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8/10

Up regia di Pete Docter

Avventura
recensione di Riccardo Nuziale

Carl Fredricksen è un anziano signore che per tutta la vita ha sognato di girare il mondo, ma ha dovuto scontrarsi coi problemi della realtà quotidiana come le bollette e gli acciacchi dell'età . Quando a 72 anni la vita sembra non offrirgli più tempo per realizzare il suo sogno bussa alla sua porta Russell, un boyscout di 8 anni che deve fare la sua buona azione. Sarà  con lui che Carl Fredricksen intraprenderà  il viaggio dei suoi sogni in Sudamerica, dove incontreranno animali selvaggi e persino degli inaspettati nemici.

Vivono nel regno del silenzio; anche i bambini capiscono gli haiku. Sono pennellate d’inodore comprensione interiore, ci parlano con il linguaggio dell’impalpabilità, non si possono comprendere, non esistono, eppure si manifestano e cambiano la nostra vita. Il silenzio è la colonna portante della fabbrica dei sogni chiamata Pixar Animation Studios: qui si parla per immagini, la parola non parla, edulcora. Si provi ad immaginare i fratelli Dardenne che parlano ai propri figli prima che questi si addormentino…questa è la Pixar. La visione culla del verbo. Mentre quindi le altre case di produzione (Dreamworks e Blue Sky in primis) persistono nella ricerca della facile soluzione immediata e nell’esibizione di intuizioni tanto efficaci quanto ormai vetuste, la Pixar, autentico fiore nel deserto, poesia inflitta alla sala consumista, non smette mai di abbagliare per il connubio tra profondità poetica, “autoriale”, ed immediatezza: sono gioielli che assecondano le richieste del pubblico più ingenuamente candido (ma non certo stupido), vale a dire i bambini, e allo stesso tempo soddisfano l’esigenza da parte del pubblico più maturo e preparato di uno spessore artistico che ha quasi sempre del miracoloso.

Pete Docter, unico finora tra i registi Pixar ad essere fermo ad un solo film diretto, ci aveva lasciato con uno dei momenti più alti e intensi della storia della Pixar e del cinema d’animazione: un cliffangher che toglie allo spettatore un senso di fortissimo disagio, una consapevolezza di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato…una porta si apre e il cineocchio, comprendendo il nostro disagio, ci accompagna all’uscita in dissolvenza…

Monsters & Co., per quanto non sia (ad avviso del recensore naturalmente) tra i migliori lavori della casa di Luxo Jr., vanta due scene di portata epica: l’appena nominato finale e naturalmente la celeberrima scena delle porte, tra le vette massime raggiunte nel campo del surrealismo cinematografico. L’attesa per questa opera seconda era quindi giustamente molto alta e Docter non ha affatto deluso, confermando (tantissimi) pregi e (pochissimi) difetti. L’inizio del film riporta alla mente una delle scene più famose di Toy Story 2, quella del flashback cantato di When She Loved Me, 3 minuti di angosciosa tristezza in cui vengono condensati in climax l’euforia della giovinezza e della vita, il dolore dell’abbandono, l’eternità degli addii e la stasi della solitudine; qui, dopo un iniziale omaggio ai cinegiornali adottato per introdurre il tema principale del film e un personaggio fondamentale nella seconda parte, l’impatto è il medesimo: un flusso di fotogrammi ci rende nota la vita del protagonista con l’amore della sua vita, toccando temi come l’impossibilità di avere figli e la morte, assolutamente anticonvenzionali e coraggiosi, se si pensa a chi sono rivolte tali immagini.

Lo struggente lirismo del flusso, inoltre, è arricchito da due citazioni estremamente raffinate: il ricorrere della collina ricorda infatti “Father And Daughter” di Michael Dudok de Wit, mentre tutto il film sembra essere pervaso dallo spirito di “La Maison en Petits Cubes” di Kunio Katô. La maggior parte dei registi avrebbe avuto serissimi problemi a proseguire degnamente e invece Docter, autentico talento visionario, stupisce ulteriormente con la magnifica scena del “decollo” della casa, un trionfo di colorate pulsazioni, una scena probabilmente non perfetta e geniale come quella delle porte di Monsters & Co., ma sicuramente emotivamente straordinaria (soprattutto se vista in una sala cinematografica).

Come il suo predecessore Wall-E, Up diventa più formalmente convenzionale nella seconda parte e le avventure di Carl e Russell (il figlio mai avuto), pur garantendo vivacissimo brio e regalando ancora momenti di alta poesia, sono penalizzate da un cattivo, il vecchio pilota, non particolarmente riuscito e anzi piuttosto improbabile. Con Wall-E e Up condivide anche una particolare sensibilità: se infatti il primo invocava una maggiore attenzione e serietà nei confronti dei gravi problemi legati all’ambiente, il secondo sposa la causa animalista (bellissimo il personaggio di Kevin, l’uccello a forte rischio estinzione).

