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3/10

Una Famiglia regia di Sebastiano Riso

Drammatico
recensione di Claudia

Da parecchi anni Maria e Vincent campano mettendo al mondo figli da loro procreati e poi venduti per 50 mila euro a coppie bisognose, trovate dall'intermediario Michela. Ma qualcosa scatta in Maria, che, ormai prosciugata nelle intenzioni e nel fisico, decide improvvisamente di rendersi "non fertile" senza dir nulla a Vincent.

In gergo si chiamano "instant film" quei film girati "sulle sponde immediate" di un fatto di cronaca eclatante o di un fenomeno in crescita. Una famiglia è una sorta di questo, con lo stile però di un esame da ultimo anno di scuola di cinema (dialoghi brevi e insipidi, 5 minuti tra una frase e la sua risposta, estetismo sfinente, stra stereotipia dei personaggi, sensazionalismi).

Ambientato in una Roma in disfacimento vista attraverso una casa semi ikea - semi abbandonata, è la storia di Maria, una ragazza dall'apparenza poco sana ma inspiegabilmente capace di portare avanti gravidanze da quasi un decennio (i primi bambini che sembra riconsocere all'improvviso come suoi devono avere all'incirca 8 anni). Nonostante il suo aspetto dismesso -il classico biondo di capelli ossigenato male con enorme ricrescita, un must quando si tratta di parlare delle periferie romane, invariato da Mamma Roma ai giorni nostri, vedi anche Fortunata- è ancora molto richiesta da coppie che hanno difficoltà a procreare. Maria è entrata nel business "grazie" al suo compagno Vincent, ideatore del piano, un francese molto simile nell'aspetto all'attore comico Antonio Catania e forse anche per questo meno bevibile come cupo uomo d'ombra con un fascino irresistibile (oltre che per i suoi gesti disumani). Li accompagna nella loro compravendita di bebè partoriti e procreati direttamente da loro (quindi Maria non è una madre in affitto) il losco dottor Minerva, una figurina bidimensionale che alterna piccoli cenni d'umanità a tutta una serie di nefandezze. Ovviamente nulla paragonato a Vincent: assolutamente scevro di emozioni, interessi, una vita al di fuori del commercio bambini ("cosa fai oggi?" "vado a prendere la pianta del peruviano!"-riferendosi ad una miracolosa pianta che aiuterebbe a rimanere gravide) arriva addirittura all'abbandono di un figlio appena nato di notte in un parco (prima aveva tentato di gettarlo in un cassonetto) perchè non sano,una scena che può vincere il non ambito premio di scena "porno sentimentale" dell'anno in quanto è inutile su vari fronti: non aggiunge nulla al catalogo di gincana della sofferenza già visto (veglia funebre di bambina di 8 mesi, botte, una spirale levata con forza dalla vagina, un parto avvenuto in casa da sola e in piedi) e vuole evidentemente solo shockare con la stessa violenza che di solito si riserva per gravissimi fatti quotidiani cui solo un immagine cruda può restituire il contesto, con l'aggravvante che è solo un diversivo per creare una sorta di finale a effetto. Ma così è solo pornografia furba. C'è differenza tra film drammatico e film triste, e l'abbiamo scoperta (ancora una volta). Tutto il personaggio e la storyline di Matila de Angelis/stella è poi piuttosto fumosa: si comprende come Vincent non voglia far altro che metterla "a lavoro" come con Maria, ma vista la poca chiarezza del tutto (non vuole averci rapporti, allora forse ha solo risvegliato il suo lato paterno? strano perchè poi getta suo figlio in un parco) viene fuori il dubbio che molto sia stato tagliato . Alcune scelte di regia sembrano buone ma troppo estetiche, purtroppo già viste (Primo amore) e in alcuni casi anche fuorvianti: la soggettiva da un cancello di fronte alla palazzina prima dell'incontro con la famiglia gay bene  fa pensare che i due siano pedinati dalla polizia o spiati da qualcuno. E invece no.

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