A Unidad Cinematogràfica - l'importanza di “Gravity” e “Birdman” per il cinema attuale

Unidad Cinematogràfica - l'importanza di “Gravity” e “Birdman” per il cinema attuale

Difficile dire se Alberto Barbera, l'attuale direttore del festival del cinema di Venezia, lo abbia scelto consapevolmente, ma fatto sta che è da due anni consecutivi che la Mostra Internazionale di Arte Cinematografica apre le danze con un film diretto da un regista messicano.

Nel 2013 il film in questione è stato Gravity, diretto da Alfonso Cuaròn, nel 2014 Birdman o (le imprevedibili virtù dell'ignoranza) diretto da Alejandro Gonzàlez Innàritu.

Il primo era presentato fuori concorso, il secondo è attualmente in concorso. Il primo è uscito su larga scala nell'ottobre del 2013, ha guadagnato più di 700 milioni di dollari in tutto il mondo e ha vinto 7 premi Oscar tra cui miglior regista, mentre il secondo deve ancora uscire nelle sale in distribuzione limitata.

Su carta, poi, non potrebbero essere film più diversi fra loro. Gravity è la storia di una donna che deve affrontare il vuoto infinito e silenzioso dello spazio, riscoprendo dentro di sé il più puro istinto di sopravvivenza. Birdman è la storia di un attore che vuole riscattarsi dalla propria immagine, quella di un supereroe, e cerca di farlo allestendo uno spettacolo teatrale a cui tiene moltissimo, dovendosi però scontrare più volte con un coro di personaggi che comprende la figlia, l'agente, l'attore co-protagonista, un critico e tutti gli operatori tecnici necessari.

Dopo averli visti in una sala, però, diventa chiaro che queste differenze sono solo superficiali, perché ciò che questi due film hanno in comune è qualcosa di molto più radicale e profondo, e questo qualcosa sta in una propria e personale visione, completamente libera da ogni schema, di quello che il cinema è in grado di essere e di suscitare, spingendo all'estremo i suoi limiti.

L'elemento chiave per comprendere questa visione è descritto da un termine tecnico troppo spesso abusato, il famoso piano sequenza. Nella sua definizione più semplice si tratta di un'inquadratura, ovvero l'unità filmica tra due tagli di montaggio, che è molto più lunga della durata media (di solito non più di 10 secondi) e che spesso coinvolge il movimento della ripresa all'interno dello spazio. E' un espediente che è stato usato più volte nella storia del cinema da registi come Alfred Hitchcock o Martin Scorsese, e più recentemente da moderni maestri come Paul Thomas Anderson se non, appunto, dallo stesso Alfonso Cuaròn, in particolare ne I figli degli uomini del 2006.

Ma i due film di cui stiamo parlando portano tutto questo al prossimo livello, perché sono concepiti e costruiti fin nel minimo dettaglio per creare l'illusione che quasi tutto il film sia un unico, lunghissimo piano sequenza, creato in realtà dalla composizione di piani sequenza più brevi ma comunque incredibilmente complessi e magnificamente orchestrati. Questo è dovuto soprattutto a un'estrema libertà di movimento della cinepresa, e non è quindi un caso che entrambi condividano lo stesso direttore della fotografia, il geniale Emmanuel Lubezki detto “Chivo”, frequente collaboratore anche di Terrence Malick

L'illusione se non l'attuale esecuzione di un intero film in un unico piano sequenza non è cosa inedita, considerato il caso celebre di Nodo alla gola del già citato Hitchcock o il più recente Arca russa di Alexander Sokurov per fare un paio di esempi, ma è anche vero che finora si è trattato di progetti sperimentali che sono arrivati, con più o meno successo, a un pubblico abbastanza ristretto. Al contrario, Gravity e Birdman sono due film hollywoodiani in tutto e per tutto, prodotti rispettivamente dalla Warner Brothers e dalla 20th Century Fox e che figurano alcuni dei volti più noti degli ultimi anni, nel primo caso George Clooney e Sandra Bullock e nel secondo Michael Keaton, Emma Stone, Edward Norton, Zach Galifianakis e Naomi Watts.

Ironicamente, è proprio questo l'aspetto rivoluzionario. Per anni, e oggi forse più che mai, la critica principale che è stata fatta al sistema produttivo degli studios  è di aver voluto giocare sempre sul sicuro, atteggiamento da cui è nato e continua a scorrere il fiume ininterrotto di sequel, prequel, remake e spin-off, nonché il recente fenomeno delle saghe di supereroi Marvel e DC, e che è stato visto come sintomo di una mancanza di creatività fin troppo evidente.

Ma adesso arrivano questi due film, pronti a scardinare lo status quo attuale con la forza di un tornado. A dirla tutta Gravity l'ha già fatto, guadagnando cifre da blockbuster negli USA e in tutto il mondo, e vincendo decine di premi e riconoscimenti, dai Golden Globe ai BAFTA fino alle ben sette statuette degli Academy Awards. Birdman è finora stato elogiato e ammirato al festival di Venezia e deve ancora uscire nelle sale, con un'uscita limitata negli USA a fine 2014 e una globale programmata per inizio 2015, ma si può star certi che non passerà inosservato.

Il risultato ottenuto da questi due film è ancora più sorprendente se si considerano le due nazioni maggiormente coinvolte, Messico e USA, e le loro continue tensioni di confine territoriale. Pensare che artisti come Alfonso Cuaròn, Alejandro G. Innàritu, Emmanuel Lubezki ma anche Guillermo del Toro, Robert Rodriguez, Guillermo Arriaga e altri abbiano la possibilità di lavorare regolarmente con i finanziamenti e la rete di distribuzione che solo uno studio americano può fornire è profondamente rincuorante.

Certo, è da quando esiste che Hollywood ha attirato talenti provenienti da tutto il mondo, da Fritz Lang ad Ang Lee, ma è sempre stata una relazione complicata se non conflittuale, con l'eccezione di qualche caso isolato.

I film di Cuaròn e di Innàritu si presentano invece uno dopo l'altro come una forza della natura che non accetta compromessi, e che spazza via quasi ogni convenzione o regola che pensavamo di sapere su come dev'essere fatto un film. La loro energia è così impressionante e la loro determinazione così forte che è impossibile che non lascino il segno.

Se negli anni passati gli autori non americani si sono dovuti in qualche modo adeguare (e se non lo facevano dovevano lavorare altrove), dopo Gravity e Birdman non solo è bello, ma è possibile sperare che ci troveremo di fronte a una nuova ondata di opere creative e originali, non più solo in ambito indipendente ma all'interno delle strutture multimilionarie degli studios.

Sarebbe ancora più bello pensare che l'unità cinematografica del piano sequenza, che è alla base dell'estetica e dello stile di questi due film, si rifletta in una nuova unità cinematografica che faccia convergere una volta per tutte gli interessi economici e quelli creativi di ogni produzione, dando completa fiducia e supporto al nuovo talento emergente.

E' un processo che è già ben avviato nella televisione, soprattutto statunitense, perciò non rimane che chiedersi: quando avverrà nel cinema? Dopo gli anni consecutivi di Gravity e Birdman, la risposta sembra molto più prossima di quanto previsto.

 

 

 

 

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