Il limite di Docter sembra ancora trovarsi nella sua sporadica inclinazione alla battuta facile, alla scena costruita unicamente per far scaturire una risata superficiale e fragorosa, all’ammiccamento ruffiano verso il pubblico; ecco quindi il dobermann supercattivo dalla voce ridicola, il combattimento aereo canino e altre “dreamworksate” che davvero stonano in un contesto altrimenti elevatissimo. Ma in fondo importa proprio poco: Up è uno straordinario specchio dell’uomo, della sua fragilità e del suo declino, un Luci della Ribalta senza sipario, un Umberto D in cui la realtà è più bella dell’immaginazione. Ancora una volta la Pixar sembra non avere limiti.

Non ci si può naturalmente dimenticare in conclusione del nuovo capitolo della saga dei corti Pixar, le Silly Symphonies del post-moderno. Partly Cloudly, di Peter Sohn (che sembra aver ispirato le fattezze di Russell), è uno dei mini-lavori più mirabili, perché racchiude l’essenza della poetica Pixar: silenzio, essenzialità, semplice profondità. È infatti tutto molto semplice: i bambini, come tutti i piccoli esseri viventi, vengono portati dalle cicogne e nascono grazie alle nuvole; la cicogna più sfortunata deve trasportare le creazioni della nuvola più sfortunata, ovvero quella che dà la vita agli animaletti più pericolosi; la pazienza (e l’incolumità) della cicogna viene messa a durissima prova, ma alla fine tutto si sistema. Perché quel che conta è volersi bene. E la vita è più bella…da quando c’è il miracolo Pixar.

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Voto degli utenti: 8,4/10 in media su 18 voti.

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SanteCaserio (ha votato 8 questo film) alle 10:55 del 3 novembre 2009 ha scritto:

Concordo

Per una volta devo ammettere che vedo la collaborazione con la Disney (sarebbe meglio parlare di inglobamento) come qualcosa capace di aggiungere elementi positivi (sull'"irreale plausibile" del Mereghetti). Da Wall-E a UP c'è una linea di continuità, con il secondo che strizza l'occhio anche a un pubblico da record, segnando il sorpasso della Pixar sulla DreamWorks anche sul fronte dei botteghini. Unica aggiunta sull'uso del 3D: l'utilizzo è efficace e non inutile come nell'Era Glaciale 3. Punta però sull'effetto opposto rispetto a film stile San Valentino di sangue. Cerca di avvolgere e sollevare da terra, anzichè minacciare infarti istantanei e picconi volanti. [Poi bisognerebbe capire come l'incipit, particolarmente "adulto", possa richiamare così bene Gran Torino di Eastwood...]

Krautrick, autore, (ha votato 8 questo film) alle 12:30 del 3 novembre 2009 ha scritto:

Non ho commentato il 3D perchè purtroppo ho visto il film in 2D, ma effettivamente ho sentito da tutti che la Pixar ha fatto centro pure lì

p.s. a metà terz'ultimo paragrafo c'è una "e" di troppo tra Wall-E e Up...sbavatura non mia! si potrebbe correggere? Sono insopportabile, lo so

marcus (ha votato 9 questo film) alle 19:49 del 4 novembre 2009 ha scritto:

Fantastico

Non capisco la Pixar come faccia ad azzeccarli tutti. Ci vuole molta fortuna e soprattutto bravura ma ogni loro film è una continua ascesa verso l'alto appunto: "UP". Per quanto riguarda la questione 3D non rende molto, non ne vale la pena. L'ho visto in 3D ma quasi avrei voluto guardarlo in 2D, sarei stato meno distratto e più attento alla splendida storia. Ancora complimenti Pixar!

SanteCaserio (ha votato 8 questo film) alle 20:10 del 4 novembre 2009 ha scritto:

Per il 3D

non concordo. Rispetto agli altri pochi film che ho visto è tra i pochi di cui ho apprezzato il senso. Ovviamente non fondamentale, ma si fa apprezzare. Forse perchè non mi distraeva (che sia già assuefatto? ).

bargeld (ha votato 8 questo film) alle 12:24 del 12 novembre 2009 ha scritto:

concordo sul 3d, non ne vale assolutamente la pena, c'è questa corsa totalmente insensata alla nuova tecnologia, la quale chiaramente non dà i risultati aspettati: occhiali scomodi, colori bui, per quattro stupidi effetti speciali alla gardaland... e sovrapprezzo esasperato (in 3 mesi da 7,50 a 10 euro)... bah. il film è davvero una pepita, concordo con l'analisi come sempre accurata di nuziale, anche se le scene ad hoc per suscitare la risata fragorosa sono ormai un marchio di fabbrica, e compiacere un po' il pubblico da quel punto di vista non mi pare un crimine. per il resto, bellissimo.

Peasyfloyd (ha votato 9 questo film) alle 13:41 del 8 gennaio 2010 ha scritto:

ma che bello!

ma che bello! ma che bello! ma che bello!

Giuro che nei primi minuti stava quasi per scapparci la lacrimuccia.

ma che bello!

e complimenti a Riccardo per l'analisi!