americana e di quella italiana degli anni ’50, mettendo al bando, in un sol colpo, gratuite volgarità (beh, quasi …), gag scatologiche, pseudo analisi di costume e location vacanziera esotica. 

Aprono le danze Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, nei panni di due amici, Mario e Piero, che lavorano in una nota società di crociere a Napoli e sono innamorati della stessa donna, Barbara (Fatima Trotta), con la differenza che il secondo non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. Scoperto che Barbara ha una relazione con un altro uomo, senza capire chi sia, Piero va in crisi e passa una notte brava di cui al mattino dopo non ricorderà assolutamente nulla, in particolare dove possa essere finita la giacca in cui si trovava la ricevuta di una vincita milionaria al lotto … Questo, bella lotta, è certo l’episodio più brutto, in primo luogo perché i due attori appaiono come bloccati in una struttura che li rende dei disadattati della comicità, dove più che le loro gesta domina il product placement (squadra del Napoli compresa) ed in secondo luogo  la girandola di situazioni in cui i due si trovano coinvolti, insieme alle varie gag che ne scaturiscono, sono ancora una volta qualcosa di visto e rivisto, in debito derivativo sia con l’americano Una notte da leoni (The Hangover, 2009, Todd Philips) sia con Ho vinto la lotteria di Capodanno, diretto con ben altro brio ed inventiva dallo stesso Parenti nell’ 89 ( per quanto ispirato a The Twelve Chairs, Mel Brooks, ’70).

Si prosegue con Christian De Sica ad interpretare Gabriele Brunelli, imprenditore tessile di successo piuttosto superstizioso, in procinto di concludere un importante affare con la Mongolia, la fornitura esclusiva di una lana pregiata. Occorre però un traduttore per condurre validamente in porto la trattativa e fortuna vuole che sia disponibile uno dei pochi esperti italiani di lingua mongola, tal Bernardo Fossa (Francesco Mandelli), che però, oltre ad un evidente difetto di pronuncia, si porta con sé la nomea, conclamata dai fatti, di iettatore …  Qui la tristezza comincia a farsi palpabile, vuoi per notare una parentela, molto alla lontana, con una commedia teatrale di Peppino de Filippo (Non è vero, ma ci credo, ’42), vuoi per la dimensione da barzelletta, priva di qualsiasi respiro cinematografico, che la narrazione viene subito ad assumere. Va poi ad aggiungersi l’aggravante di un De Sica in odor di recidiva fra battute stantie e il ricorso, alla lunga stancante nella sua ripetitività,  a tutto il campionario dei gesti apotropaici (con predilezione di quello più intimo, diciamo così), mentre Mandelli sembra preso in prestito da un film con Pierino e conferma l’innata attitudine a rivelarsi il “solito idiota”, cui non giova l’aggettivo utile, nell’ormai assunto senso cinematografico del termine, beninteso.

Si intravede qualcosa di meglio definito e vagamente più strutturato nell’episodio finale, del quale è protagonista il duo Lillo & Greg, con il primo a ricoprire il ruolo di Felice, ballerino che ha avuto il suo momento di gloria anni addietro, quando era incluso nella compagnia di Raffaella Carrà ed ora insegnante di ballo in una casa di riposo, per sbarcare il lunario e provvedere alla sua famiglia, una moglie e quattro figli. Un bel giorno ecco arrivare un inaspettato colpo di fortuna, la notizia di un’eredità da parte di un padre che non ha mai conosciuto. Peccato che il lascito preveda oltre ad una irrisoria somma di denaro, un fratello, Walter (Greg), più alieno fra noi che propriamente alienato, il quale porterà non poco scompiglio in famiglia …  La più facile digeribilità dell’ultima portata è dovuta ai toni surreali espressi dalla sempre felice alchimia presente fra i due comici e nella capacità di scrittura e regia di andarvi incontro (la finta partita a tennis, citazione nientepopodimeno che da Blow Up di Antonioni), ma senza impegnarsi più di tanto, infatti, fra battute fiacche e piattezza complessiva, alla fine resta l’acre sapore di qualcosa d’incompiuto, aggravato dalla comparsata finale di Raffaella Carrà con annesso balletto in stile nozze coi fichi secchi.

Un film chiaramente su commissione, qua e là inutilmente volgare, che nella presunzione di assecondare i gusti del pubblico ne sottovaluta tanto l’intelligenza quanto la voglia di un divertimento leggero ma non inconsistente.  Conferma poi, nel vuoto pneumatico d’idee, la incapacità di andare oltre un intrattenimento standardizzato, in nome di un’assuefazione omologante, con modalità più o meno subdole, tra (auto)compiacimenti e ruffianerie. A quanto pare Colpi di fortuna  dovrebbe rappresentare l’ultima “incursione natalizia” di Neri Parenti, quindi ora sotto a chi tocca per decidere, una volta per tutte, se rimboccarsi, seriamente, le maniche o staccare la spina.

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