VENEZIA 71
In un presente sempre più caratterizzato dalla crisi delle certezze e dall’assenza di punti di riferimento, il ruolo dei festival cinematografici assume una doppia ossimorica connotazione: da un lato, sembra impossibile far rivivere nell’epoca in cui il cinema è morto la magica atmosfera che circondava queste manifestazioni ai loro albori; dall’altro, però, i direttori artistici e i programmatori combattono strenuamente contro un’industria cinematografica sempre più commercializzata e difendono con forza il concetto di autorialità, confidando di poter regalare al pubblico nuove tendenze per ogni edizione.
Abbattuta dalla crisi ma soprattutto dalla spietata concorrenza del Toronto International Film Festival che si svolge pressoché negli stessi giorni, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia arranca ma si mantiene ancora in piedi, preparandosi a presentare una settantunesima edizione ricca di contenuti e novità. Scrive Alberto Barbera – direttore della Mostra ormai da tre anni – a proposito dei Festival del Cinema, essi rimangono uno dei pochi luoghi in cui la logica soffocante del profitto non costituisce l'elemento dominante. Non che questi eventi siano esenti dagli influssi del denaro e dei suoi condizionamenti correlati, ma esistono buoni motivi per pensare che lo spazio di programmazione di molti festival sia attraversato da tensioni prevalentemente riconducibili alle ragioni della ricerca e della difesa del cinema d'autore, al prevalere della libertà di espressione sulla ricerca insistita del profitto, al primato dell'estetica sull'economia.
Facendosi promotore di un’idea di cinema che privilegia la qualità e il talento, Barbera porta in Concorso venti opere provenienti da aree geografiche molto diverse, cercando di condensare in una categoria le nuove tendenze del cinema mondiale. Come lo scorso anno, si riconosce al documentario la stessa dignità del cinema di finzione e si porta in concorso il nuovo film di Joshua Oppenheimer, The Look of Silence, seguito di The Act of Killing (2012), che approfondisce il tema del genocidio in Indonesia tra il 1965 e il 1966. Come ulteriore omaggio al cinema documentario, verrà conferito il Leone d’Oro alla Carriera ad uno dei più grandi documentaristi viventi, Frederick Wiseman.
Per questa edizione, si darà ampio spazio al cinema europeo: saranno ben quattro i film francesi in concorso, La rançon de la gloire di Xavier Beauvois, Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte, 3 coeurs di Benoît Jacquot e Loin des homes di David Oelhoffen. Anche il cinema italiano godrà di ampia visibilità con tre film in competizione: Hungry Hearts di Saverio Costanzo, trasposizione cinematografica del romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso, Anime nere di Francesco Munzi, film sulle difficoltà dei rapporti umani nelle terre dell’Aspromonte e l’attesissimo Il giovane Favoloso di Mario Martone, dove vedremo Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi. Un altro film biografico in concorso alla Mostra sarà Pasolini di Abel Ferrara, sceneggiato da Massimo Braucci, una ricostruzione sull’ultima notte del poeta, interpretato da Willem Dafoe.
Tra i film fuori concorso, spiccano il ritorno alla regia di Peter Bogdanovich (Ma papà ti manda sola?, 1972) con il film She’s Funny That Way e il film collettivo Words with Gods, riflessione sul rapporto dell’uomo con la religione. Sempre in questa sezione del festival, tornano due registi che erano in concorso lo scorso anno: Amos Gitai, che presenta Tsili, ambientato negli anni 40 del Novecento, e James Franco, che dopo As I Lay Dying (2013) adatta nuovamente per lo schermo un romanzo di William Faulkner, The Sound and the Fury, dove torna a dirigere Scott Haze. Infine da non perdere, il nuovo documentario di Ulrich Seidl Im Keller, una curiosa ricerca tra gli scantinati austriaci.
Tra le grandi attese delle altre sezioni, il nuovo film di Franco Maresco, Belluscone – Una storia siciliana, travagliata opera che meritava forse un posto nella competizione principale, ma che concorrerà invece nella categoria Orizzonti.
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