A Walt Disney. Quando i Sogni Diventano Realtà

Walt Disney. Quando i Sogni Diventano Realtà

Quando giriamo un film, lo facciamo come piace a noi e non tentiamo sicuramente di lusingare i gusti di bambini che magari neppure conosciamo”. È probabilmente questo il segreto grazie al quale le storie di Walt Disney interessano tutti: i piccoli si divertono con gli animali umanizzati e i grandi si ritrovano in quei caratteri e in quelle favole. Lo stesso personaggio di Walt Disney è affascinante: la sua lunga gavetta, il suo approccio alla vita e il suo senso dell’innovazione sono unici. La voglia di apprendere e la curiosità per i misteri della natura lo portarono a tentare strade nuove, approdando al mondo dei cartoni animati e dei fumetti. Così, da giovane contadino, a strillone, da venditore di dolciumi, a disegnatore di cartoline, Disney nel 1925 riuscì a dar vita a un ambizioso progetto: prendendo in prestito una cinepresa, sperimentò la creazione di sette fiabe celebri, tra cui Il gatto con gli stivali e Cappuccetto Rosso. Ciò che catturò l’attenzione delle case di produzione fu il procedimento assolutamente innovativo rispetto a quello usato allora dagli altri produttori: in Alice nel paese dei disegni animati, Disney fece muovere la protagonista, una bambina vera di sei anni con i capelli biondi, su uno sfondo disegnato e, accanto a lei, dei pupazzi come personaggi minori. Dopo aver dato vita a Oswald il coniglio fortunato, distribuito dalla Universal Pictures, Disney cominciò segretamente a lavorare al personaggio di Topolino, in seguito ad una diatriba con la casa di produzione, la quale deteneva legalmente i diritti sull’immagine di Oswald: nacque così la figura di Mickey Mouse, con la sua linea <<a fagiolo>>, le zampe a stecco, tre dita per mano e gli occhi fatti con due punti neri. Ciò che fu davvero innovativo è che Disney capì di dover far parlare il suo personaggio: la cinematografia americana, infatti, era basata sui film muti e si dimostrava piuttosto scettica riguardo tutto quello che poteva rivoluzionare la tradizione tecnica e culturale. Utilizzando un nuovo metodo di sincronizzazione di immagini e suono, nacque il primo film sonoro di Mickey Mouse, Il vaporetto Willie. Il topolino, con la voce umana prestatagli dal suo stesso inventore, nel settembre 1928 si presentò al pubblico del teatro Capitol di New York, il quale fu largo di applausi e risate. Disney ideò anche una compagna per il suo personaggio, la paziente e deliziosa Minnie, apparsa per la prima volta in Gaucho galoppante, con gli occhi ingenui e le scarpe larghe. Nel 1932 le serie, da cortometraggi in bianco e nero, si trasformarono ben presto in cartoni animati musicali prodotti con il nuovissimo procedimento Technicolor, come ad esempio Sinfonie Allegre. Il processo creativo usato da Walt Disney, anche per i cartoni animati futuri, veniva definito da lui come “imagineering”: fondere immaginazione (imagination) con la concretizzazione pratica (engineering). Era la capacità di far volare la fantasia riuscendo, allo stesso tempo, a dar vita a prodotti creativi concreti, prendendo spunto dalle caratteristiche degli uomini e dagli avvenimenti del suo tempo. Quello elaborato da Walt Disney negli anni Trenta è un universo parallelo in cui le distanze tra uomo e natura sono accorciate e si comunica facilmente con gli animali; i personaggi dei cartoni animati hanno l’aspetto fisico degli animali e le motivazioni psicologiche degli uomini, senza mai diventare semplici riproduzioni di ciò che essi sono nella realtà. L’esempio più lampante è quello di Donald Duck: volto classico del papero, corpo morbido con una piccola coda, ma con un carattere prepotente ed ostinato, Paperino diventa vittima isterica degli scherzi da parte di animaletti furbi e dispettosi. Ma anche nel primo lungometraggio Biancaneve e i sette nani vengono combinati divismo umano (Biancaneve), gli animali della foresta e i nani, che appartengono ad una specie intermedia. Gli esempi d’altronde sono infiniti (basti pensare ai personaggi di Pinocchio, Dumbo, Bambi): l’antropomorfismo rimane una costante di questi mondi incantati, la cui ambientazione fuori dal tempo costituisce il segreto dell’eterna giovinezza commerciale dei lungometraggi Disney.

I suoi sogni diventavano film, i suoi desideri diventavano realtà (come ci insegna Cenerentola): era la formula creativa di Disney, ovvero sogna, realizza, critica. Pensare ad un sogno, ad un progetto; analizzarlo, cioè pensare alla sua attuazione pratica, ed infine andare alla ricerca di quelli che potrebbero essere gli elementi deboli. Un’immaginazione controllata, quindi, da parte di un visionario che vede, però, con chiarezza nella sua mente l’intero progetto; di un abile imprenditore che è rimasto bambino e che come i bambini sogna ad occhi aperti: questa era la capacità magica di Walt Disney, quella di creare un mondo vero dall’immaginazione fanciullesca. Il suo motto “if you can dream it, you can do it” (se potete sognarlo, potete farlo), è un vero e proprio invito a considerare come ogni cosa sognata possa essere realizzata concretamente. E ancora oggi, a distanza di un secolo dalla sua nascita, colui che da un foglio bianco è riuscito a creare un immaginario ed un impero colossale rappresenta, con le sue idee di ottimismo, immaginazione ed emozione, parte della nostra esistenza che non potrà mai essere cancellata e di cui dobbiamo essere grati.

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